Giuseppe
Bellantonio
UNO
STUDIO SUL “ TRINOMIO ”
parte
II°: le diverse valutazioni
Riprendiamo
la trattazione del “Trinomio”,
affrontando la seconda parte dello Studio.
Iniziamo
quindi ad entrare nel vivo del tema.
Cominciamo
con lo sfatare subito quello che per i più è un mito: ossia quello
che il Trinomio origini dalla Rivoluzione Francese, e da qui –
quale vessillo simbolico di molte idealità di popolo – sia stato
via via adottato da chi aspirava a liberarsi dal gioco
dell'oppressione quando non della tirannia o vvero da chi proprio
tali valori intendeva esaltare.
In
realtà i termini e quindi i concetti di
LIBERTA'
– UGUAGLIANZA – FRATELLANZA
erano
certamente in uso – pur se con formulazione lessicale diversa, al
pari della posizione delle parole anteposte o meno l'una all'altra
(ossia: Libertà-Fratellanza-Uguaglianza
o Libertà-Eguaglianza-Fraternità
o Libertà-Eguaglianza-Fratellanza
o
il binomio Libertà-Fratellanza
o
Eguaglianza-Libertà
o Fratellanza-Eguaglianza
o
Libertà-Uguaglianza:
come appariva sulla primissime Bandiere Tricolori in uso nel
Modenese, con il verde/bianco/rosso posizionato in bande orizzontali)
- “prima”
della Rivoluzione Francese del 1789.
Ciò
non è conflittuale – ma anzi ne integra i contenuti - con un
altro e diverso discorso: l'adozione del motto in modo ufficiale e
formale da parte del Supremo Consiglio di Francia – e quindi della
Massoneria continentale dell'epoca -, avvenuta solo del 1792,
quale vera e propria divisa successivamente condivisa universalmente
proprio con riferimento ai moti rivoluzionari.
Motto,
dapprima, e poi anche divisa della Massoneria Universale.
Credo
che due siano le riflessioni da fare prima di entrare ancora più in
dettaglio nel merito delle valutazioni: la prima é che comunque si
possa valutarne l'adozione (binomio o trinomio che possa essere
stato, un tempo), l'origine e l'elaborazione di concetti tanto
antichi ha certamente radici molto lontane e complesse. La seconda
è che le valutazioni devono seguire due filoni: quello legato alle
tradizioni ancorché simboliche – e quindi con una cospicua
retrodatazione, certamente influenzata da una serie complessa e
stratificata di elementi -, e quello correlato ai fattori della
società, della religione, della storia, della scienza, della
filosofia.
Se
andiamo ad analizzare l'essenza del pensiero e la storia della sua
formazione e sviluppo sotto il profilo storico, scientifico, sociale,
filosofico e religioso, a mio avviso si può sostenere a ragione che
ancora prima della LIBERTA'
è stata coltivata una “paziente
sopportazione”
verso tutto ciò che, anche in termini di angherie e soprusi,
opprimeva le genti. Ma per definire OPPRESSIONE
un qualcosa occorre averne prima coscienza, consapevolezza, perchè
in epoche lontane - quando l'oppressione era diffusa, stratificata,
sedimentata ed i contatti tra persone e genti erano quantomeno
circoscritti - era persino difficile rendersi conto di subirla, dal
momento che la stessa sembrava essere una condizione, se non “la”
condizione, normale; persino sopportabile se non vi era la
possibilità di identificare e valutare delle possibili alternative.
A
questa “sopportazione”
i pensatori ed i linguisti hanno adattato un sinonimo, quello di
TOLLERANZA; a questa, ciascuno ha adattato la propria realtà,
facendo sì che divenisse un valore positivo tale da dare esaltazione
a ciò cui veniva coniugata: si ebbero così, per citarne alcune, la
“CRISTIANA TOLLERANZA” o la “TOLLERANZA INIZAITCA” oppure la
“TOLLERANZA MASSONICA” (che ovviamente sono cose ben diverse, ad
esempio, della “TOLLERANZA
CRISTIANA”
e della “MASSONICA
TOLLERANZA”!).
A me sembra evidente che la “sopportazione”
ha in sé caratteristiche tali – non solo lessicali: si pensi nella
vita -, forse scavate più nella sofferenza, che la “tolleranza”
non contiene: così che, nel confronto, il termine “tolleranza”
sembra poter nobilitare, edulcorare, contenuti che nell'altro termine
appaiono più forti, persino severi; solo en
passant
cito come nel linguaggio quotidiano il temine “PAZIENZA” abbia
molti contenuti in comune con quest'ultima.
Aderendo
al ragionamento di cui sopra, un trinomio possibile sarebbe quindi
TOLLERANZA
- LIBERTA' – FRATERNITA'
che
potremmo far risuonare con toni più alti “di un'ottava” qualora
volessimo sostituire il concetto di “tolleranza” con quello di
ORDINE: così ottenendo
LIBERTA' –
ORDINE - FRATERNITA'
Ma
nel momento in cui si sottolinea il valore che in Massoneria è
attribuito alla TOLLERANZA,
non possiamo trascurare – come ho già evidenziato in altra sede -
ciò che con essa ben si identifica: la “BONTA'”,
la “SPERANZA”,
la “LEALTA'”,
l' “AMICIZIA”
e l'' “AMORE”.
Concetti – come avrò modo di valutare insieme a Voi, tra poco,
per l' “amore” – che si prestano a molteplici combinazioni
dando così luogo ad innumerevoli trinomi: tutti degni di attenzione
e considerazione.
Moltissimi
filosofi e pensatori – Massoni e non – hanno sempre ritenuto che
il concetto di UGUAGLIANZA
sia erroneamente proposto, dal momento che essere uguali
l'uno
con l'altro
presuppone specularità anche con i principi dei soggetti e delle
cose: una per tutte la Natura.
E'
indubbio che, nell'ambito della nostra specie, siamo “somiglianti”
gli uni agli altri, ma non siamo certo “simili”
l'uno con l'altro.
Siamo
quindi “simili” (rammentiamo certe frasi “amare
i nostri simili”
o “trovarsi
con i propri simili”)
solo nella misura in cui apparteniamo antropologicamente alla stessa
“specie”:
quella umana; quindi, siamo simili
tra simili della nostra medesima razza.
Importanti
scrittori (cfr.
tra gli altri: “Réflexions
d'un vieux philosophe sur une dévise célèbre”,
periodico “La
Chaine d'Union”,
Parigi annata 1946-1947; “La
Symbolique Maçonnique”,
J. Boucher, Parigi 1948) si rifanno proprio alla Natura per porsi e
porre un quesito: può
l'enunciazione filosofeggiante di un principio come quello
dell'UGUAGLIANZA, far sì che un tronco sia uguale ad un altro, e
fare lo stesso per un frutto o per un semplice filo d'erba? Come a
dire: possiamo enunciare un'uguaglianza filosofico-concettuale, che
però è cosa ben diversa dall'uguaglianza pratica, reale.
Una
UGUAGLIANZA, quindi, che – al di là del filosofare - appare
essere una sorta di “formula
magica”
racchiusa in una sola parola: un fattore accomunante, un medesimo
intendere da parte di soggetti “simili”,
ovverosia “resi
simili”
da medesimi ideali (abbracciati durante il divenire della vita di
ciascun individuo), principii (elementi, questi, squisitamente
soggettivi che, ove si possano riscontrare in una molteplicità di
soggetti, dà luogo a correnti di pensiero o a movimenti di maggiore
spessore, con riverberi anche di natura sociale).
Anche
chi qui scrive, proprio sulla base di quanto precede, concorda con
la linea di pensiero che adotterebbe meglio un più equilibrato
principio di EQUITA' rispetto a quello di UGUAGLIANZA.
Per
cui la divisa della Massoneria, secondo questa visione, suonerebbe
più assonante con i principi e le idealità riposte nel trinomio
(peraltro conosciuto e quindi già studiato)
LIBERTA'
– EQUITA' – FRATELLANZA
Ma
a ben sviscerare la materia, c'è da soffermarsi anche sul concetto
di AMICIZIA piuttosto che non su quello di FRATELLANZA: un concetto –
quest'ultimo – che in quanto esplicito, alla luce di molte letture
e ri-letture di testi più datati, è più appartenente alla
“Massoneria Moderna” che non a quella antecedente il 1714-1717.
Il
motivo riconduce alla considerazione che – come nelle origini - ci
si può sentire “legati”
da un vincolo di tipo intimistico, di familiarità e quindi di
fratellanza: ma, proiettando questo ragionamento, pur se si è
Fratelli si può non essere amici.
E
l'AMICIZIA – sempreché sincera - è certamente un vincolo più
saldo, più radicato, più duraturo che non un affratellamento spesso
più formale che sostanziale, e forse anche limitato nel tempo
quand'esso é basato su una mera appartenenza.
Le
Logge di tale periodo, quindi legate al sopra citato trinomio, non a
caso erano indicate e qualificate come “LUOGO
ASSAI ILLUMINATO”
o “ASILO
DELLA VIRTU'”,
dove dichiaratamente “...regnavano
la Pace, l'Innocenza e l'Uguaglianza”.
Il
che ci condurrebbe all'individuazione di altri due importanti
concetti insieme all'UGUAGLIANZA,
idonei ad essere dichiarati e sostenuti a gran voce: motto o divisa
che siano. Da ciò, ne deriverebbe il trinomio
PACE
– INNOCENZA – UGUAGLIANZA
che
premia concetti nuovi allo studio – la “pace”
(anche quale qualità/obiettivo
interiore) contrapposta alla “guerra”,
ma anche quale “risultanza
positiva della rivendicazione di propri come di altrui diritti”,
mentre l'”innocenza”
è proposta quale “candore
interiore”
che deve essere mantenuto, difeso e persino ri-conquistato (dal
momento che è vero solo che “si
nasce candidi”),
sottraendolo agli attacchi del mondo profano -, coniugati a quello
dell' “uguaglianza
“, già sopra richiamato.
Ma
desidero offrire una chiave di lettura più chiara: fermo restando
che la Comunità Universale costituita dal Genere Umano è
idealmente posta sotto un'unica egida - Divina, Superiore, Celeste,
Astrale, et
similia
- al di sotto della quale “siamo
tutti fratelli”,
nella particolarissima realtà del Recinto Sacro, al di là di ogni
schema, c'è chi confonde l'intrinseca valenza del termine
FRATELLANZA.
Secondo
chi scrive, si è Fratelli Massoni dentro
il Tempio, sulla base di un vincolo squisitamente di natura
iniziatica fondato sulla condivisione di idealità e concetti
spiritualmente elevati ed
esotericamente-simbolicamente-alchemicamente-magicamente importanti
e quindi significativi.
Ma
fuori
dal Tempio non tutti questi “ Iniziati-Fratelli-Massoni”
sono in realtà AMICI,
quantomeno
non per un nesso “automatico”
di causa-effetto :
ossia l'AMICIZIA
percorre realmente – non dico “profondamente”:
quello è un dono
nel dono -
l'animo solo di pochi tra loro. Le radici, le sostanzialità, i
livelli di coinvolgimento intellettuale ed emotivo, le sensibilità
correlate alla tipicità (ma anche “esclusività”)
del mondo iniziatico, hanno sì punti di contatto, ma sostanzialmente
i due concetti – quelli, appunto, dell'AMICIZIA e della FRATELLANZA
– comprendono tematiche tra loro diverse. Per cui, riandando agli
argomenti poco sopra evidenziati, un trinomio massonico basato su
LIBERTA'
– EQUITA' – AMICIZIA
non
è proponibile, poiché sarebbe solo un sogno (utopico?)
da concretizzare, peraltro a livello Universale;
un tocco profondo – in questo caso - che ci fa sentire idealmente
FRATELLI con tutto il genere umano, indipendentemente da etnie,
convinzioni politiche e sociali, sesso, idealità religiose. Ma che
non necessariamente può costituire ovvero divenire “amicizia”
nel senso letterale e completo del termine, proprio perchè per
potersi definire compiutamente “amici”
occorrono soprattutto due elementi: il tempo
(da sapersi dedicare, come pure da “investire”
nel rapporto: tanto per conoscersi che per una giusta
frequentazione), e la giusta intensità
emotiva
(che presuppone un coinvolgimento a livello emotivo di sensibilità
più profonde, piuttosto che non quelle tipiche della “fraternità”
iniziatica di cui sopra ho specificato gli àmbiti).
Portare
quindi questi concetti ad emblemi e simboli della Massoneria –
specie a livello Universale
- come se fossero dei dati certi
piuttosto che un qualcosa cui si tende
– è francamente materia estremamente delicata e difficile da
imporre.
Così
che per essere corretti – sempre seguendo questo mio ragionare -,
un trinomio più idoneo potrebbe essere
LIBERTA'
– EQUITA' – FRATELLANZA UNIVERSALE
ma
sarebbe anche valutabile il trinomio
LIBERTA'
– GIUSTIZIA SOCIALE – FRATELLANZA DEI POPOLI
come
pure quello
LIBERTA'–GIUSTIZIA
SOCIALE–FRATELLANZA DELLE GENTI CHE SI INCONTRANO
Ma
questi concetti, così espressi, perderebbero molto poiché la
sintesi apparirebbe non idonea a catalizzare attenzione e
reminiscenze, favorendo proiezioni dell'intelletto e dell'animo.
Se
vogliamo ricondurci ad una Tradizione più certa, esisteva in Italia
un motto che era in uso particolarmente nel GRANDE ORIENTE SCOZZESE
D'ITALIA cui allora si riferiva la GRAN LOGGIA NAZIONALE già GRAN
LOGGIA (Regolare) D'ITALIA (la “Serenissima”
per antonomasia; l'unica ad essere allora definita tale e ad avere il
diritto di mantenere tale titolo: tutto ciò che oggi esiste di alter
non è che pedissequa ed insostanziale copiatura o storpiatura o
tentativo ingiustificato ed ingiustificabile di qualificarsi o
auto-celebrarsi e quindi pavoneggiarsi. Circa l'uso corrente del
termine “serenissimo”
o “serenissima”,
nei ritualisti puri e negli storici spesso si genera un moto di
fastidio e repulsione, rilevandone l'uso e l'abuso da parte di chi
possa adoperarli con la stessa disinvoltura con cui la parola si
possa trovare sull'insegna di un'autoscuola o di una tintoria o nella
marca di una soletta per scarpe: utile a far sembrare più alto chi
la usi) -, questo motto era il latino
VIVAT
- VIVAT- SEMPER VIVAT
che
fu a lungo adottato – in Italia, specie dai puristi amanti delle
Tradizioni - anche dopo
che venne apportata una modifica ritualistica con la sostituzione di
un triplice “uzza”
(delle cui origini molto si è trattato, spesso in modo rocambolesco
quanto inesatto, ma il cui etimo più logico – proprio
riconducibile alla Moderna Massoneria nata agli inizi del XVIII°
secolo – è nell'omonimo lemma inglese in uso tra i marinai ed a
sua volta riconducibile al loro energico ”hurrah”).
“Uzza”
è poi divenuto “uzzai”
o “huzzai”,
talvolta modificandosi in un italianissimo “evviva”.
Quindi,
nel contesto della citata Gran Loggia veniva utilizzato tale motto:
ma molte Logge in essa attive lo utilizzavano anche come vera e
propria divisa: ma non c'é da stupirsi. E' noto difatti che
l'attuale trinomio LIBERTA'- UGUAGLIANZA - FRATELLANZA è tuttora
utilizzato con valenza sia di divisa che di motto; così che non
suscita meraviglia che questo avvenisse anche per il motto latino
sopra citato, utilizzato a lungo – come dicevo – anche quale
divisa: ciò certamente antecedente a quello L U F adottato in epoca
successiva anche da tutti coloro che rispettavano le originarie
Tradizioni.
A
me personalmente – ed a quanti hanno operato nella “Comunione di
Piazza del Gesù”, così conoscendone ed apprezzandone la linea
ritualisticamente rispettosa delle più antiche Tradizioni – è
noto che in questa – dal 1978, su impulso dell'allora Grande
Oratore Gregorio B., è anche caro un altro trinomio, sovente
ricordato in occasioni solenni ed altrettanto solennemente utilizzato
sia come esplicito motto orale che quale vera e propria divisa
etico-filosofica. Si tratta della citazione dei concetti di
GERARCHIA
- ORDINE – GIUSTIZIA
E'
anche vero che via via, perfezionando l'ispirazione iniziale, si
decise di incardinare questo pensiero sui valori della GIUSTIZIA e
della LIBERTA', tanto cari ai Massoni – ieri – ed ai Liberi
Muratori – ieri -.
Perché?
Perché
la GIUSTIZIA
è la sola radice
su cui può crescere l'albero della LIBERTA'
(senza Giustizia, quale Libertà potrà mai esserci; e per converso,
senza Libertà quale Giustizia potrebbe mai essere degna di tale
nome? Sarebbe una radice senza tronco, senza prospettiva di vita).
Se
quindi abbiamo individuato in GIUSTIZIA
e LIBERTA'
due valori fondanti e universalmente validi, l' EQUITA'
(che ci riconduce immediatamente ai valori della TOLLERANZA
come pure della PROSPERITA'
e del BENESSERE)
e l'AMICIZIA
si contendono la completezza del trinomio.
Anzi,
se fosse possibile, dovremmo valutare di poter utilizzare il
quadrinomio
GIUSTIZIA
– LIBERTA' – EQUITA' – AMICIZIA
che
se da un lato appare più completo e fortemente evocativo, è in ogni
caso troppo “interpretabile” e quindi meno deciso e conciso nel
proprio dettato.
Ragionando
e approfondendo, il Lettore si sarà forse reso conto che tutto ci
riconduce gradualmente alla sostanza di valori essenziali:
agevolandoci così nel condensare i pensieri.
Questi,
portano costantemente l'Iniziato a due valori universali:
la FILANTROPIA
(amore
verso il prossimo attraverso l'altruismo, la generosità,
l'umanitarismo, la solidarietà, la fratellanza)
e la FRATELLANZA.
Fratellanza
che in ogni caso si sovrappone a parte dei contenuti insiti nello
stesso contesto della Filantropia.
Scriveva
il nostro Sovrano Saverio Fera – e sottolineavano energicamente a
distanza di tempo anche i nostri Sovrani e Gran Maestri Carlo De
Cantellis, Tito Ceccherini, Piero Piacentini, Francesco Bellantonio,
Don Gregor – che la Massoneria non è degna di tale nome qualora in
essa non venga esercitata la FILANTROPIA. Anzi, specificavano che
non si può essere buoni Massoni - né può dirsi ritualisticamente
“regolare” anche un contesto più ampio – che non pratichi
concretamente e visibilmente la FILANTROPIA.
Ci
siamo mai chiesti concretamente: quale valore reale muove il Mondo?
Quale valore che includa la Filantropia
può considerarsi salvifico là dove le Tenebre sembrano voler
oscurare ogni Luce? Quale
sia l'Energia che solleva dagli abissi le montagne della Vita?
La
risposta ci riconduce, attraverso la GENEROSITA'
dell'animo, dei propositi e dei gesti, all'AMORE.
Ma
é un AMORE
da non confondere con le pur importanti corde di quel sentimento che
può pervaderci in determinate circostanze: quindi, qui valutiamo un
concetto nel suo significato più autentico e vero, quello di AMORE
quale valore essenziale nel nostro vivere in modo solidale e
altruistico, in modo generoso e quindi fraternamente responsabile.
Gli
insegnamenti iniziatici ricevuti, gli stessi studi, mi dicono che
l'Amore
è Vita,
l'Umiltà
è
Fratellanza
e
Gioia,
la Speranza
è
Solidarietà.
In
proiezione, avremo quindi questi altri possibili trinomi
AMORE
– UMILTA'- SPERANZA
AMORE
FRATERNO – SPERANZA - UMILTA'
VITA
- FRATELLANZA - SOLIDARIETA'
VITA
– GIOIA – SOLIDARIETA'
SOLIDARIETA'
– FRATERNITA'- AMORE
Proprio
riguardo il concetto di AMORE
in Massoneria, è stato sempre il pensiero, il filosofare, il
retaggio feriano e l'insegnamento di Tito Ceccherini, di Italo
Letizia, di Francesco Bellantonio, di Don Gregor, ad essermi stati di
sostegno. Tra questi fu proprio Francesco il primo che, ancor prima
di assumere rilevanti Dignità a livello nazionale ed internazionale,
iniziò con costanza ad approfondire, utilizzare ed esplicitare i
considerevoli valori insiti nel concetto di ”AMORE
FRATERNO”
: un valore inconfondibile ed insostituibile, da applicare con
pienezza d'animo.
Fu
quindi dalla seconda metà del 1960 che - nelle Logge degli Antichi
Liberi Accettati Massoni che costituivano nella Comunione di Piazza
del Gesù il Corpo Azzurro alle dipendenze della Gran Loggia Naz.le
– l'AMORE
FRATERNO
viene “sentito”,
“interpretato”,
“vissuto”
e “celebrato”
non quale risposta ad un processo
di elaborazione
cerebrale,
ma quale autentico palpito
del cuore:
vera e propria esaltazione della FILANTROPIA.
Riepilogando,
penso che la GIUSTIZIA
sia la radice della LIBERTA'.
Quindi, GIUSTIZIA
e LIBERTA'
si coniugano: a cementarle è l'AMORE
e quando questo è talmente intenso, maturo, profondo, ricco
di tutto ciò che la FILANTROPIA
implica, ecco che emerge prepotentemente l'AMORE
FRATERNO.
Un sentimento, una concettualità a tutto tondo, la cui chiave di
lettura iniziatica più ampia è quella dell'AMORE
UNIVERSALE.
Potremo
quindi dire che GIUSTIZIA, LIBERTA' e AMORE FRATERNO siano il giusto
trinomio Universale, così come da quell'epoca rappresentano il
trinomio interiore e profondo, simbolico ed esoterico, della sopra
citata Gran Loggia. Quindi, avremmo il trinomio
GIUSTIZIA
– LIBERTA' – AMORE FRATERNO
che
ben si coniugano con l'Alta Tradizione del mai dimenticato originario
motto/trinomio
VIVAT,
VIVAT, SEMPER VIVAT
e
che ritengo, l'uno per l'altro, ben potrebbero rappresentare la
divisa della Massoneria Italiana: oggi come allora.
La
GIUSTIZIA,
la LIBERTA',
l'AMORE
FRATERNO
– al di là del singolo valore concettuale - sono quindi simboli
e come tali “costanti”,
“determinati”
e “certi”:
parole che sottendono concetti “forti”,
in quanto colmi di “energia
vitale”.
Il
resto può ricondursi ad un emblema,
e come “valore
emblematico”
è quindi “variabile”.
Rammentiamo:
il simbolo
è considerato di origine
divina
o sconosciuta (nella sua imperscrutabilità, che risale a tempi
lontanissimi: di cui neanche si può avere memoria): come tale, il
simbolo è quindi ammantato di sacralità.
Invece,
l'emblema
è inventato
da qualcuno, pur con i migliori e più nobili intenti.
Il
simbolo
possiede significati che, anche attraverso il ricorso ad analogie,
sono di facile e immediata comprensione.
L'emblema,
invece, richiede uno sforzo intellettuale per poter essere ben
compreso: infatti richiede la compenetrazione del pensiero
di chi lo ha ideato, magari con idee e significati tra loro
differenti.
Ai
più è probabilmente ignoto, e con questo rendo più completa questa
panoramica, che la sopra citata Comunione
di Piazza del Gesù
– tanto per trattare una materia a me maggiormente nota - ha sempre
adottato due motti complementari in uso per gli atti rituali interni
di elevata importanza: l'uno
CORAGGIO
– GIUSTIZIA - SILENZIO
per
l'Ordine Simbolico, l'altro
AUDI
– VIDE - TACE
per
il Rito.
Questi
motti, peraltro, erano in uso fin dalle primissime forme organizzate
della Massoneria Italiana più conosciuta, ma anche meno nota, che –
quantomeno fino al 1908 – si rifaceva con tenacia e costanza alle
più sensibili ed altre Tradizioni iniziatiche d'Italia.
Ritengo
che altrettanto poco conosciuto sia il Trinomio adottato dalla “Gran
Loggia Femminile Italiana” - modello iniziatico femminile
costituitosi nel 1974 -
LIBERTA'
– UGUAGLIANZA – FRATERNITA'
le
cui aderenti – le “Tessitrici” - evocano la storicità, la
forma ed i contenuti dell' “Ordine
delle Diaconesse di San Giovanni di Scozia”,
cui si richiamano per originaria discendenza (la sua costituzione in
Italia può dirsi – Storia alla mano - la “prima Opera” di quel
Mondo Femminile che – collocando a Roma, tra la seconda metà degli
anni '50 e '60 del 1900, la “pietra angolare” del proprio Ordine
- ha individuato nella Massoneria il proprio riferimento Iniziatico.
Nella
propria carta intestata di quei lontani anni, la Diaconessa
responsabile indicava a proprio motto, nelle comunicazioni riservate
di livello istituzionale,
MODESTIA
– PAZIENZA - UMILTA'
Un
trinomio che ben si adatta alla valèntia dimostrata da quelle come
da altre Ill.me Sorelle che, negli anni, hanno comunque dato il loro
apporto costruttivo alla Grande Opera: così dimostrando che la
LIBERTA'
di riunirsi é un diritto insopprimibile e inalienabile, al pari
della LIBERTA'
di informarsi e informare, come pure di poter esercitare una corretta
critica: sempre nel rispetto della LIBERTA'
e della DIGNITA'
altrui, nonché nel pieno rispetto delle leggi.
Temi
che ci riconducono a ciò che in apertura ho inteso sottolineare con
maggiore enfasi piuttosto che non altri concetti: alla LIBERTA',
in
tutte le sue mille sfaccettature.
Ricordando
infine che se è vero che la LIBERTA'
é una conquista é anche vero che ciò mai può consentirci di
abbandonare i nostri “doveri”, perchè in questo caso scadremmo
nella “licenza”.
Roma,
31-1-13 Giuseppe Bellantonio
Nota:
chi segue i miei scritti, sa quanto a me faccia piacere tenermi aggiornato: e, ragionando di conseguenza, credo che apprezzerà lo sforzo per rendere attuale ogni scritto; ecco il motivo di questa nota. Nel “Discorso sullo stato dell'Unione” pronunciato all'inizio
della corrente settimana dal presidente USA Barack Obama, questi ha
citato un inedito trinomio per qualificare uno degli indirizzi
dell'Amministrazione da lui presieduta: LIBERTA' – UGUAGLIANZA –
PARI OPPORTUNITA'. Le assonanze – quantomeno evocative - con il più
classico Trinomio, sono ai miei occhi evidenti, e la citazione delle
PARI OPPORTUNITA' quale maggiore e migliore obbiettivo nella crescita
della Donna nella società americana (concetto che, in fondo in
fondo, ritroviamo in parte anche nel concetto di UGUAGLIANZA) non fa
che rafforzare un grande sforzo in una Nazione certamente
all'avanguardia in questo particolare ambito.
Roma,
14 Febbraio 2013 l'Autore
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