Cerca nel blog

venerdì 10 maggio 2013

TENTIAMO DI CAPIRE UN PO' DI QUESTA ITALIA IN QUESTA EUROPA - Parte I°


Le vicende di questa parte del 2013 hanno segnato l'Europa in modo talmente marcato che non é impossibile, anzi é molto probabile, che vi possano essere delle reazioni se non delle vere e proprie conseguenze. Certamente si pongono una serie di profonde riflessioni e di interrogativi.

Non tanto per entrare nel merito delle libere scelte esercitate democraticamente dalle forze politiche e dai popoli interessati – scelte che competono loro e circa le quali non spetta certo a me un qualche pronunciamento -, come pure non per meglio rendersi conto delle fortissime ragioni e proteste di quanti si fronteggiano sui vari temi e sui più diversi fronti.

Pur nella sintesi richiesta da questo tipo di format le riflessioni e gli interrogativi sorgono invece sulla scorta di un'analisi dei fatti, delle dinamiche in base alle quali essi si siano potuti determinare, sulle motivazioni politico-sociali che possano esservi a monte, sui riflessi che si determinano sul sentire religioso di ciascuno, sulle conseguenze che siffatte decisioni possono comportare: tanto nell'immediato, che nel breve-medio-lungo periodo.

In Francia, si é concluso un energico braccio di ferro tra amplissimi settori dell'opinione pubblica ed il Governo, con al centro il tema spinoso dei pronunciamenti – di segno squisitamente politico, anzi partitico – a favore delle coppie omosessuali. Queste tensioni sono certamente alimentate anche dalle crescenti preoccupazioni della popolazione sull'asprezza di una crisi finanziaria ormai troppo lunga e densa di pesanti incognite e persino pessimi presagi: preoccupazioni cui il Governo del socialista Hollande - al giro di boa del primo anno del proprio mandato - ha saputo fin qui dare risposte sufficientemente energiche anche sovrastando e scavalcando quella “terra di nessuno” che si allarga sempre più nel segnare il distacco della Germania (con la sua corte d'onore di damigelle nordiche) dalle altre realtà europee, specie a livello economico e finanziario, ancor prima che sociale.

Alle elezioni amministrative britanniche, il Partito per l’indipendenza guidato da Nigel Farage - che si prefigge l'obiettivo dell'uscita della Gran Bretagna dall’Europa – ha conseguito un'importante quanto inatteso successo.

In Islanda - dopo quattro anni di opposizione – la formazione anti-europeista guidata dal conservatore Bjarni Benediktsson, è approdata al locale Governo.

In Germania – una Germania pericolosamente prossima ad una fondamentale tornata elettorale, nella quale Angela Merkel pone in gioco se stessa, e che assaggia il sapore amaro di dati economici in flessione  e solo in questo ultimo mese in ripresa – cresce nei sondaggi il gradimento per il movimento Alternative für Deutschland : questo, propugna energicamente il ritorno al marco (pesante, ovviamente) ovvero ad un euro-pesante (un doppio binario, quello dell'Europa monetaria a due velocità, che sarebbe riservato ai virtuosi Paesi dell'Europa del Nord: un qualcosa che, per molti versi, già si nota).    Una Germania che ha fatto uno shopping intenso nei mercati compromessi di Italia, Spagna, Grecia e Cipro e che ha sottratto importanti fette di mercato alle esportazioni di questi Paesi: situazioni che difficilmente potranno essere recuperate, dal momento che chi ha conquistato/comprato queste nuove posizioni, difficilmente se le lascerà scappare. Anzi: potrà fare affidamento sulla Cancelleria a Berlino per poterle mantenere, a lungo.

Focolai di tensione quando non di aperta belligeranza, spesso con episodi tragici segnati da un elevato numero di vittime, sono attivi in molte, troppe, parti del Mondo: Iran, Iraq, Siria, Afghanistan, Egitto, Libia, Tunisia; tanto per citarne alcuni. Senza toccare poi quelli segnati da feroci lotte a sfondo etnico o religioso, con vere e proprie stragi di innocenti, colpevoli solo di praticare la loro fede.

E in Italia?

L'affermazione più cospicua del previsto che comunque il Movimento Cinque Stelle ha avuto alle recenti elezioni politiche - pur se contraddistinta dall'emergere di non trascurabili contraddizioni interne quanto di uno strano, ermetico (e per molti preoccupante) modo di porgersi e relazionarsi – é stata un segno inequivocabile della risposta – certamente più di pancia che meditata, così come indicata il ridimensionamento di cui agli ultimi sondaggi – che una cospicua parte di elettorato ha dato alle crescenti preoccupazioni dei Cittadini di fronte ad una situazione monetaria e finanziaria molto, molto preoccupante, segnata da una al momento irrefrenabile crescita del numero di inoccupati e disoccupati; da una drastica diminuzione dei redditi e del loro potere d'acquisto – e quindi dei consumi interni -; da una falcidia delle attività fin qui produttive – con crescente chiusura di aziende e società -; da un inasprimento delle condizioni del credito con difficoltà crescenti per le famiglie che hanno in essere un debito come pure di quelle che intendono contrarne.

Preoccupazioni diverse da Nazione a Nazione solo per le loro sfaccettature interne, ma che delineano sostanzialmente l'accrescersi delle preoccupazioni che una larghissima parte dell’elettorato europeo sta concentrando sulla crisi finanziaria e soprattutto sull'adeguatezza o meno delle “terapie” che l’ Unione Europea ha identificato per la gestione - e il controllo: vedasi le modalità dello svolgersi delle crisi di Grecia e Cipro – dei debiti sovrani dei Paesi membri, al pari del ferreo controllo sui deficit di bilancio.

Ma il panorama italiano sta offrendo anche altre situazioni, il cui verificarsi è sotto gli occhi di tutti: sono passati solo 5 mesi dall'inizio di questo extra-ordinario 2013, e accadimenti importanti ci hanno percorso.

Dalle dimissioni di Papa Benedetto XVI° alla sollecita nomina del Suo successore, Papa Francesco: un Pontefice non europeo, “prestato” dal Nuovo Mondo ad una realtà forse troppo “vecchia” e “logorata” da lotte intestine svoltesi a svantaggio del potere spirituale, eccessivamente mortificato da quello materiale e dal cedere – da parte di taluno – alle lusinghe di un protagonismo decisamente di tipo laico.

Dalla fine del settennato di S.E. il Presidente Giorgio Napolitano, alla sua storica riconferma e dell'altrettanto Sua coraggiosa accettazione in nome dell'interesse superiore del nostro Paese.

Dall'impasse in cui si è trovata la politica nel definire una compagine di Governo concretamente operativa, alla individuazione di una governance italica tutta nuova, basata su un Governo di scopo nel quale convergono forze politiche fin qui fortemente, e quasi “storicamente”, contrapposte.

Dall'avvenuta cancellazione d'un solo colpo – da parte di un elettorato evidentemente ben consapevole di ciò che stava facendo e delle potenziali conseguenze derivate dall'esercizio delle libere scelte di voto – di gruppi politici che da molti anni permanevano nel contesto politico italiano, alla vera e propria lezione-mortificazione impartita a moltissimi soggetti: forse troppo presi nel vedersi - fiori tra i fiori - in un campo di colorati papaveri piuttosto che non disposti a prendere atto della fine/condanna di un'epoca, di un modo di fare/disfare, di un modo di pensare/agire e del determinarsi di un nuovo ambito: di un nuovo recinto nel quale – almeno per ora – ben poche sono le rose profumate.

A tutto questo mutamento, peraltro affatto esauritosi, va ad aggiungersi in questi ultimi giorni la morte di S.E. Giulio Andreotti: per alcuni Figura controversa. Per lunghi decenni fu al centro della politica attiva nazionale ed internazionale; esponente di quel compromesso storico che portò l'Italia ad un efficiente Governo di solidarietà nazionale; ossequiato/temuto/consultato/rispettato da amici e non; abilissimo tessitore; vero statista - specie agli occhi delle Cancellerie internazionali, che non tralasciarono certo di apprezzarlo –; speculare punto di riferimento in una difficile realtà nazionale, anche alle prese con il triste fenomeno del terrorismo, e che nell'asse da lui rappresentato nella DC individuava l'asse del Paese.

Il compianto Presidente Francesco Cossiga ebbe a dire di lui che “rappresentava il popolo del Papa dentro la DC”: pur se la definizione può apparire a prima vista limitativa, é solo realista e ben si adatta a questo Personaggio. Andreotti fu comunque un punto di riferimento, che ebbe ad affrontare scomodissime contestazioni e che oggi vede l'operato della Sua vita – molti risvolti della quale non ci sarà mai dato conoscere, essendo appartenuti solo alla sua volontà ovvero alla sua coscienza – posto nelle mani di Colui al quale egli professava in modo costante ed intenso la sua fede. In ogni caso: la sua morte, rappresenta uno degli ultimi suggelli posti alla fine di un'epoca, di un'onda lunga iniziata subito dopo la Liberazione e protrattasi per ca. un sessantennio ed a fronte della quale nella politica italiana – alle prese oggi con un necessario quanto balbettante rinnovamento - é tuttora presente una gerontocrazia (ma anche una classe di politici che per mestiere ha fatto solo il... politico) che, pur se certamente titolare di competenze, non si é saputa dimostrare nel tempo pronta a superarsi, e quindi a rinnovarsi, attraverso una impostazione concreta e lungimirante piuttosto che non attraverso la scelta di utili gregari.  Così che -  nell'emergenza assoluta che oggi viviamo - mancano l'elasticità mentale e le giuste energie per procedere in modo rapidissimo e concreto alle giuste misure di tutela e salvaguardia.  Reagire solo a parole - e in ciò continuiamo a dare ragione a quanti, oggi, ci continuano a tacciare di essere solo dei polemist - non solo non basta, ma è persino irritante poterlo ascoltare: se mettessimo a decidere la (famosa) "casalinga di Voghera" sono sicuro che impiegherebbe meno a valutare ed a decidere, e sono altrettanto sicuro che adotterebbe delle valide misure sol perché adottate con la cura del boni pater familiae.

Chi ha avuto modo di leggere un mio recente scritto, avrà notato come io sia critico nella valutazione degli effetti di fondo che, originati con la Rivoluzione Francese del 1789, si sono potenziati con l'illuminismo e, in una sorta di reazione a catena, si sono protratti fino ai giorni nostri attraverso forme di laicismo prossime all'esasperazione. Una critica che anche recenti studi di illustri studiosi hanno sempre più evidenziato, specie nella ormai ineludibile constatazione che il “tipo” di sistema sociale-politico-economico che dal 1789 si è imposto, sviluppato e moltiplicato nelle varie Nazioni, ha oggi palesato vistose falle: al punto da poter prendere in seria considerazione che proprio gli eventi di questo inizio secolo siano in realtà il più concreto indizio che siamo nella fase finale di tale sistema.

Quella fase nella quale o si prende atto che il disordine prodotto in nome di questi principi è ormai superiore agli effetti dell'ordine – così predisponendo i più idonei correttivi, a livello globale -, o si rischia seriamente di venire travolti dagli effetti più devastanti di quello che non appare più il possibile, luccicante, laicissimo, “nuovo ordine” bensì la restaurazione di un “antico disordine” solo vestito con abiti nuovi e permeato dal losco alibi di volere il disordine (anzi: “i disordini” che possano abbattere ciò che esiste) per costruire una nuova realtà, e quindi per il bene del popolo. “Distruggere per costruire”, in estrema sintesi: e ciò cavalcando abilmente le proteste, sobillando facilmente animi comunque esacerbati, facendo da innesco ai propositi ribelli di gente ormai stremata da lunghi sacrifici ancorché da una profonda recessione, coltivando il complice appoggio di minoranze sociali ed etniche che in modo ormai radicato vivono alle spalle di quella società che criticano persino con violenza ma che però viene sfruttata abilmente.

Proprio la Francia – per tutta una serie di motivi che qui non é il caso di enumerare e più di altri Paesi, tra cui il nostro – ha rappresentato per l'Europa il punto avanzato, il laboratorio, in cui fermenti, idee e riforme sociali trovano fertile terreno e possibilità di concretizzarsi e, da qui, essere ri-lanciate verso l'esterno.

Al determinarsi degli eventi ha fatto da contrappunto un desiderio di rinnovamento che in molti tentano di "cavalcare": chi aizzando le genti con parole di fuoco esitando - però - a sostenere confronti diretti e liberi, chi tentando una revanche che la storia ha sempre negato, chi stimolando confronti tra strati sociali sempre più distanti tra di loro a causa di una crisi che - giorno dopo giorno - evidenzia colpe e responsabilità di chi, alla polveriera, ha appiccato il fuoco con le mani altrui.

Ma ciò che molti fanno finta di non vedere, e quindi di non apprezzare, è la grande fame di "credere", di “avere piena fiducia”, in qualcosa di stabile e definitivo da parte di chi - sedotto dal fascino perverso di chi predica l'individualismo, il materialismo e il più deteriore razionalismo - da lunghissimi anni si diletta a disgregare la famiglia; a indirizzare verso modelli di vita che una volta definire inaccettabili in quanto perversi e lussuriosi sarebbe stato dir poco; a spingere verso la libertà di uccidere e uccidersi, rendendo non più differibile la modifica delle attuali norme del diritto di famiglia (leggasi: separazioni, divorzi, convivenze, affidamenti, adozioni, innovazione mediante l'applicazione per legge di specifici contratti pre-matrimoniali idonei ad evitare futuri contenziosi) e delle norme a regolamento di aborto (troppo spesso confuso come un metodo anti-concezionale) ed eutanasia; a spingere verso appiattimenti sociali e culturali che partono da un sistema scolastico sempre più svuotato di contenuti fondanti per approdare in rivendicazioni urlate ma di inconcreto/impossibile approdo e che soprattutto, in quanto carenti di solidi-concreti-tangibili parametri di riferimento, espongono le menti più labili e le generazioni più giovani ad un qualunquismo di vita inutilmente e perversamente colorato dall'appeal della libertà di sesso, di sballo, di cedere alle lusinghe di facili ed equivoche frequentazioni in rete o per ficcarsi in discoteche non tanto per ascoltare musica bensì per "sballare" dalla realtà. Così che quelle che sono le nuove generazioni, sempre più precocemente sono di fatto spinte verso "braccia" - spesso immateriali - che più che alla "leggerezza dei pensieri", alla bella vita e al divertimento, li sospingono verso la morte. Oppio per la mente, quindi, probabile passaporto per la morte e ricchezza solo per trafficanti e spacciatori.

Ma quella di cui parlo é una morte che ancor prima che fisica, colpisce e inaridisce l'animo, stimola all'insoddisfazione e all'odio - anche verso se stessi -, fa diventare poltiglia il cervello, distrugge intere famiglie – spesso tardivamente attente se non indifferenti perché prese dal fascino di una equivoca concezione dei concetti di “libertà”, “conquista” e “modernità”.

C'è quindi questa ricerca di " aver fede" in qualcosa – o, meglio; nella “ri-scoperta” di qualcosa -, di "credere" in cose serie e concrete come pure in qualcuno; credere in qualcuno che, specie attraverso la parola e l'esempio diretto, ci metta in condizione di capire meglio, di comprendere, quasi di toccare con mano le possibili soluzioni ai nostri mali: che ancorché del corpo e dell'anima sono di quel "sé" che in pochi ancora ricercano con ostinata pazienza così da “ben comprendersi” per “meglio comprendere”.

La Massoneria - e qui parlo di quella "vissuta" e "interpretata" in Italia -, che pure avrebbe potuto e dovuto giocare un ruolo sociale e culturale (e nient'altro!) di tutto rilievo storico (cosa peraltro avvenuta all'epoca dei nostri Padri e dei nostri Nonni) ha smarrito ormai la coscienza e la consapevolezza del proprio ruolo soprattutto iniziatico e cavalleresco, dove seguire e rispetto le più antiche Tradizioni sarebbe stato sicuro punto di riferimento per offrire concreta testimonianza, ed esempio, di sani principi e di progetti di crescita: tanto individuale che collettiva. Soprattutto per le generazioni più giovani, spasmodicamente tese alla ricerca di certezze.

Motivo per cui, e non da oggi, sostengo che la Massoneria in Italia - nel suo complesso e così come oggi è ovvero appare essere - ha fallito il proprio compito, ha eluso il perseguimento della propria missione simbolico-ritualistico-iniziatica, ripiegandosi su se stessa per accontentarsi della pratica di modelli molto profani, forse più legati ad aspetti materiali/di potere come pure a un culto di immagine (anche individuale) e di ricerca di mondanità che, sostanzialmente, sono belli e persino roboanti ma fine a se stessi. Se "costruzione" c'è, essa avviene con materiali poveri e nel precipuo interesse della c.d. “dirigenza” dei singoli gruppi, al punto da non garantire pronostici fausti per il futuro e lasciando comunque la bocca amara in quegli Iniziati che desidererebbero operare con solennità, serietà, serenità, giubilo e intimo beneficio nell'ambito di un progetto comune definito, conosciuto, accettato e condiviso.

Solo così gli ideali possono far maturare delle idee; solo così le idee possono diventare progetti; solo così i progetti possono divenire a loro volta programma; solo così si può passare dal programma al programma pratico, attuato attraverso un'attività fraterna e quindi in armoniosa collegialità. Quel concetto di “armonia” di cui dovremmo avere una certa qual cognizione, se abbiamo approfondito almeno un pò gli insegnamenti del grande Maestro Pitagora.

Come accennavo in apertura, il rischio che in tutta Europa possano diffondersi energici sentimenti e movimenti anti-europeisti è ormai realtà; tutto sta a non farli radicare, trovando ed applicando rapidissimamente i necessari (e facilmente individuabili) correttivi: non più eludibili.

Diversamente, l'Europa rischia di divenire terreno di scontro non solo dialettico: con grave regresso sociale ed economico, facile innesco al ritorno di nazionalismi, populismi e alimentazione di tentazioni ribelli. Un'Europa dominata da una bestia mostruosa e dalle mille teste, che si chiamano: disoccupazione, crescente disaffezione dalla politica e crescente caduta di fiducia nella classe politica, stagnazione quando non recessione, insicurezza sociale, dissesto finanziario ed economico, clima di pesante incertezza con l'insorgenza di una triste logica di sopravvivenza. Certamente, il fenomeno è complesso: è costituito dallo stratificarsi, nei luoghi e nel tempo, di molte situazioni: ma le miopie gestionali e amministrative dei politici, il trionfo degli egoismi soggettivi (ma anche a livello di Paesi...), la mancanza di una visione prospettica e quindi della pianificazione di possibili scenari futuri, non sono sufficienti a colmare il desiderio di spiegazioni, di chiarimenti, dei cittadini, dei popoli, delle nazioni.

E' questo il terreno ideale perché l'euro-scetticismo trovi fertile terreno e possa radicarsi, per trasformarsi in stizzoso e altezzoso nazionalismo. Sta traballando pericolosamente l’architettura dell'Unione, così come essa é oggi; la creazione di un unico organismo - di uno Stato-nazione con il suo ordinamento giuridico, le sue gerarchie, i suoi valori – si é pericolosamente arenata in prossimità di pericolosi scogli, rischiando di frantumarsi: tanto è oggi viziata da mescolanze di speciosi costrutti dialettici e normativi (dietro i quali si celano interessi particolari: di certo di segno opposto ai concetti a noi noti di “europeismo”).
 
Roma, 10 Maggio 2013 
(segue)                                                             Giuseppe Bellantonio

------------------------------------------

Disclaimer 1
L'autore nonché titolare dei diritti e dei doveri relativi alla gestione di questo blog rende noto a tutti gli effetti di Legge quanto segue:
1) tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Ai sensi dell'art. 65 della Legge 22 Aprile 1941 n° 633, è vietata la riproduzione e/o diffusione totale o parziale - sotto qualsivoglia forma - senza che vengano citati il nome dell'autore e/o la fonte ancorché informatica.
2) E' vietato trarre copie e/o fotocopie degli articoli/interventi contenuti nel presente blog - con qualsiasi mezzo e anche parzialmente - anche per utilizzo strettamente personale/riservato.

Disclaimer 2
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. L'autore non è responsabile per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post. I commenti ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla privacy, potranno essere rimossi senza che per ciò vi sia l'esigenza di prendere contatto anche preventivo con gli autori. Nel caso in cui in questo blog siano inseriti testi o immagini tratti dal web, ciò avviene considerandoli di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione fosse tutelata da possibili quanto eventuali diritti d'autore, gli interessati sono pregati di comunicarlo via e-mail al recapito giuseppebellantonio@infinito.it al fine di procedere alla opportune rettifiche previa verifica della richiesta stessa. L'autore del blog non è responsabile della gestione dei siti collegati tramite eventuali link né dei loro contenuti, entrambi suscettibili di variazioni nel tempo.
Oltre ciò - specie per le parti informative a contenuto storico e/o divulgativo - i Lettori, ovvero quanti comunque interessati alla materia, che possano ritenere ciò utile e opportuno, potranno suggerire delle correzioni e/o far pervenire qualche proposta. Proposte che saremo lieti di valutare ed elaborare.  

Nessun commento:

Posta un commento