Il nome dell'Ill.mo Fratello Virgilio Gaito - per lungo tempo ai vertici del GOI - è ben noto ed apprezzato tanto nell'ambito della Massoneria Italiana che in quello della Libera Muratoria mondiale.
La sua visione lungimirante e concreta è sempre attuale ed i suoi scritti continuano a rappresentare un solido insegnamento per quanti desiderino apprendere e confrontarsi anche su temi solo all'apparenza agevoli, facili.
Abbiamo già ospitato un suo pregevole scritto ed oggi - per sua espressa, fraterna e delicata concessione - possiamo sottoporre ai nostri Lettori una sua Tavola di oltre 15 anni fa dedicata alle tematiche soteriche e simboliche di cui ricca portatrice la poesia di Totò "'A livella".
Tavola di cui lasciamo integro ogni originale particolare, nel rispetto tanto dell'Illustre Autore che del contesto ove egli era all'epoca attivo.
La sua visione lungimirante e concreta è sempre attuale ed i suoi scritti continuano a rappresentare un solido insegnamento per quanti desiderino apprendere e confrontarsi anche su temi solo all'apparenza agevoli, facili.
Abbiamo già ospitato un suo pregevole scritto ed oggi - per sua espressa, fraterna e delicata concessione - possiamo sottoporre ai nostri Lettori una sua Tavola di oltre 15 anni fa dedicata alle tematiche soteriche e simboliche di cui ricca portatrice la poesia di Totò "'A livella".
Tavola di cui lasciamo integro ogni originale particolare, nel rispetto tanto dell'Illustre Autore che del contesto ove egli era all'epoca attivo.
Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliadi De Curtiis di Bisanzio -, più semplicemente, il nobiluomo Antonio De Curtiis: in arte Totò - fu un Illustre Iniziato Massone; conobbe la Luce nelle Logge della Comunione di Piazza del Gesù - per intenderci, quella attiva in Piazza del Gesù 47 - ed i suoi Fratelli di Loggia lo assistevano nelle prime - non facili - rappresentazioni in pubblico.
In epoca successiva, già insignito di Alto Grado del RSAA, lasciò tale Comunione per aderire ad altro contesto iniziatico: ma mantenne sempre rapporti di alto livello con i suoi Fratelli dell'Ordine di provenienza, che chiamava "i miei Fratellini della mia prima vera Casa" (così, nei vivi ricordi del nostro Car.mo Fr. Vincenzo Sprovieri: oggi all'Or. Eterno).
Di Totò-Massone si sa molto ma in realtà si sa poco, avendo egli mantenuto sempre un profilo improntato a discrezione e, proprio in tale seconda sua fase, ad una sempre più rarefatta frequentazione dei Lavori della Loggia di cui era parte.
Leggendo la sua poesia "'A livella" possiamo capire molte e molte cose della sua sensibilità di Uomo e di Artista, prolifico poeta, drammaturgo, paroliere e cantante.
Ma ancor più possiamo comprendere di lui e del suo pensiero leggendo questo incisivo, esperto e profondo tracciato dell'Ill.mo Fratello Gaito, cui va il mio personale plauso e ringraziamento, non dimentico delle sue parole di sincero apprezzamento rivolte alla Memoria di mio Padre, il Gran Maestro Francesco Bellantonio.
Roma, 25 Novembre 2015 Giuseppe Bellantonio
'A LIVELLA
Ad un tratto egli vede
materializzarsi vicino alle rispettive tombe le figure di un nobile arrogante e
agghindato lussuosamente e di un povero netturbino umile, ossequioso e mal
vestito che viene accusato dal primo di lesa maestà per essersi fatto
seppellire in una tomba modestissima, abbandonata, proprio accanto alla sua che risplende di luci, fiori
e iscrizioni altisonanti.
L'accusato dapprima si
schermisce con una disarmante chiamata di correo: se fosse stato per lui, non
avrebbe mai osato tanto, ma la decisione è stata presa dai familiari ed egli,
essendo morto, non si è potuto opporre.
Di fronte al tono villano
del nobile che gli intima di trasportare immediatamente le sue umili e
maleolenti spoglie ben lontano dal proprio rutilante sepolcro per non dover
trascendere alla violenza non consona al suo rango, lo spazzino ha un sussulto
di orgoglio e gli ricorda che la Morte è una livella che cancella ogni pompa
terrena e rende tutti uguali al suo cospetto.
E conclude, con infinita
saggezza: "nuje simmo serie... appartenimmo â morte!".
Nella molteplicità di
messaggi sul mondo degli uomini che Totò ha consegnato alle sue poesie,
semplici e perciò alla portata di qualsiasi lettore, ma proprio per questo
maggiormente idonee a stimolare profonde riflessioni, si coglie un invito alla
semplicità, alla riscoperta dei valori genuini, alla fratellanza,
all'uguaglianza, alla libertà, all'Amore.
E, se pure l'affresco de
"A livella" si conclude agli occhi del profano con la
rappresentazione della maestà della Morte che impone serietà nel senso del
superamento di ogni motivo di divisione, di separatezza, di incomprensione, di
odio, di sopraffazione, per noi Iniziati il messaggio del Fratello Antonio De
Curtis richiama subito alla mente l'esortazione del Maestro Venerabile
all'apertura dei lavori di Loggia: "Tutto in questo Tempio deve essere
serietà, senno, benefizio e giubilo".
E' questo un imperativo
categorico scaturente proprio dall'Iniziazione che ciascuno di noi ha
drammaticamente vissuto.
Nella vita di un uomo è
infatti possibile morire due volte, l'una quando il nostro corpo si disgiunge
dal cosiddetto spirito vitale e si corrompe rapidamente trasformandosi in
cenere, l'altra quando si attraversa il sipario di fuoco che separa il profano
dal sacro e si diventa iniziati.
In greco iniziare è espresso
dal verbo "TELEUTAI" e significa far morire. Iniziare infatti è come
far morire, provocare la morte. Ma non si tratta di una morte totale,
definitiva, sibbene di un'uscita, del raggiungimento di una porta che dà
accesso ad un'altra dimensione: infatti all'uscita succede un'entrata.
L'iniziato passa da un mondo a un altro e da ciò subisce una trasformazione;
egli cambia di livello, diviene diverso.
Ecco qui tornare il
significato della livella attribuito da Totò alla Morte, intesa come
conclusione di un percorso terreno strepitante di metalli ed avvio al
raggiungimento della Verità alla quale l'Iniziato deve accostarsi con serietà
affinché il proprio Tempio interiore, nella pace conquistata, possa trarre
"benefizio e giubilo".
La morte iniziatica è morte
al mondo in quanto superamento della condizione profana così che il neofita
sembra subire un processo di regressione, la sua rinascita è paragonata a un
ritorno allo stato fetale nel grembo
della madre. Certamente, egli penetra nella notte, ma, se questa assomiglia al
buio del seno materno, la notte dell'iniziato assume la vastità e - non appaia
contraddittorio - la luminosità della notte cosmica.
E di questo significato così
profondo ed esaltante dell'Iniziazione massonica ci giunge testimonianza da uno
dei più grandi geni espressi dall'Umanità, Wolfgang Amadeus Mozart, quando,
nella celebre lettera del 4 aprile 1787 al padre Leopoldo, anch'egli divenuto
Massone, così si esprime: "Poiché la Morte, tutto considerato, è la vera
meta della nostra esistenza, mi sono talmente avvicinato in questi ultimi anni
a questa buona e fedele Amica dell'umanità che la sua immagine non mi incute
più terrore, ma invece mi consola e mi conforta! E ringrazio Iddio di avermi
dato modo (sapete ciò che intendo) d'imparare che la Morte è la chiave che apre
la porta alla nostra vera felicità".
Il divino Mozart sapeva
infatti che l'iniziazione segna l'ingresso irreversibile in una dimensione
spirituale dove è quella vera felicità da lui religiosamente ricercata per
tutta la sua vita terrena.
Poiché la Massoneria, come
mirabilmente affermava il Fratello Johann Gottlieb Fichte, libera l'uomo dalla
sua religione per elevarlo alla dignità di uomo universale che tuttavia ha una
sua religiosità, una necessità del sacro ove regna la felicità, intesa come
perfezionamento di se stessi ed elevazione dello spirito verso l'Essere
Supremo.
E l'intima conoscenza della
Morte si avverte nelle composizioni mozartiane a carattere religioso quali le
"Messe" e, soprattutto, il celeberrimo "Requiem", nelle
quali è trasfusa la religiosità propria del Massone che, librandosi al di sopra
dei dogmi, indica all'Umanità una via universale di salvezza fondata sul
miglioramento di sé conseguibile con quella Iniziazione che ha segnato la morte
alla vita profana.
Ma il fratello Antonio De
Curtis, nel paragonare la Morte alla livella ben sapeva, da quel perfetto Iniziato
che era e che ha donato tanta felicità a milioni di esseri umani, che tale
strumento, nella simbologia massonica, è uno degli elementi più importanti.
Egli conosceva profondamente
il valore del simbolo.
In greco antico il termine
"symbolon" si collega al verbo "synballein" che significa
"mettere insieme", "unire", da cui una prima accezione del
simbolo come di concetto che è racchiuso dapprima in forma palese a chi ne sia
l'autore e poi sempre più ermetica per tutti coloro che nel tempo e nello spazio
siano lontani dal suo processo formativo.
In origine, si chiamava
simbolo (in Roma, "Tessera hospitalis") un oggetto che indicava il
legame di ospitalità tra famiglie o città, spezzato in più parti, ciascuna
delle quali rimaneva a uno dei contraenti il legame, e che, nel loro
combaciare, valevano come segno di riconoscimento.
Ecco di nuovo il concetto di
unione che ritorna in maniera plastica a significare la solidarietà tra tutti
coloro che fossero legati da un vincolo inizialmente di ospitalità, ma via via
più ampio fino a ricomprendere un credo, una filosofia, una scienza, una
conoscenza.
Nel mondo moderno,
l'interpretazione tende ad astrarre dall'elemento materiale. Oggi la più nota e
diffusa accezione del simbolo, quella ispirata da Nietzsche e da Freud, lo
concepisce come occultamento e maschera che, comunque, contenga più di quanto
non dica esplicitamente. E questo "di più" è interpretato dal grande
studioso Paul Ricoeur come una peculiare trascendenza del simbolo rispetto a
coloro che lo interpretano.
Sicchè non a caso il
Fratello De Curtis si è poeticamente ispirato alla livella che, insieme al filo
a piombo o perpendicolare, si ritrova nei gioielli dei due Sorveglianti la cui
dualità corrisponde a quella delle due colonne del Tempio di Salomone.
Sappiamo che la livella è
costituita da una squadra giusta alla sommità della quale è sospeso un filo a
piombo. Il suo scopo essenziale è quello di determinare l'orizzontale, ma al
tempo stesso essa determina anche il verticale. Ecco una prima approssimazione
dell'immagine della Morte accoppiata alla posizione supina, orizzontale del
defunto, ma, nel contempo, alla elevazione verticale della sua anima verso il
cielo.
Ma, ancor più profondamente,
la struttura della livella ci permette di ricollegare il suo simbolismo a
quello della croce delle dimensioni cosmiche: manifestazioni della Volontà
celeste al centro del cosmo, illuminazione armonica a livello cosmico dove il
nostro spirito raggiungerà la Verità.
Non dimentichiamo che la
livella è il gioiello del I Sorvegliante al quale sono affidati i Compagni
d'Arte i quali sono passati dalla perpendicolare (gioiello del II Sorvegliante
che vigila sugli Apprendisti) alla livella, realizzando così quella maggiore
illuminazione che deriva dalla conoscenza dell'attività celeste, così che il
Compagno é preparato ad affrontare senza paura la prova suprema che lo attende
nella Camera di Mezzo, suggello della Maestria conquistata.
E, infatti, nella Squadra
che adorna il gioiello del Maestro Venerabile si ha la sintesi dei significati
simbolici della Perpendicolare (equilibrio) e della Livella (equanimità) dai
quali deriva l'autorevolezza connessa alla rettitudine.
Ma non va dimenticato che
simbolo può essere ricollegato anche ad una qualifica e non a caso Il Fratello
Antonio De Curtis ha posto al centro del suo affresco poetico la figura del
netturbino, un mestiere utile alla collettività che va liberata dalle proprie
scorie e collegato quindi ad un'esigenza di pulizia, di purezza, di riscatto
dalle brutture del mondo, di catarsi, di rigenerazione.
Ecco il trasparente richiamo
al lavoro dell'Apprendista, tenuto a sgrossare la propria pietra grezza per
mondarla delle sue asperità e delle sue impurità, rendendola così degna di una
progressione iniziatica verso la conoscenza, ma anche idonea ad incastonarsi
perfettamente nel disegno divino del miglioramento dell'Umanità.
Peraltro tutto il
comportamento di quel netturbino, modesto solo all'apparenza, ma ben fiero
della propria dignità di uomo onesto, consapevole della propria missione
purificatrice, tanto da ribellarsi alla minaccia alla sua libertà profferita
dal nobile tracotante, e da erigersi a saggio educatore e, nel contempo, di
difensore della libertà e della dignità di tutti ci rende consapevoli che Totò
ha voluto simboleggiare nella figura del netturbino non tanto quella
dell'Apprendista quanto piuttosto quella del Maestro.
Con le semplici, ma incisive
parole del povero svillaneggiato netturbino:
"ccà dinto, 'o vvuò capì, ca simmo eguale?....
Muorto si tu e muorto so pur'io;
ognuno comme a'n'ato è tale e qquale"
il nostro Fratello Totò ci insegna infatti dapprima ad essere realisti,
a privilegiare l'Uguaglianza pur nella diversità.
Più oltre, l'ammaestramento
si arricchisce del valore dell'umiltà quando commenta il significato della
Morte come livella:
"Nurré, 'nu magistrato, 'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme".
E, infine, quando esorta il
nobile:
"stamme a sentì...nun fa' 'o restivo,
suppuorteme vicino - che te
'mporta?
Sti pagliacciate 'e fanno sulo
'e vive",
quel vero Iniziato fa appello alla Tolleranza che nutre di sé la
Fratellanza, quel sentimento che, intriso di Amore, rende consapevoli
dell'osservanza dell'imperativo categorico: " Conosci Te stesso ",
habitus di ogni Massone nel Tempio, dove tutto deve essere "serietà,
senno, benefizio e giubilo".
Soltanto a un profano
sprovveduto, dunque, "'A livella" può apparire una suggestiva lirica,
sorprendente in un grande comico, inneggiante alla maestà della Morte che tutto
annienta e pareggia.
A noi Iniziati il Fratello
Antonio De Curtis ha invece regalato una Tavola di straordinaria profondità
nella quale, con mirabile sintesi e semplicità ci guida da impareggiabile
Maestro col dolce sorriso dell'intelligenza, nelle verdi praterie dell'Armonia
universale dove regnano bellezza, bontà, verità, figlie dell'"Amor che
muove 'l sole e l'altre stelle".
Quell'Amore che dovrebbe
guidare noi tutti sempre e dovunque in una ininterrotta Catena che, ancora una
volta, il Fratello Totò invoca dal cosmo per un'Umanità migliore in una delle
sue più brevi ma non meno profonde e delicate liriche: "'A cunzegna"
"'A sera quanno 'o sole se
nne trase
e dà 'a cunzegna à luna p' 'a nuttata,
lle dice dinto 'a recchia: «I' vaco â casa:
t'arraccumanno tutt' 'e nnammurate»
Non più nobili e netturbini
dunque, ma Uomini veri affratellati dall'Amore nel rispetto reciproco della
dignità e della libertà.
A.'. G.'. D.'. G.'. A.'. D.'. U.'.
VIRGILIO GAITO
M.'.
V.'. della R.'.L.'.
PISACANE
DI PONZA HOD n.160
all'Or.'.
di Roma
9 marzo 2001 E.'.V.'.