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venerdì 15 febbraio 2013

STUDIO SUL "TRINOMIO": PARTE II° - LE DIVERSE VALUTAZIONI


Giuseppe Bellantonio


UNO STUDIO SUL “ TRINOMIO ”

parte II°: le diverse valutazioni

Riprendiamo la trattazione del “Trinomio”, affrontando la seconda parte dello Studio.

Iniziamo quindi ad entrare nel vivo del tema.

Cominciamo con lo sfatare subito quello che per i più è un mito: ossia quello che il Trinomio origini dalla Rivoluzione Francese, e da qui – quale vessillo simbolico di molte idealità di popolo – sia stato via via adottato da chi aspirava a liberarsi dal gioco dell'oppressione quando non della tirannia o vvero da chi proprio tali valori intendeva esaltare.

In realtà i termini e quindi i concetti di

LIBERTA' – UGUAGLIANZA – FRATELLANZA

erano certamente in uso – pur se con formulazione lessicale diversa, al pari della posizione delle parole anteposte o meno l'una all'altra (ossia: Libertà-Fratellanza-Uguaglianza o Libertà-Eguaglianza-Fraternità o Libertà-Eguaglianza-Fratellanza o il binomio Libertà-Fratellanza o Eguaglianza-Libertà o Fratellanza-Eguaglianza o Libertà-Uguaglianza: come appariva sulla primissime Bandiere Tricolori in uso nel Modenese, con il verde/bianco/rosso posizionato in bande orizzontali) - “prima” della Rivoluzione Francese del 1789.

Ciò non è conflittuale – ma anzi ne integra i contenuti - con un altro e diverso discorso: l'adozione del motto in modo ufficiale e formale da parte del Supremo Consiglio di Francia – e quindi della Massoneria continentale dell'epoca -, avvenuta solo del 1792, quale vera e propria divisa successivamente condivisa universalmente proprio con riferimento ai moti rivoluzionari.

Motto, dapprima, e poi anche divisa della Massoneria Universale.

Credo che due siano le riflessioni da fare prima di entrare ancora più in dettaglio nel merito delle valutazioni: la prima é che comunque si possa valutarne l'adozione (binomio o trinomio che possa essere stato, un tempo), l'origine e l'elaborazione di concetti tanto antichi ha certamente radici molto lontane e complesse. La seconda è che le valutazioni devono seguire due filoni: quello legato alle tradizioni ancorché simboliche – e quindi con una cospicua retrodatazione, certamente influenzata da una serie complessa e stratificata di elementi -, e quello correlato ai fattori della società, della religione, della storia, della scienza, della filosofia.

Se andiamo ad analizzare l'essenza del pensiero e la storia della sua formazione e sviluppo sotto il profilo storico, scientifico, sociale, filosofico e religioso, a mio avviso si può sostenere a ragione che ancora prima della LIBERTA' è stata coltivata una “paziente sopportazione” verso tutto ciò che, anche in termini di angherie e soprusi, opprimeva le genti. Ma per definire OPPRESSIONE un qualcosa occorre averne prima coscienza, consapevolezza, perchè in epoche lontane - quando l'oppressione era diffusa, stratificata, sedimentata ed i contatti tra persone e genti erano quantomeno circoscritti - era persino difficile rendersi conto di subirla, dal momento che la stessa sembrava essere una condizione, se non “la” condizione, normale; persino sopportabile se non vi era la possibilità di identificare e valutare delle possibili alternative.

A questa “sopportazione” i pensatori ed i linguisti hanno adattato un sinonimo, quello di TOLLERANZA; a questa, ciascuno ha adattato la propria realtà, facendo sì che divenisse un valore positivo tale da dare esaltazione a ciò cui veniva coniugata: si ebbero così, per citarne alcune, la “CRISTIANA TOLLERANZA” o la “TOLLERANZA INIZAITCA” oppure la “TOLLERANZA MASSONICA” (che ovviamente sono cose ben diverse, ad esempio, della “TOLLERANZA CRISTIANA” e della “MASSONICA TOLLERANZA”!). A me sembra evidente che la “sopportazione” ha in sé caratteristiche tali – non solo lessicali: si pensi nella vita -, forse scavate più nella sofferenza, che la “tolleranza” non contiene: così che, nel confronto, il termine “tolleranza” sembra poter nobilitare, edulcorare, contenuti che nell'altro termine appaiono più forti, persino severi; solo en passant cito come nel linguaggio quotidiano il temine “PAZIENZA” abbia molti contenuti in comune con quest'ultima.

Aderendo al ragionamento di cui sopra, un trinomio possibile sarebbe quindi

TOLLERANZA - LIBERTA' – FRATERNITA'

che potremmo far risuonare con toni più alti “di un'ottava” qualora volessimo sostituire il concetto di “tolleranza” con quello di ORDINE: così ottenendo

LIBERTA' – ORDINE - FRATERNITA'

Ma nel momento in cui si sottolinea il valore che in Massoneria è attribuito alla TOLLERANZA, non possiamo trascurare – come ho già evidenziato in altra sede - ciò che con essa ben si identifica: la “BONTA'”, la “SPERANZA”, la “LEALTA'”, l' “AMICIZIA” e l'' “AMORE”. Concetti – come avrò modo di valutare insieme a Voi, tra poco, per l' “amore” – che si prestano a molteplici combinazioni dando così luogo ad innumerevoli trinomi: tutti degni di attenzione e considerazione.

Moltissimi filosofi e pensatori – Massoni e non – hanno sempre ritenuto che il concetto di UGUAGLIANZA sia erroneamente proposto, dal momento che essere uguali l'uno con l'altro presuppone specularità anche con i principi dei soggetti e delle cose: una per tutte la Natura.

E' indubbio che, nell'ambito della nostra specie, siamo “somiglianti” gli uni agli altri, ma non siamo certo “simili” l'uno con l'altro.

Siamo quindi “simili” (rammentiamo certe frasi “amare i nostri simili” o “trovarsi con i propri simili”) solo nella misura in cui apparteniamo antropologicamente alla stessa “specie”: quella umana; quindi, siamo simili tra simili della nostra medesima razza.

Importanti scrittori (cfr. tra gli altri: Réflexions d'un vieux philosophe sur une dévise célèbre”, periodico “La Chaine d'Union”, Parigi annata 1946-1947; “La Symbolique Maçonnique”, J. Boucher, Parigi 1948) si rifanno proprio alla Natura per porsi e porre un quesito: può l'enunciazione filosofeggiante di un principio come quello dell'UGUAGLIANZA, far sì che un tronco sia uguale ad un altro, e fare lo stesso per un frutto o per un semplice filo d'erba? Come a dire: possiamo enunciare un'uguaglianza filosofico-concettuale, che però è cosa ben diversa dall'uguaglianza pratica, reale.

Una UGUAGLIANZA, quindi, che – al di là del filosofare - appare essere una sorta di “formula magica” racchiusa in una sola parola: un fattore accomunante, un medesimo intendere da parte di soggetti “simili”, ovverosia “resi simili” da medesimi ideali (abbracciati durante il divenire della vita di ciascun individuo), principii (elementi, questi, squisitamente soggettivi che, ove si possano riscontrare in una molteplicità di soggetti, dà luogo a correnti di pensiero o a movimenti di maggiore spessore, con riverberi anche di natura sociale).

Anche chi qui scrive, proprio sulla base di quanto precede, concorda con la linea di pensiero che adotterebbe meglio un più equilibrato principio di EQUITA' rispetto a quello di UGUAGLIANZA.

Per cui la divisa della Massoneria, secondo questa visione, suonerebbe più assonante con i principi e le idealità riposte nel trinomio (peraltro conosciuto e quindi già studiato)

LIBERTA' – EQUITA' – FRATELLANZA

Ma a ben sviscerare la materia, c'è da soffermarsi anche sul concetto di AMICIZIA piuttosto che non su quello di FRATELLANZA: un concetto – quest'ultimo – che in quanto esplicito, alla luce di molte letture e ri-letture di testi più datati, è più appartenente alla “Massoneria Moderna” che non a quella antecedente il 1714-1717.

Il motivo riconduce alla considerazione che – come nelle origini - ci si può sentire “legati” da un vincolo di tipo intimistico, di familiarità e quindi di fratellanza: ma, proiettando questo ragionamento, pur se si è Fratelli si può non essere amici.

E l'AMICIZIA – sempreché sincera - è certamente un vincolo più saldo, più radicato, più duraturo che non un affratellamento spesso più formale che sostanziale, e forse anche limitato nel tempo quand'esso é basato su una mera appartenenza.

Le Logge di tale periodo, quindi legate al sopra citato trinomio, non a caso erano indicate e qualificate come “LUOGO ASSAI ILLUMINATO” o “ASILO DELLA VIRTU'”, dove dichiaratamente “...regnavano la Pace, l'Innocenza e l'Uguaglianza”.

Il che ci condurrebbe all'individuazione di altri due importanti concetti insieme all'UGUAGLIANZA, idonei ad essere dichiarati e sostenuti a gran voce: motto o divisa che siano. Da ciò, ne deriverebbe il trinomio

PACE – INNOCENZA – UGUAGLIANZA

che premia concetti nuovi allo studio – la “pace” (anche quale qualità/obiettivo interiore) contrapposta alla “guerra”, ma anche quale “risultanza positiva della rivendicazione di propri come di altrui diritti”, mentre l'”innocenza” è proposta quale “candore interiore” che deve essere mantenuto, difeso e persino ri-conquistato (dal momento che è vero solo che “si nasce candidi”), sottraendolo agli attacchi del mondo profano -, coniugati a quello dell' “uguaglianza “, già sopra richiamato.

Ma desidero offrire una chiave di lettura più chiara: fermo restando che la Comunità Universale costituita dal Genere Umano è idealmente posta sotto un'unica egida - Divina, Superiore, Celeste, Astrale, et similia - al di sotto della quale “siamo tutti fratelli”, nella particolarissima realtà del Recinto Sacro, al di là di ogni schema, c'è chi confonde l'intrinseca valenza del termine FRATELLANZA.

Secondo chi scrive, si è Fratelli Massoni dentro il Tempio, sulla base di un vincolo squisitamente di natura iniziatica fondato sulla condivisione di idealità e concetti spiritualmente elevati ed esotericamente-simbolicamente-alchemicamente-magicamente importanti e quindi significativi.

Ma fuori dal Tempio non tutti questi “ Iniziati-Fratelli-Massoni” sono in realtà AMICI, quantomeno non per un nesso “automatico” di causa-effetto : ossia l'AMICIZIA percorre realmente – non dico “profondamente”: quello è un dono nel dono - l'animo solo di pochi tra loro. Le radici, le sostanzialità, i livelli di coinvolgimento intellettuale ed emotivo, le sensibilità correlate alla tipicità (ma anche “esclusività”) del mondo iniziatico, hanno sì punti di contatto, ma sostanzialmente i due concetti – quelli, appunto, dell'AMICIZIA e della FRATELLANZA – comprendono tematiche tra loro diverse. Per cui, riandando agli argomenti poco sopra evidenziati, un trinomio massonico basato su

LIBERTA' – EQUITA' – AMICIZIA

non è proponibile, poiché sarebbe solo un sogno (utopico?) da concretizzare, peraltro a livello Universale; un tocco profondo – in questo caso - che ci fa sentire idealmente FRATELLI con tutto il genere umano, indipendentemente da etnie, convinzioni politiche e sociali, sesso, idealità religiose. Ma che non necessariamente può costituire ovvero divenire “amicizia” nel senso letterale e completo del termine, proprio perchè per potersi definire compiutamente “amici” occorrono soprattutto due elementi: il tempo (da sapersi dedicare, come pure da “investire” nel rapporto: tanto per conoscersi che per una giusta frequentazione), e la giusta intensità emotiva (che presuppone un coinvolgimento a livello emotivo di sensibilità più profonde, piuttosto che non quelle tipiche della “fraternità” iniziatica di cui sopra ho specificato gli àmbiti).

Portare quindi questi concetti ad emblemi e simboli della Massoneria – specie a livello Universale - come se fossero dei dati certi piuttosto che un qualcosa cui si tende – è francamente materia estremamente delicata e difficile da imporre.

Così che per essere corretti – sempre seguendo questo mio ragionare -, un trinomio più idoneo potrebbe essere

LIBERTA' – EQUITA' – FRATELLANZA UNIVERSALE

ma sarebbe anche valutabile il trinomio

LIBERTA' – GIUSTIZIA SOCIALE – FRATELLANZA DEI POPOLI

come pure quello

LIBERTA'–GIUSTIZIA SOCIALE–FRATELLANZA DELLE GENTI CHE SI INCONTRANO

Ma questi concetti, così espressi, perderebbero molto poiché la sintesi apparirebbe non idonea a catalizzare attenzione e reminiscenze, favorendo proiezioni dell'intelletto e dell'animo.

Se vogliamo ricondurci ad una Tradizione più certa, esisteva in Italia un motto che era in uso particolarmente nel GRANDE ORIENTE SCOZZESE D'ITALIA cui allora si riferiva la GRAN LOGGIA NAZIONALE già GRAN LOGGIA (Regolare) D'ITALIA (la “Serenissima” per antonomasia; l'unica ad essere allora definita tale e ad avere il diritto di mantenere tale titolo: tutto ciò che oggi esiste di alter non è che pedissequa ed insostanziale copiatura o storpiatura o tentativo ingiustificato ed ingiustificabile di qualificarsi o auto-celebrarsi e quindi pavoneggiarsi. Circa l'uso corrente del termine “serenissimo” o “serenissima”, nei ritualisti puri e negli storici spesso si genera un moto di fastidio e repulsione, rilevandone l'uso e l'abuso da parte di chi possa adoperarli con la stessa disinvoltura con cui la parola si possa trovare sull'insegna di un'autoscuola o di una tintoria o nella marca di una soletta per scarpe: utile a far sembrare più alto chi la usi) -, questo motto era il latino

VIVAT - VIVAT- SEMPER VIVAT

che fu a lungo adottato – in Italia, specie dai puristi amanti delle Tradizioni - anche dopo che venne apportata una modifica ritualistica con la sostituzione di un triplice “uzza” (delle cui origini molto si è trattato, spesso in modo rocambolesco quanto inesatto, ma il cui etimo più logico – proprio riconducibile alla Moderna Massoneria nata agli inizi del XVIII° secolo – è nell'omonimo lemma inglese in uso tra i marinai ed a sua volta riconducibile al loro energico ”hurrah”).

Uzza” è poi divenuto “uzzai” o “huzzai”, talvolta modificandosi in un italianissimo “evviva”. Quindi, nel contesto della citata Gran Loggia veniva utilizzato tale motto: ma molte Logge in essa attive lo utilizzavano anche come vera e propria divisa: ma non c'é da stupirsi. E' noto difatti che l'attuale trinomio LIBERTA'- UGUAGLIANZA - FRATELLANZA è tuttora utilizzato con valenza sia di divisa che di motto; così che non suscita meraviglia che questo avvenisse anche per il motto latino sopra citato, utilizzato a lungo – come dicevo – anche quale divisa: ciò certamente antecedente a quello L U F adottato in epoca successiva anche da tutti coloro che rispettavano le originarie Tradizioni.

A me personalmente – ed a quanti hanno operato nella “Comunione di Piazza del Gesù”, così conoscendone ed apprezzandone la linea ritualisticamente rispettosa delle più antiche Tradizioni – è noto che in questa – dal 1978, su impulso dell'allora Grande Oratore Gregorio B., è anche caro un altro trinomio, sovente ricordato in occasioni solenni ed altrettanto solennemente utilizzato sia come esplicito motto orale che quale vera e propria divisa etico-filosofica. Si tratta della citazione dei concetti di

GERARCHIA - ORDINE – GIUSTIZIA

E' anche vero che via via, perfezionando l'ispirazione iniziale, si decise di incardinare questo pensiero sui valori della GIUSTIZIA e della LIBERTA', tanto cari ai Massoni – ieri – ed ai Liberi Muratori – ieri -.

Perché?

Perché la GIUSTIZIA è la sola radice su cui può crescere l'albero della LIBERTA' (senza Giustizia, quale Libertà potrà mai esserci; e per converso, senza Libertà quale Giustizia potrebbe mai essere degna di tale nome? Sarebbe una radice senza tronco, senza prospettiva di vita).

Se quindi abbiamo individuato in GIUSTIZIA e LIBERTA' due valori fondanti e universalmente validi, l' EQUITA' (che ci riconduce immediatamente ai valori della TOLLERANZA come pure della PROSPERITA' e del BENESSERE) e l'AMICIZIA si contendono la completezza del trinomio.

Anzi, se fosse possibile, dovremmo valutare di poter utilizzare il quadrinomio

GIUSTIZIA – LIBERTA' – EQUITA' – AMICIZIA

che se da un lato appare più completo e fortemente evocativo, è in ogni caso troppo “interpretabile” e quindi meno deciso e conciso nel proprio dettato.

Ragionando e approfondendo, il Lettore si sarà forse reso conto che tutto ci riconduce gradualmente alla sostanza di valori essenziali: agevolandoci così nel condensare i pensieri.

Questi, portano costantemente l'Iniziato a due valori universali: la FILANTROPIA (amore verso il prossimo attraverso l'altruismo, la generosità, l'umanitarismo, la solidarietà, la fratellanza) e la FRATELLANZA. Fratellanza che in ogni caso si sovrappone a parte dei contenuti insiti nello stesso contesto della Filantropia.

Scriveva il nostro Sovrano Saverio Fera – e sottolineavano energicamente a distanza di tempo anche i nostri Sovrani e Gran Maestri Carlo De Cantellis, Tito Ceccherini, Piero Piacentini, Francesco Bellantonio, Don Gregor – che la Massoneria non è degna di tale nome qualora in essa non venga esercitata la FILANTROPIA. Anzi, specificavano che non si può essere buoni Massoni - né può dirsi ritualisticamente “regolare” anche un contesto più ampio – che non pratichi concretamente e visibilmente la FILANTROPIA.

Ci siamo mai chiesti concretamente: quale valore reale muove il Mondo? Quale valore che includa la Filantropia può considerarsi salvifico là dove le Tenebre sembrano voler oscurare ogni Luce? Quale sia l'Energia che solleva dagli abissi le montagne della Vita?

La risposta ci riconduce, attraverso la GENEROSITA' dell'animo, dei propositi e dei gesti, all'AMORE.

Ma é un AMORE da non confondere con le pur importanti corde di quel sentimento che può pervaderci in determinate circostanze: quindi, qui valutiamo un concetto nel suo significato più autentico e vero, quello di AMORE quale valore essenziale nel nostro vivere in modo solidale e altruistico, in modo generoso e quindi fraternamente responsabile.

Gli insegnamenti iniziatici ricevuti, gli stessi studi, mi dicono che l'Amore è Vita, l'Umiltà è Fratellanza e Gioia, la Speranza è Solidarietà.

In proiezione, avremo quindi questi altri possibili trinomi

AMORE – UMILTA'- SPERANZA

AMORE FRATERNO – SPERANZA - UMILTA'

VITA - FRATELLANZA - SOLIDARIETA'

VITA – GIOIA – SOLIDARIETA'

SOLIDARIETA' – FRATERNITA'- AMORE

Proprio riguardo il concetto di AMORE in Massoneria, è stato sempre il pensiero, il filosofare, il retaggio feriano e l'insegnamento di Tito Ceccherini, di Italo Letizia, di Francesco Bellantonio, di Don Gregor, ad essermi stati di sostegno. Tra questi fu proprio Francesco il primo che, ancor prima di assumere rilevanti Dignità a livello nazionale ed internazionale, iniziò con costanza ad approfondire, utilizzare ed esplicitare i considerevoli valori insiti nel concetto di ”AMORE FRATERNO” : un valore inconfondibile ed insostituibile, da applicare con pienezza d'animo.

Fu quindi dalla seconda metà del 1960 che - nelle Logge degli Antichi Liberi Accettati Massoni che costituivano nella Comunione di Piazza del Gesù il Corpo Azzurro alle dipendenze della Gran Loggia Naz.le – l'AMORE FRATERNO viene “sentito”, “interpretato”, “vissuto” e “celebrato” non quale risposta ad un processo di elaborazione cerebrale, ma quale autentico palpito del cuore: vera e propria esaltazione della FILANTROPIA.

Riepilogando, penso che la GIUSTIZIA sia la radice della LIBERTA'. Quindi, GIUSTIZIA e LIBERTA' si coniugano: a cementarle è l'AMORE e quando questo è talmente intenso, maturo, profondo, ricco di tutto ciò che la FILANTROPIA implica, ecco che emerge prepotentemente l'AMORE FRATERNO. Un sentimento, una concettualità a tutto tondo, la cui chiave di lettura iniziatica più ampia è quella dell'AMORE UNIVERSALE.

Potremo quindi dire che GIUSTIZIA, LIBERTA' e AMORE FRATERNO siano il giusto trinomio Universale, così come da quell'epoca rappresentano il trinomio interiore e profondo, simbolico ed esoterico, della sopra citata Gran Loggia. Quindi, avremmo il trinomio

GIUSTIZIA – LIBERTA' – AMORE FRATERNO

che ben si coniugano con l'Alta Tradizione del mai dimenticato originario motto/trinomio

VIVAT, VIVAT, SEMPER VIVAT

e che ritengo, l'uno per l'altro, ben potrebbero rappresentare la divisa della Massoneria Italiana: oggi come allora.

La GIUSTIZIA, la LIBERTA', l'AMORE FRATERNO – al di là del singolo valore concettuale - sono quindi simboli e come tali “costanti”, “determinati” e “certi”: parole che sottendono concetti “forti”, in quanto colmi di “energia vitale”.

Il resto può ricondursi ad un emblema, e come “valore emblematico” è quindi “variabile”.

Rammentiamo: il simbolo è considerato di origine divina o sconosciuta (nella sua imperscrutabilità, che risale a tempi lontanissimi: di cui neanche si può avere memoria): come tale, il simbolo è quindi ammantato di sacralità.

Invece, l'emblema è inventato da qualcuno, pur con i migliori e più nobili intenti.

Il simbolo possiede significati che, anche attraverso il ricorso ad analogie, sono di facile e immediata comprensione.

L'emblema, invece, richiede uno sforzo intellettuale per poter essere ben compreso: infatti richiede la compenetrazione del pensiero di chi lo ha ideato, magari con idee e significati tra loro differenti.

Ai più è probabilmente ignoto, e con questo rendo più completa questa panoramica, che la sopra citata Comunione di Piazza del Gesù – tanto per trattare una materia a me maggiormente nota - ha sempre adottato due motti complementari in uso per gli atti rituali interni di elevata importanza: l'uno

CORAGGIO – GIUSTIZIA - SILENZIO

per l'Ordine Simbolico, l'altro

AUDI – VIDE - TACE

per il Rito.

Questi motti, peraltro, erano in uso fin dalle primissime forme organizzate della Massoneria Italiana più conosciuta, ma anche meno nota, che – quantomeno fino al 1908 – si rifaceva con tenacia e costanza alle più sensibili ed altre Tradizioni iniziatiche d'Italia.

Ritengo che altrettanto poco conosciuto sia il Trinomio adottato dalla “Gran Loggia Femminile Italiana” - modello iniziatico femminile costituitosi nel 1974 -

LIBERTA' – UGUAGLIANZA – FRATERNITA'

le cui aderenti – le “Tessitrici” - evocano la storicità, la forma ed i contenuti dell' “Ordine delle Diaconesse di San Giovanni di Scozia”, cui si richiamano per originaria discendenza (la sua costituzione in Italia può dirsi – Storia alla mano - la “prima Opera” di quel Mondo Femminile che – collocando a Roma, tra la seconda metà degli anni '50 e '60 del 1900, la “pietra angolare” del proprio Ordine - ha individuato nella Massoneria il proprio riferimento Iniziatico.

Nella propria carta intestata di quei lontani anni, la Diaconessa responsabile indicava a proprio motto, nelle comunicazioni riservate di livello istituzionale,

MODESTIA – PAZIENZA - UMILTA'

Un trinomio che ben si adatta alla valèntia dimostrata da quelle come da altre Ill.me Sorelle che, negli anni, hanno comunque dato il loro apporto costruttivo alla Grande Opera: così dimostrando che la LIBERTA' di riunirsi é un diritto insopprimibile e inalienabile, al pari della LIBERTA' di informarsi e informare, come pure di poter esercitare una corretta critica: sempre nel rispetto della LIBERTA' e della DIGNITA' altrui, nonché nel pieno rispetto delle leggi.

Temi che ci riconducono a ciò che in apertura ho inteso sottolineare con maggiore enfasi piuttosto che non altri concetti: alla LIBERTA', in tutte le sue mille sfaccettature.

Ricordando infine che se è vero che la LIBERTA' é una conquista é anche vero che ciò mai può consentirci di abbandonare i nostri “doveri”, perchè in questo caso scadremmo nella “licenza”.


Roma, 31-1-13                                                                             Giuseppe Bellantonio


Nota: chi segue i miei scritti, sa quanto a me faccia piacere tenermi aggiornato: e, ragionando di conseguenza, credo che apprezzerà  lo sforzo per rendere attuale ogni scritto; ecco il motivo di questa nota. Nel “Discorso sullo stato dell'Unione” pronunciato all'inizio della corrente settimana dal presidente USA Barack Obama, questi ha citato un inedito trinomio per qualificare uno degli indirizzi dell'Amministrazione da lui presieduta: LIBERTA' – UGUAGLIANZA – PARI OPPORTUNITA'. Le assonanze – quantomeno evocative - con il più classico Trinomio, sono ai miei occhi evidenti, e la citazione delle PARI OPPORTUNITA' quale maggiore e migliore obbiettivo nella crescita della Donna nella società americana (concetto che, in fondo in fondo, ritroviamo in parte anche nel concetto di UGUAGLIANZA) non fa che rafforzare un grande sforzo in una Nazione certamente all'avanguardia in questo particolare ambito.

Roma, 14 Febbraio 2013                                                                                           l'Autore
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