(segue
prima parte del 15-02-2021)
Ancora una volta, è salita alla ribalta una liaison – solo teorica,
lo dico subito - tra valori cristiani e idealità massoniche (o viceversa…), con
riferimento a delle interpretazioni circa i concetti di fratellanza e – estensivamente – di fratellanza universale: per carità, nessuno è depositario assoluto del corretto utilizzo di una
parola o di una espressione, ma a fare la differenza sono sempre i contenuti, l’origine
degli stessi e la loro elaborazione nel tempo; né più né meno come quando si cucina,
dove gli ingredienti base sono pressocché fissi, mentre a mutare è solo la
tecnica per utilizzarli e quindi presentarli per la degustazione.
C’è chi continua a sostenere
- fors’anche esemplificando in modo temerario o fors’anche strumentale -, che
il concetto di fratellanza universale sia comune alla Chiesa Cattolica, alla
Massoneria e all’Islam: ciò partendo dal presupposto che le tre strutture siano
accomunate dalla diffusione in tutto il mondo dei loro aderenti (l’universalità,
appunto) e che vi possano essere comuni visioni circa i concetti di fraternità
o di fratellanza. Nozioni dalle molteplici sfumature che, citate sic
et simpliciter, possono esporre a complesse ma anche contrastanti interpretazioni.
Questa volta, tutto ruota intorno a una dichiarazione attribuita
dai media alla ‘Massoneria Universale’ (indicazione generica, che non
offre maggiori specifiche: è come dire ‘il mondo del calcio’ o ‘il mondo dell’arte’
), e a quella stampa (Redazione Chiesa, Avvenire.it Avvenire.it 4-2-2021) che si rifaceva all’incontro celebrativo
per la prima ‘Giornata Internazionale della Fratellanza
Umana’.
Un incontro celebrativo organizzato ad Abu-Dhabi che
ha visto partecipare oltre allo Sceicco Mohammed Bin-Zayed, il Grande Imam di
Al-Azhar Ahmad al-Tayyb, Papa Francesco e il Segretario Generale dell’Onu Antonio
Guterres. Nel contesto dell'incontro, è stato ribadito che “…nell’ottobre 2020, tale invito divenne ancora più ineludibile
con l’enciclica Fratelli tutti. Questi incontri sono un modo per
realizzare un’amicizia sociale autentica, come ci ha chiesto il Santo Padre”, ha sottolineato il Cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot - Presidente del Pontificio
Consiglio per il Dialogo Interreligioso -, e sulla scia plaudente si è inserita
la citata fonte massonica dichiarando “compiuti passi da gigante da Papa Francesco per la fratellanza
universale”: uno degli oltre 70 messaggi
similari giunti da varie logge per elogiare il Papa, già autore della citata enciclica,
nel cui contesto il tema della fratellanza universale veniva ripetutamente
ripreso.
Per sbrogliare questa matassa dai troppi fili, occorre individuare un punto certo di partenza: così che non potrei iniziare questo articolo se non riferendomi alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – Nazioni Unite, Parigi 10 Dicembre 1948 – che all’Art. 1 così recita «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza». Fu quello un momento di grande conquista: al termine della Seconda Guerra Mondiale, si vollero evidenziare valori culturali, sociali, etici e religiosi (là dove hanno significato e spessore quelle Antiche Tradizioni e quel bagaglio sapienziale che costituiscono il tessuto stesso sul quale si innestano tutti i Valori più autentici) messi allora brutalmente in discussione, violati e violentati da dittatori, profittatori e uomini piegatisi al loro comando.
Grazie a questo documento ancora fondamentale, si ritrovava l’Uomo, sottolineandone la Dignità e quei Valori portanti che ne avrebbero consentito una decorosa ‘rinascita’ all’insegna dei Diritti insopprimibili della Persona Umana. A quanto sopra – in un classico succedersi di corsi e ricorsi storici - si contrappongono oggi le azioni di tutta una congerie di soggetti che – persino riveriti - declamano come necessaria la brutale riduzione della razza umana a mezzo farmaci, attraverso la somministrazione dei quali arrivare a una mappatura quantica tale da monitorare a forza ogni individuo in ogni sua mossa e frequentazione, alterandone irreversibilmente e condizionandone ripetutamente il DNA, sottoponendolo a un continuo e insano bombardamento di potenti e nocive onde elettromagnetiche: il tutto tentando di far passare queste dittatoriali quando non inspiegabili e ambigue operazioni come filantropiche e amorevoli attività di salvaguardia della salute. Enunciazioni – peraltro sottraendosi al contraddittorio e quindi alla verifica secretando le proprie attività - da far rabbrividire e tali, per chi conosce la Storia, da suscitare inevitabili parallelismi tra lo sterminio per mani naziste in camere a gas e forni crematori nel corso della II° Guerra Mondiale, e la divulgata, programmata e persino auspicata falcidia della popolazione terrestre a mezzo di deleteri e continui mix farmacologici, colmi di sostanze misteriose, attivabili e potenziabili anche per via elettromagnetica.
Tutti
Fratelli?
In questo momento storico
di forti tensioni economiche e contrasti sociali tra chi non ammette né tollera
interferenze nella vita privata, non accettando l’imposizione di misure improntate
all’attenuazione quando non all’annullamento dei diritti inviolabili della libertà
e della persona, come pure l’affievolirsi della vita di relazione, di libera
espressione e di civile confronto, sono risuonate le note del messaggio papale dall’emblematico
titolo ‘Fratelli Tutti’: titolo suadente e testo ammiccante
che sostanzialmente intende rafforzare l’attuale attività vaticana. Un
messaggio dai molteplici aspetti, che qui sarebbe impossibile affrontare nel
loro complesso e nelle loro interazioni, nel cui contesto risuonano molto di
frequente le parole ‘fratelli’, ‘fraternità’ e ‘fratellanza’,
al pari della ripetuta citazione del concetto di ‘Fratellanza Universale’:
una novità (ma solo apparente…) in ambito ecclesiale, al punto da suscitare addirittura
palesi segni di entusiasmo e plauso in contesti strettamente connessi alla Massoneria,
tanto in Italia che all’Estero. La Gran Loggia di Spagna, tra le più importanti
d’Europa - in un articolo sul proprio bollettino El Oriente - si è dichiarata
addirittura orgogliosa del fatto che il papato abbia abbracciato la ‘fraternità
universale’, grande principio della Massoneria, chiarendo poi che “il
grande principio di questa scuola iniziatica non è mutato in tre secoli: la
costruzione di una fratellanza universale in cui gli esseri umani si chiamino vicendevolmente
fratelli, al di là delle credenze, delle ideologie, del colore della pelle,
dell’estrazione sociale, della lingua, della cultura o della nazionalità”. Per fornirne una prova concreta, il foglio spagnolo cita un passo
dell’enciclica in cui il governo papale indica “Desidero tanto che, in questo
tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana,
possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità”,
espressa invocando “una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare
e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del
mondo dove è nata o dove abita”; indicazione ancor più esaltata dal fatto
che per concretizzare questa Fratellanza Universale il papato ritiene
che ci si debba riferire, al tracciato della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani: comunque da ampliare, perché ritenuti – tali Diritti - ‘non sufficientemente
universali’.
Considerazioni tutte, quelle del massonico El Oriente, riprese quasi
con eccitazione da certa informazione, alle quali hanno fatto compagnia anche
altre realtà massoniche, tutte tese a evidenziare la nuova equazione chiesa-massoneria,
porgendo taluni contenuti come finalmente accostati da una comune visione di ‘fratellanza
universale’. Questo, ovviamente, riconducendosi alle sole apparenze: nella
sostanza, invece, le cose stanno in modo diverso, e ritengo opportuno - come
studioso di tutto ciò che caratterizza certe sensibilità del mondo spirituale e
simbolico, ancorché correlate a pratiche di tipo iniziatico - offrire delle considerazioni
d’insieme utili a una migliore comprensione e valutazione degli eventi e,
consentitemi, dei corretti ruoli nel gioco delle parti. Anche perché su
questa tastiera saranno molte le mani che tenteranno di impostare una qualche dolciastra
armonia.
Scavando un po' nel tempo, limitatamente al concetto/sentimento di fratelli/fratellanza sappiamo che questo non esisteva nell’antica Grecia, poiché l’individualismo della condotta si nutriva dei modelli omerici: il vigore del Pelide Achille e la saggia ma anche furba prudenza di Ulisse. Singoli che agiscono con una propria autonomia, segnati da una personalità talmente energica da farne delle vere e proprie isole a sé stanti in un mare tutto proprio. L’uomo greco viveva la polis non per il suo valore di collettività, ma quale insieme di individui virtuosi – non certo suoi fratelli né membri di una più ampia fratellanza - in cui l’essere inclusi è di fatto inevitabile. La comunità era composta da chi possedeva una forma di virtù, abilità o capacità: gli altri ne restavano ai margini, vivendo e coltivando la propria individualità. È con il cristianesimo delle origini che l’idea di fratello si fa largo quale vero e proprio ideale che, pensate, fino al tardo Medio Evo era un sentire limitato alla sfera religiosa, per lo più limitato all’ambito monastico con monaci e monache che tra di loro si chiamavano fratelli e sorelle. È a far tempo dalle riflessioni del filone utopico di epoca rinascimentale, stimolate dagli scritti di Tommaso Moro, che si fecero largo – ma lentissimamente – i concetti di fratelli e poi di fraternità per definire un certo qual ambito nei rapporti tra soggetti. Bisogna aspettare il 1763 con François-Marie Arouet (l’eccellente Massone noto come Voltaire; cfr. ‘Trattato sulla Tolleranza’) per leggere “…Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Aborrire la tirannia esercitata sulle anime, così come hanno in esecrazione il brigantaggio, che sottrae con la violenza il frutto del lavoro e della pacifica industria! Se i flagelli della guerra sono inevitabili, almeno non odiamoci, non straziamoci a vicenda nei tempi di pace…”. Quindi, tornando alla fratellanza, se ne parlava e se ne scriveva molto poco: ci vollero molti secoli perché i tempi maturassero, fino ad arrivare alla vigilia del 1789, della Rivoluzione Francese.
Fu in quell’epoca che avvenne un mutamento profondo tanto nell’idea che nel concetto di fraternità, via via divenuto incisivo al punto da divenire – con Libertà e Uguaglianza - grido di battaglia di quella Rivoluzione come di quelle che ne seguirono. Un grido di una tale potenza e incisività da trascinare i cuori e le menti. E le genti. Quel trinomio fu una scoperta talmente profonda e sconvolgente nella sua semplicità, da correre di città in città, da essere urlato di bocca in bocca, da nazione a nazione: prorompente e dirompente. Da ricercatore, devo confessare il mio stupore nel non aver trovato citazione del concetto di fratellanza nelle carte ‘rivoluzionarie’ di quegli anni, neanche nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (Agosto 1789) dove all’Art. 1 pur si parla di uomini liberi e uguali, ma non certo di fratelli o di una conseguenziale fratellanza (difatti, le prime indicazioni ‘rivoluzionarie’ francesi indicavano Libertà, Eguaglianza e Fraternità, poi riprese in toto o in parte sui vessilli di quelle Città Italiane che si coagularono poi per pervenire all’Unità d’Italia). Pensate: persino nei documenti che portarono alla costituzione francese del 1799 - che aprì formalmente la via al Bonaparte – non v’è traccia del termine ovvero dei relativi concetti; insomma – nei carteggi governativi della Francia, crogiuolo di forti pulsioni liberal-massoniche - il classico trinomio è in realtà un… binomio; mancava proprio la fraternità ovvero la fratellanza.
Una dimenticanza?... Una Stranezza? Un errore?... Una zoppìa concettuale? Niente di tutto ciò: la spiegazione è semplice, quanto sostanziale. La fraternità/fratellanza NON rappresenta un diritto naturale così come lo sono l’eguaglianza/uguaglianza e la libertà: essa è mero frutto di un profondo sentire che ha le sue radici nella cultura che permea l’essere umano. Riflettete: non esiste nazione al Mondo che possa emanare una norma, una legge, che possa imporre ai cittadini l’obbligo di sentirsi fratelli, ovvero che debbano sentirsi vincolati, affratellati, sulla base di tale concetto, di un simile sentire. Riflettendo, appare ovvia la conclusione che, libertà e uguaglianza sono concetti e diritti naturali non necessariamente coniugabili con la fraternità/fratellanza: popoli caratterizzati dal riconoscimento dei diritti di libertà e uguaglianza non obbligatoriamente possono sentirsi uniti o ancor peggio vincolati da sentimenti di fraternità/fratellanza imposti persino ope legis. A ben guardare, i rivoluzionari dell’epoca erano poco fratelli; le faide erano all’ordine del giorno, al pari delle intolleranze, degli agguati, degli attacchi, delle uccisioni anche con il contributo cruento di Madame Guillotine: così , che di fraterno c’era ben poco salvo le enunciazioni, nobili nei termini e nei contenuti. E anche i fini di cui alla libertà e all’uguaglianza, in nome dei quali i popoli si stringono in fiera lotta, sono diversi a tutto ciò che possa ruotare intorno a quelli della fratellanza.
Cito tra i molti il grande autore e pensatore russo Fëdor Dostoevskij, insigne Massone: egli, se pur riconosce alla libertà e all’uguaglianza la grande importanza dei valori-cardine, chiarisce nettamente che una cosa è teorizzarli politicamente mentre altra cosa è il concretizzarli. Per la fratellanza, non è la stessa cosa: riguardo questa ha valutazioni taglienti, attribuendo a tale concetto la nefasta qualità di rappresentare “...la principale pietra d’inciampo dell’occidente. L’uomo occidentale discorre di questa fratellanza come d’una grande forza motrice dell’umanità, e non s’accorge che la fratellanza non la si potrà trovare da nessuna parte, fino a che essa non esisterà nella realtà”.
Così che è sinteticamente vero che il sentimento di fraternità, la fratellanza, non la si dà, né la si concede: siamo fratelli solo in umanità: tutti appartenenti alla stessa razza.
Giuseppe Bellantonio
In fotografia: Eleanor Roosevelt mostra il manifesto della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani
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