Sovente, è
ricorrente il tema della 'Giustizia Massonica', specie là dove possano essersi
determinati contrasti ovvero violazioni di un qualche rilievo alle norme
disciplinari, all'interno anche di una sola, semplice Loggia.
Innanzi tutto, cosa deve intendersi con questo
termine? È l'insieme delle disposizioni (d'ordine generale - a prescindere
dalla singola entità organizzata, di solito emanate da un organismo centrale di
riferimento - e d'ordine particolare - ossia riferite a ogni singola entità,
Loggia o Gran Loggia che possa essere) che regolano sotto l'aspetto disciplinare-valutativo-repressivo
l'azione e la tenuta di ogni Fratello nell'ambito della propria Loggia
d'appartenenza, oppure della Grande Loggia cui la Loggia stessa possa fare
vertice.
Ovviamente, nel contesto degli organismi nati dopo la
riforma del 1717 (nascita della c.d. 'Massoneria Speculativa' ovvero 'moderna')
ciò che era valido in una Loggia si riverberava nella eventuale (nonché nuovo
soggetto di riferimento socio-politico) Grande Loggia cui si aderiva. Prima
di questa data le Logge operavano in piena autonomia e sovranità, indipendenza e
discrezionalità: pur se i rapporti tra Logge erano frequenti e improntati a sentimenti
di sentita e costruttiva fraternità.
La 'Giustizia Massonica' prevede delle classi di
responsabilità, di 'colpa': dalle leggere alle gravi, con una scalettatura di
reprimende, fino all'espulsione (ancor peggio se accompagnata da un
dispositivo/rituale di 'Bruciatura tra le Colonne'; atto severissimo e gravissimo,
quest'ultimo, che equivale a una condanna, consumata tra le fiamme, in un rogo,
e quindi non solo 'definitiva', ma di per sé distruttiva/inceneritrice del
condannato, cui sono dirette espressioni non certo simboliche né tantomeno
benevolenti). Esiste quindi la formulazione di un'accusa (sempre formale,
definita Tavola d'Accusa, con la citazione di fatti, prove e testimonianze); una
obbligatoria quanto formale notificazione all’accusato delle colpe
attribuitegli con l'indicazione di data e luogo dell'avvio del relativo
procedimento; lo speculare diritto di difesa riconosciuto allo stesso (che
potrà esercitarlo per il tramite di un altro proprio Fratello, designato quale
suo difensore. Alcune comunità - evidentemente più 'avanzate' - a fronte di
accuse gravi o gravissime, peraltro articolate, prevedono che l'accusato possa
anche farsi assistere da un legale esterno, 'profano', per meglio sostenere le
proprie ragioni. E’ evidente che l’accusato possa produrre prove, testi e
memorie a propria difesa, in un contesto dove è comunque previsto il
contraddittorio). Nella formulazione di accuse, non è consentito l'anonimato:
ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità.
Quanto precede per dare la giusta cornice al tema. Può
sorgere un problema, ossia una conflittualità tra le norme 'interne' di una
Loggia o Gran Loggia e quelle 'esterne' così come previste dalle norme di Legge
– quelle ‘profane ‘- in vigore? Vediamo meglio.
Le norme di Giustizia Massonica sono interne e
suscettibili di un sistema probatorio il cui impianto è diverso dal contesto
esterno, nonché sostenute da livelli testimoniali - specie a difesa
dell'imputato - che possono basarsi su elementi di natura e sensibilità
diversa: non di rado, la 'Giustizia Massonica' si pronuncia in modo più
'garantista' riconoscendo all'imputato attenuanti o salvaguardie che il sistema
giudiziario profano non prevede né riconosce (prediligendosi tuttora una
visione che tende ad accusare, a priori: salvo poi il diritto dell’accusato/imputato
di potersi difendere). Perfino casi di avvenuta condanna esterna – ossia ‘profana
-, possono tramutarsi - a seguito di un'analisi diversa e persino più
approfondita, svolta all'interno della Loggia/Gran Loggia di riferimento - in
una assoluzione, ovvero in un netto alleggerimento della posizione
dell'imputato. Così da non rendere necessaria ovvero automatica la sospensione
e quindi l'allontanamento dell'accusato (solo per riferimento, vale anche qui
il concetto dei tre gradi di giudizio profani, con - al termine - la
possibilità da parte del vertice di applicare un provvedimento indulgente di
'perdono'/'grazia'. Che, in realtà, avviene raramente: cercandosi di evitare di
costituire dei precedenti ‘condizionanti’). Ma potrebbe anche verificarsi che,
al prosciogliersi di ogni accusa avverso l'accusato in sede profana, possa
invece esservi una condanna in ambito interno, massonico, essendosi raggiunte
'prove' di tipo diverso e di maggiore o diversa rilevanza (soprattutto in
riferimento agli atteggiamenti morali: il moralmente colpevole ha un grado di
colpa non riconosciuto da un sistema giudiziario che condanna in base a fatti,
a reati commessi). Non sussistono quindi automatismi, salvo l'ormai
rituale 'sospensione' da ogni attività (ma anche carica e/o incarico) all'avvio
di un qualche procedimento, ancorché formalizzato.
Andiamo ora alla specificità delle norme che regolano
internamente la 'Giustizia Massonica', non senza ricordare che la totalità
delle Norme e dei Regolamenti anche statutari sono accettati da ogni iscritto
fin dall'atto della sua iniziazione (rientrano quindi nell'accettazione di
norme di tipo contrattuale 'per adesione': ossia, che fanno parte di
un qualcosa di già predisposto - e non negoziabile - che viene accettato senza
riserve fin dall'adesione e quindi dall'ammissione nel sodalizio).
Giurisprudenza costante ha sancito che le norme
interne sono comunque prevalenti, salvo che non ledano apertamente o in modo
conseguenziali rispetto a norme del Diritto Civile, norme di tipo penale
scritte nelle Leggi dello Stato (reati patrimoniali, ma anche reati contro la
persona, reati avverso i diritti dell'individuo, contro i diritti dei terzi,
ecc.). Nel caso in cui una Loggia che abbia il proprio Regolamento anche
inclusivo delle norme di amministrazione della Giustizia Massonica, faccia
vertice su una Gran Loggia, aderendovi, ebbene essa cessa di avere una propria
giurisdizione interna totalmente autonoma e completa, facendo capo al
coordinamento/guida della Gran Loggia cui ha aderito anche in materia di
Giustizia (salvo che risulti in modo univoco che alla Loggia aderente sia stato
concesso di mantenere la propria sovranità e autonomia, eventualmente
disciplinando a parte ambiti e limiti delle autonomie stesse).
In parole spicciole: possiamo discutere e filosofare
di tutto e su tutto, ma un ladro che si appropri di qualcosa nel contesto
amministrativo-gestionale di una Loggia/Gran Loggia, può essere denunciato
anche alla Giustizia Ordinaria, ancorché 'profana'. Ma, volendo approfondire,
può esserlo anche quell'amministratore di 'Giustizia Massonica' che si sia
prestato ovvero abbia imposto delle forzature a sfavore dell’accusato, facendo
leva su favori personali e non (ovviamente, è necessario poter provare questo
tipo di accuse).
A onor del vero, c'è da dire che nel tempo, anche la
'Giustizia Massonica' - al pari di Statuti, Regolamenti, Costituzioni e norme
varie - ha subito modificazioni rispetto ai testi più originali: per lo più dettate
dall'accortezza/furbizia da parte di chi presiede Loggia e/o Gran Loggia, nell’apportare
dei ‘ritocchi’ per fare della Giustizia
Massonica uno strumento di maggiore deterrenza (a proprio vantaggio, specie
verso possibili/potenziali oppositori/critici interni), così salvaguardando i
vertici e l’entourage che possa eventualmente esservi. Non parliamo
poi di quei casi-limite in cui la 'Giustizia Massonica' viene accantonata, per
sfociare nella ricerca di un capro. E non è un caso che la nomina
del Presidente e dei membri del Tribunale Ordinario (quello interno, per
intenderci) è sempre riservata alla scelta del Gran Maestro o quantomeno al suo
esiziale nulla-osta. Ovviamente, in questi casi-limite, di 'massonico' c'è ben
poco, e la virtus massonica è prevaricata, persino
inesistente: situazioni indegne dei nobili Ideali e delle più fulgide, Antiche,
Tradizioni, dell'Arte Reale, carenti – nella fattispecie - di ogni valore etico
e morale.
Non sono stati rari né isolati casi in cui, persino in
sede di 'gran giurì' o 'giurì d'onore' convocati in sede di Grande Assemblea, i
bizantinismi - e quindi le 'ingiustizie' - non siano mancati. Quindi, riassumendo,
la 'Giustizia Massonica' interna è prevalente, fatto salvo la commissione di
reati di forte (e quindi, preminente) rilevanza giudiziaria, penale, per dirimere
i quali occorre fare riferimento diretto anche alla Giustizia profana. Va da sé
che, proprio per la natura del contesto iniziatico di cui trattasi, le norme
interne devono essere talmente ricche di correttezza, trasparenza e giudizio da
renderle non permeabili a qualsivoglia critica: anche la più malevola.
È opportuno aggiungere qualcosa al testo di cui sopra. Purtroppo, non è
raro il malvezzo di 'espellere' e persino 'processare' soggetti che da tempo -
persino 'molto tempo' – abbiano lasciato, formalmente e persino in modo critico
- il contesto dove operavano. In qualche caso, sono stati addirittura in essere
'cerimoniali' di 'bruciatura'. È evidente che simili situazioni fanno parte di quel
pessimo modo di agire proprio di quella palude in cui si trovano certi contesti
‘se-dicenti massonici' ma che di massonico in realtà nulla hanno. Situazioni di
questo tipo non solo sono moralmente, eticamente, iniziaticamente,
massonicamente, censurabili ma possono dare adito a contestazioni in sede
profana, poiché creano un vulnus concreto, andando a ledere il buon
nome, lo 'star del credere' del Fratello verso cui si sono rivolti gli strali
di quella che appare essere più una vendetta, una ripicca che non una forma di
pseudo giustizia massonica.
Roma, 9 Agosto 2022
Giuseppe Bellantonio
(testo corretto da refusi e omissioni in corso di trasmissione, per carenza di rete)
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