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martedì 22 dicembre 2015
venerdì 18 dicembre 2015
PAROLE, PAROLE, PAROLE...
Come
molti già sanno, spesso tratto taluni temi facendo trascorrere qualche tempo
dal loro manifestarsi.
E’ un modo per frapporre del
distacco anche temporale che possa agevolare il sedimentarsi delle emotività e
quindi l’acquietarsi delle sensibilità più evidenti; ma è anche una
interposizione utile a leggere meglio tra le righe degli avvenimenti.
Qualche tempo fa trovò spazio nelle
cronache l’iniziativa di un non meglio esplicitato gruppo di comunità
massoniche che evidenziavano, rendendolo pubblico, un loro pronunciamento/appello
inteso a favorire l’integrazione in terra italiana, ovvero, europea, dei
migranti.
I connotati non chiari di tale
‘appello’ (mi spiego meglio: fare un appello, sta per esprimere dei concetti attraverso delle parole
relativamente ad un argomento, al fine di
suscitare altrui curiosità,
attenzione e/o sensibilizzazione e/o condivisione e/o mobilitazione, presuppone
di avere delle precise cognizioni in merito, circa le quali si ha una decorosa conoscenza
ed quindi padronanza ), mi hanno ricondotto ad una povertà di idee, ossia ad
una certa qual opacità concettuale, e quindi al volersi proporre in veste
pubblica e pubblicitaria con enunciati ad effetto ma in realtà di scarsissima
qualità intrinseca, dietro ai quali non vi è il presidio di alcuna vera
conoscenza.
Chi propone non deve solo utilizzare
frasi ad effetto, ma deve anche saper/poter far conoscere cosa e come intenda
dare un contributo al riguardo, ovvero quali proposte concrete, quale supporto,
ritenga di offrire all’altrui azione. Oltre
tutto, siffatti tipi di pronunciamento/appello
– per contenuti o forma, volutamente o meno – hanno connotazioni
politiche che divengono persino religiose qualora si possa far cenno a
posizioni similari assunte da un ente o da una istituzione religiosa.
Diverso sarebbe stato se tali
contesti massonici avessero posto l’accento su valori fondanti a loro più
consoni: quali la solidarietà, la beneficenza, l’amore per il prossimo, l’affratellamento
delle genti e dei popoli.
Proprio la pubblica presa d’atto che
l’attuale modo di ’fare’ massoneria – da parte di taluno o di tal’altro, in
Italia, anche se non da parte di tutte le componenti - è palesemente anomalo e
atipico, con incursioni nel mondo degli affari, del ‘potere’ più o meno palese,
nel mondo del malaffare e nella politica, espone all’aspra censura di forze
religiose che condannano – comunque, generalizzando – una massoneria piccina,
troppo impegnata proprio in questo genere di pratiche.
E in definitiva troppo lontano dagli
ideali della libera muratorìa delle Tradizioni,
certamente anteriori al 1700.
Lo
stesso mio commento si attanaglia ad altra notizia di qualche tempo fa che
‘pubblicizzava’ un qualche strano mixage
tra massoneria e idee/sentimenti religiosi, poiché dava la netta impressione di
voler coagulare una qualche non meglio definita schiera iniziatica attorno ad
idee e proposizioni di netta marca religiosa e guarda caso prossime (anzi,
quasi ‘copiate’…) a quelle espresse da parte cattolica. Quasi
un tentativo di voler captare la benevolenza – a prescindere – di un qualche
ambiente. Manovre e manovrette: forse
schiette, autentiche, trasparenti; forse furbette o furbastre o fatte da
furbacchioni.
Altra nota particolare ha rivestito
un convegno tenutosi nell’area di Pescara, enfatizzato nei confronti dei media
con la sottolineatura di particolari e significative presenze, quali quella di
un soggetto riconducibile alle istituzioni governative di intelligence di un grande stato.
Un modo, questo, che forse intendeva sottolineare l’importanza
dell’evento (guardate: vengono da lontano per vederci, per ammirarci, per
sostenerci); o forse intendeva accreditarsi di un presunto sostegno (guardate:
la presenza del tizio, è significativa rappresentando un segno di quanto
guardino a noi gli americani); o forse intendeva essere di rafforzamento all’etablissement del gruppo (guardate:
vedete quanto siamo forti…non potete fare a meno di vedere in noi il meglio… Amate
il mare? Arruolatevi qui, in marina!)
A seguire, uno screzio - concettuale oltre che dialettico – tra un
alto prelato della Chiesa Cattolica e il rappresentante di un (numericamente)
grande gruppo massonico italiano: soggetto, quest’ultimo, che – ritenendo, a
torto o a ragione, offesi e
colpevolizzati tutti i massoni italiani, di cui si è fatto peraltro portavoce –
ha contestato l’altrui religioso, autorevole, intervento.
Premesso, che, forse contrariamente
ad altri, non ritengo di avere un particolare viatico che mi consenta o imponga
di parlare a nome di ‘tutti’ i massoni italiani ovvero di poterli rappresentare,
facendomene portavoce, non mi interessa fare polemiche o di innescarne. Quindi, parlerò tanto a titolo personale che
da studioso della storia e della fenomenologia libero-muratoria: comunque
tenendo in buona evidenza alcuni punti essenziali, anzi esiziali.
1)
Il
mondo iniziatico in generale e quello massonico in particolare, hanno linguaggi
particolarissimi che includono elementi legati alla Storia, alle Tradizioni,
alle Conoscenze Sapienziali, alle Norme ed alle Regole: tutti questi, non
possono essere sconosciuti a chi si prefigga di operare nel contesto. Diversamente, le parole adoperate, le
motivazioni concepite, le esternazioni proposte, avranno solo il sapore della
mera apparenza e mai il valore della sostanza.
Potranno essere motivi pubblicitari… e di leader di rappresentanza…
2)
Il
respiro laico assunta dalla massoneria moderna
nata nel 1700, si è via via trasformato sfociando oggi in una società ormai
fortemente secolarizzata e scettica, radicalizzandosi in un esasperato laicismo
caratterizzato da un malevolo, quanto aperto, anticlericalismo: che sempre più
frequentemente assume i connotati – anomali - di un attacco alla Chiesa
Cattolica.
3)
Quanto
sopra è opposto alle vere Tradizioni della libera-muratorìa, ed è divenuta una
vera e propria nettissima devianza dagli Antichi e Nobili Ideali.
4)
L’Illuminismo
ha esaurito la sua spinta propulsiva, e non può essere adottato come paradigma
da applicare in parti del Mondo che abbiano avuto radicamenti storici, sociali,
religiosi, idealistici, diversi. Così come è vero che esistono valori ormai
inalienabili per gran parte dei popoli, basati sui concetti di Libertà,
Giustizia, Fraternità, Tolleranza, Solidarietà, Diritti Umani, è altrettanto
vero che ognuno di questi Valori e tutti essi insieme non costituiscono un
modello esportabile o da poter addirittura imporre. E questo anche alla luce dei gravissimi fatti
di cui cronaca e Storia sono all’atto testimoni. Sarebbe il caso di parlare – con molto
ottimismo - di post-Illuminismo, semmai.
5)
Un
regolare contesto massonico, con tutti i propri – numerosi o pochi – aderenti,
non è un ambiente dove si ‘faccia’ politica o si operi a ‘fini’ politici, né è un
ambito dove trattare di ‘chiese’ o ‘assemblee religiose’, o dove si pratichi
una qualche forma di ‘religiosità’ da contrapporre poi – da pari a pari - a
similari forme ‘concorrenti’. I piani
sono del tutto diversi: in modo tassativo, assoluto. Chi cade nella becera tentazione di segno
opposto, sbaglia personalmente e sbaglia ancor più se coinvolge altri iniziati,
sbaglia peraltro moltissimo se costui parli a nome di un raggruppamento,
sbaglia poi enormemente se parli poi a nome di ‘tutti’ (ma ‘tutti’ chi?) i
massoni italiani.
6)
Bene
fa chiunque critiche le anomalie, le contraddizioni, le irregolarità e le
irritualità in cui incorre la Massoneria (certo: ‘certa’ massoneria, poiché nel
generalizzare, si penalizza sempre la parte ‘buona’, che pur esiste). Se poi
tali difformità possano riguardare attività illecite o persino ti tipo
illegale, o settarie, o evocative di certi culti misterici o magici o di
scienze occulte o persino diabolico – anche se le responsabilità devono
ricadere su chi vi incorra, anche in questo caso non generalizzando – la
critica, e anzi la censura, e anzi la repressione/soppressione di queste
pessime formule espressivo-aggregativo, è opportuna. Anzi:necessaria e
dovuta. Questo metterebbe al riparo da
geratuite illqazioni e da generalizzazioni immeritate: quel che c’è di buono,
nella Massoneria, e nelle sue Tradizioni – comunque indelebilmente presenti
nella Storia della Nazioni più evolute, Italia inclusa – va esaltato e preso
come esmpio positivo.
Ciò utilmente premesso, sono certo
che la ‘buona’ Massoneria si pubblicizzi da sola: con discrezione, con
efficacia, in modo concreto e non certo con operazioni di marketing o con abili maquillage
utili solo a dare nuova verginità a chi da tempo l’ha persa. Ma deve farlo
sul doppio binario della massima quanto esemplare espressività culturale (di ottimo livello, ripristinando
appieno l’impronta di vera e propria ‘scuola di pensiero’), nonché
dell’importanza di operare in concreto a livello sociale: per opere di
solidarietà, con altruismo e senso sociale.
Ecco che allora i tanti proclami, le
tante enunciazioni - per lo più privi di un costrutto che ne contraddistingua la
validità e la sostanza - assumono la loro vera valenza.
Uscite tutt’al più di pura
propaganda, inclusa la finalità del marketing:
il tutto tipico dei club service; sistema
corretto nelle associazioni che fanno
della convivialità il luogo per propiziare amicizie d’affari e per farne, e non certo nella massoneria.
Che è tutt’altra cosa. E sono le
Tradizioni più antiche e genuine – quelle delle Antiche Pietre - e la Storia a
testimoniarlo: dai Tempi più antichi.
Per me e per i miei fraterni Amici
testi da alcuni ritenuti ‘fondamentali’ anche solo da chi ha iniziato da poco a
leggere di Massoneria, sono puramente da leggere nei contenuti, al fine di
poterne analizzare, confrontare e criticare non solo il testo quanto i
contenuti, in prima e seconda lettura. Questo perché non tutti i libri sono da
considerarsi ‘esemplari’ e quindi da prendere ‘a campione’: moltissimi sono
frutto di grossolani equivoci intellettuali in cui è incorso chi li abbia
scritti e, ancor peggio, chi – nel tempo – li abbia presi per ‘oro colato’. Ecco quindi che nella mia, nella ‘nostra’
biblioteca, alcuni tipi di testi – una volta letti, con discernimento - li
poniamo in un angoletto remoto, molto
remoto: i vari testi contenenti sottili ed invadenti fraseggi anticristiani,
anticattolici, persino atei, tendenti
alla malignità e contigui a posizioni simili a quelle assunte da sette di tipi
malefico… ecco, simili testi non ci impoegnano np ci intrigano.
Noi preferiamo operare nel solco
delle Tradizioni più antiche ed autentiche, rifacendoci alla linea della
Massoneria delle Antiche Pietre e quindi allo Statuto di Strasburgo del 1459
adottato dai Liberi Tagliatori Tedeschi della Pietra, il cui solenne incipit è
In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e
della gloriosa Madre Maria, alla memoria eterna dei Santi Quattro Coronati,
loro beati servi…
Per
noi, questa è la Massoneria che ci piace, cui ci riferiamo, cui ‘crediamo’.
Tutto
il resto è solo cronaca spicciola, quotidiana, scritta sulla sabbia del tempo,
e non sulla roccia: a noi ciò poco interessa, avendo preferito l’opposto.
E gli
altri? Facciano pure come loro meglio possa far piacere. Ciascuno è libero di
suonare e cantare la musica che più gli piace: ma, con onestà intellettuale e
materiale, non assuma un ruolo impossibile, ambendo di poter parlare a nome di
tutti indistintamente i Massoni d’Italia.
Altra
passerella di sciocchezze pochi giorni orsono, a Roma, alla proiezione serale
di immagini della Natura sulla solenne facciata della Basilica di San Pietro, a
testimoniare l’ultimo, fermo, autorevolissimo, appello ai Governi del Mondo per
salvare un Mondo quasi irrimediabilmente inquinato. L’evento ha suscitato in taluno reminiscenze
ed emozioni del tutto ‘particolari’: al
punto da voler vedere in tale proiezione, e forse in chi l’aveva ideata ovvero
autorizzata, un intento/una manifestazione di tipo ‘massonico’. Questa, basata
sull’uso di messaggi di tipo simbolico- esoterico, oltre che per il riferimento alla 'LUX', alla Luce. Così – sostenevano questi ‘pensatori’
– si avvalorava le fanta-tesi di un Vaticano ‘sensibile’, oggi più di ieri, ai ‘lampi’
rivelatori di novelli Illuministi avvezzi all’uso degli strumenti della libera
muratorìa.
Mah!
Francamente, si tende ad esasperare tutto: troppo. E male! Specie da parte di
quanti stentano a parlare il linguaggio dei più autentici cultori dell’Arte
Reale e degli Alti e Nobili Ideali della muratorìa, per parlare solennemente quel
massonichese più congeniale a tutti quei deleteri massoni-fai-da-te
che ormai hanno infestato il quadro complessivo della Massoneria in Italia.
Certo:
a ben vedere, i simboli (dai più arcaici a quelli successivi) si sono ripetuti
nei secoli, riproponendosi e arricchendosi – con il passare dei tempi – con sfumature
valutative e interpretative diverse, frutto soprattutto dello sviluppo
socio-culturale delle genti. Ma, per
chi abbia la sensibilità e la giusta conoscenza, tutto è simbolo e tutto è
altrettanto simbolicamente rappresentato: anche al di là delle volontà. Quindi,
in questo ricco ed articolato settore, tale tipo di rappresentazioni susciterà
sempre sensazioni antiche e riflessioni legate alla capacità individuale tanto
di cogliere che di interpretare. E, a proposito della LUX sopra citata, credo che anche Nabucodonosor nelle cerimonie cui presenziava, venisse riferito - o trovasse riferimenti cerimoniali - alla Luce del Sole: ma non per questo possiamo sostenere che il monarca fosse 'massone' o ne avesse un qualche sentire! Quindi, i voli pindarici facciamoli fare agli sprovveduti ed ai sognatori... è, d'altronde, il loro settore!
I
simboli, nati nella note dei tempi, non sono solo una prerogativa massonica:
sono un patrimonio comune. La differenza
la fa l’Uomo, con il suo bagaglio di conoscenze, con la sua intelligenza, con i
suoi studi, con le sue esperienze: specie se abbia in se non solo la Scintilla
Divina ma anche quella Luce che lo guida
nella via del Bene.
Roma, 17 Novembre 2015
Giuseppe Bellantonio
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mercoledì 25 novembre 2015
TOTO' IN CHIAVE ESOTERICA
Il nome dell'Ill.mo Fratello Virgilio Gaito - per lungo tempo ai vertici del GOI - è ben noto ed apprezzato tanto nell'ambito della Massoneria Italiana che in quello della Libera Muratoria mondiale.
La sua visione lungimirante e concreta è sempre attuale ed i suoi scritti continuano a rappresentare un solido insegnamento per quanti desiderino apprendere e confrontarsi anche su temi solo all'apparenza agevoli, facili.
Abbiamo già ospitato un suo pregevole scritto ed oggi - per sua espressa, fraterna e delicata concessione - possiamo sottoporre ai nostri Lettori una sua Tavola di oltre 15 anni fa dedicata alle tematiche soteriche e simboliche di cui ricca portatrice la poesia di Totò "'A livella".
Tavola di cui lasciamo integro ogni originale particolare, nel rispetto tanto dell'Illustre Autore che del contesto ove egli era all'epoca attivo.
La sua visione lungimirante e concreta è sempre attuale ed i suoi scritti continuano a rappresentare un solido insegnamento per quanti desiderino apprendere e confrontarsi anche su temi solo all'apparenza agevoli, facili.
Abbiamo già ospitato un suo pregevole scritto ed oggi - per sua espressa, fraterna e delicata concessione - possiamo sottoporre ai nostri Lettori una sua Tavola di oltre 15 anni fa dedicata alle tematiche soteriche e simboliche di cui ricca portatrice la poesia di Totò "'A livella".
Tavola di cui lasciamo integro ogni originale particolare, nel rispetto tanto dell'Illustre Autore che del contesto ove egli era all'epoca attivo.
Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliadi De Curtiis di Bisanzio -, più semplicemente, il nobiluomo Antonio De Curtiis: in arte Totò - fu un Illustre Iniziato Massone; conobbe la Luce nelle Logge della Comunione di Piazza del Gesù - per intenderci, quella attiva in Piazza del Gesù 47 - ed i suoi Fratelli di Loggia lo assistevano nelle prime - non facili - rappresentazioni in pubblico.
In epoca successiva, già insignito di Alto Grado del RSAA, lasciò tale Comunione per aderire ad altro contesto iniziatico: ma mantenne sempre rapporti di alto livello con i suoi Fratelli dell'Ordine di provenienza, che chiamava "i miei Fratellini della mia prima vera Casa" (così, nei vivi ricordi del nostro Car.mo Fr. Vincenzo Sprovieri: oggi all'Or. Eterno).
Di Totò-Massone si sa molto ma in realtà si sa poco, avendo egli mantenuto sempre un profilo improntato a discrezione e, proprio in tale seconda sua fase, ad una sempre più rarefatta frequentazione dei Lavori della Loggia di cui era parte.
Leggendo la sua poesia "'A livella" possiamo capire molte e molte cose della sua sensibilità di Uomo e di Artista, prolifico poeta, drammaturgo, paroliere e cantante.
Ma ancor più possiamo comprendere di lui e del suo pensiero leggendo questo incisivo, esperto e profondo tracciato dell'Ill.mo Fratello Gaito, cui va il mio personale plauso e ringraziamento, non dimentico delle sue parole di sincero apprezzamento rivolte alla Memoria di mio Padre, il Gran Maestro Francesco Bellantonio.
Roma, 25 Novembre 2015 Giuseppe Bellantonio
'A LIVELLA
Ad un tratto egli vede
materializzarsi vicino alle rispettive tombe le figure di un nobile arrogante e
agghindato lussuosamente e di un povero netturbino umile, ossequioso e mal
vestito che viene accusato dal primo di lesa maestà per essersi fatto
seppellire in una tomba modestissima, abbandonata, proprio accanto alla sua che risplende di luci, fiori
e iscrizioni altisonanti.
L'accusato dapprima si
schermisce con una disarmante chiamata di correo: se fosse stato per lui, non
avrebbe mai osato tanto, ma la decisione è stata presa dai familiari ed egli,
essendo morto, non si è potuto opporre.
Di fronte al tono villano
del nobile che gli intima di trasportare immediatamente le sue umili e
maleolenti spoglie ben lontano dal proprio rutilante sepolcro per non dover
trascendere alla violenza non consona al suo rango, lo spazzino ha un sussulto
di orgoglio e gli ricorda che la Morte è una livella che cancella ogni pompa
terrena e rende tutti uguali al suo cospetto.
E conclude, con infinita
saggezza: "nuje simmo serie... appartenimmo â morte!".
Nella molteplicità di
messaggi sul mondo degli uomini che Totò ha consegnato alle sue poesie,
semplici e perciò alla portata di qualsiasi lettore, ma proprio per questo
maggiormente idonee a stimolare profonde riflessioni, si coglie un invito alla
semplicità, alla riscoperta dei valori genuini, alla fratellanza,
all'uguaglianza, alla libertà, all'Amore.
E, se pure l'affresco de
"A livella" si conclude agli occhi del profano con la
rappresentazione della maestà della Morte che impone serietà nel senso del
superamento di ogni motivo di divisione, di separatezza, di incomprensione, di
odio, di sopraffazione, per noi Iniziati il messaggio del Fratello Antonio De
Curtis richiama subito alla mente l'esortazione del Maestro Venerabile
all'apertura dei lavori di Loggia: "Tutto in questo Tempio deve essere
serietà, senno, benefizio e giubilo".
E' questo un imperativo
categorico scaturente proprio dall'Iniziazione che ciascuno di noi ha
drammaticamente vissuto.
Nella vita di un uomo è
infatti possibile morire due volte, l'una quando il nostro corpo si disgiunge
dal cosiddetto spirito vitale e si corrompe rapidamente trasformandosi in
cenere, l'altra quando si attraversa il sipario di fuoco che separa il profano
dal sacro e si diventa iniziati.
In greco iniziare è espresso
dal verbo "TELEUTAI" e significa far morire. Iniziare infatti è come
far morire, provocare la morte. Ma non si tratta di una morte totale,
definitiva, sibbene di un'uscita, del raggiungimento di una porta che dà
accesso ad un'altra dimensione: infatti all'uscita succede un'entrata.
L'iniziato passa da un mondo a un altro e da ciò subisce una trasformazione;
egli cambia di livello, diviene diverso.
Ecco qui tornare il
significato della livella attribuito da Totò alla Morte, intesa come
conclusione di un percorso terreno strepitante di metalli ed avvio al
raggiungimento della Verità alla quale l'Iniziato deve accostarsi con serietà
affinché il proprio Tempio interiore, nella pace conquistata, possa trarre
"benefizio e giubilo".
La morte iniziatica è morte
al mondo in quanto superamento della condizione profana così che il neofita
sembra subire un processo di regressione, la sua rinascita è paragonata a un
ritorno allo stato fetale nel grembo
della madre. Certamente, egli penetra nella notte, ma, se questa assomiglia al
buio del seno materno, la notte dell'iniziato assume la vastità e - non appaia
contraddittorio - la luminosità della notte cosmica.
E di questo significato così
profondo ed esaltante dell'Iniziazione massonica ci giunge testimonianza da uno
dei più grandi geni espressi dall'Umanità, Wolfgang Amadeus Mozart, quando,
nella celebre lettera del 4 aprile 1787 al padre Leopoldo, anch'egli divenuto
Massone, così si esprime: "Poiché la Morte, tutto considerato, è la vera
meta della nostra esistenza, mi sono talmente avvicinato in questi ultimi anni
a questa buona e fedele Amica dell'umanità che la sua immagine non mi incute
più terrore, ma invece mi consola e mi conforta! E ringrazio Iddio di avermi
dato modo (sapete ciò che intendo) d'imparare che la Morte è la chiave che apre
la porta alla nostra vera felicità".
Il divino Mozart sapeva
infatti che l'iniziazione segna l'ingresso irreversibile in una dimensione
spirituale dove è quella vera felicità da lui religiosamente ricercata per
tutta la sua vita terrena.
Poiché la Massoneria, come
mirabilmente affermava il Fratello Johann Gottlieb Fichte, libera l'uomo dalla
sua religione per elevarlo alla dignità di uomo universale che tuttavia ha una
sua religiosità, una necessità del sacro ove regna la felicità, intesa come
perfezionamento di se stessi ed elevazione dello spirito verso l'Essere
Supremo.
E l'intima conoscenza della
Morte si avverte nelle composizioni mozartiane a carattere religioso quali le
"Messe" e, soprattutto, il celeberrimo "Requiem", nelle
quali è trasfusa la religiosità propria del Massone che, librandosi al di sopra
dei dogmi, indica all'Umanità una via universale di salvezza fondata sul
miglioramento di sé conseguibile con quella Iniziazione che ha segnato la morte
alla vita profana.
Ma il fratello Antonio De
Curtis, nel paragonare la Morte alla livella ben sapeva, da quel perfetto Iniziato
che era e che ha donato tanta felicità a milioni di esseri umani, che tale
strumento, nella simbologia massonica, è uno degli elementi più importanti.
Egli conosceva profondamente
il valore del simbolo.
In greco antico il termine
"symbolon" si collega al verbo "synballein" che significa
"mettere insieme", "unire", da cui una prima accezione del
simbolo come di concetto che è racchiuso dapprima in forma palese a chi ne sia
l'autore e poi sempre più ermetica per tutti coloro che nel tempo e nello spazio
siano lontani dal suo processo formativo.
In origine, si chiamava
simbolo (in Roma, "Tessera hospitalis") un oggetto che indicava il
legame di ospitalità tra famiglie o città, spezzato in più parti, ciascuna
delle quali rimaneva a uno dei contraenti il legame, e che, nel loro
combaciare, valevano come segno di riconoscimento.
Ecco di nuovo il concetto di
unione che ritorna in maniera plastica a significare la solidarietà tra tutti
coloro che fossero legati da un vincolo inizialmente di ospitalità, ma via via
più ampio fino a ricomprendere un credo, una filosofia, una scienza, una
conoscenza.
Nel mondo moderno,
l'interpretazione tende ad astrarre dall'elemento materiale. Oggi la più nota e
diffusa accezione del simbolo, quella ispirata da Nietzsche e da Freud, lo
concepisce come occultamento e maschera che, comunque, contenga più di quanto
non dica esplicitamente. E questo "di più" è interpretato dal grande
studioso Paul Ricoeur come una peculiare trascendenza del simbolo rispetto a
coloro che lo interpretano.
Sicchè non a caso il
Fratello De Curtis si è poeticamente ispirato alla livella che, insieme al filo
a piombo o perpendicolare, si ritrova nei gioielli dei due Sorveglianti la cui
dualità corrisponde a quella delle due colonne del Tempio di Salomone.
Sappiamo che la livella è
costituita da una squadra giusta alla sommità della quale è sospeso un filo a
piombo. Il suo scopo essenziale è quello di determinare l'orizzontale, ma al
tempo stesso essa determina anche il verticale. Ecco una prima approssimazione
dell'immagine della Morte accoppiata alla posizione supina, orizzontale del
defunto, ma, nel contempo, alla elevazione verticale della sua anima verso il
cielo.
Ma, ancor più profondamente,
la struttura della livella ci permette di ricollegare il suo simbolismo a
quello della croce delle dimensioni cosmiche: manifestazioni della Volontà
celeste al centro del cosmo, illuminazione armonica a livello cosmico dove il
nostro spirito raggiungerà la Verità.
Non dimentichiamo che la
livella è il gioiello del I Sorvegliante al quale sono affidati i Compagni
d'Arte i quali sono passati dalla perpendicolare (gioiello del II Sorvegliante
che vigila sugli Apprendisti) alla livella, realizzando così quella maggiore
illuminazione che deriva dalla conoscenza dell'attività celeste, così che il
Compagno é preparato ad affrontare senza paura la prova suprema che lo attende
nella Camera di Mezzo, suggello della Maestria conquistata.
E, infatti, nella Squadra
che adorna il gioiello del Maestro Venerabile si ha la sintesi dei significati
simbolici della Perpendicolare (equilibrio) e della Livella (equanimità) dai
quali deriva l'autorevolezza connessa alla rettitudine.
Ma non va dimenticato che
simbolo può essere ricollegato anche ad una qualifica e non a caso Il Fratello
Antonio De Curtis ha posto al centro del suo affresco poetico la figura del
netturbino, un mestiere utile alla collettività che va liberata dalle proprie
scorie e collegato quindi ad un'esigenza di pulizia, di purezza, di riscatto
dalle brutture del mondo, di catarsi, di rigenerazione.
Ecco il trasparente richiamo
al lavoro dell'Apprendista, tenuto a sgrossare la propria pietra grezza per
mondarla delle sue asperità e delle sue impurità, rendendola così degna di una
progressione iniziatica verso la conoscenza, ma anche idonea ad incastonarsi
perfettamente nel disegno divino del miglioramento dell'Umanità.
Peraltro tutto il
comportamento di quel netturbino, modesto solo all'apparenza, ma ben fiero
della propria dignità di uomo onesto, consapevole della propria missione
purificatrice, tanto da ribellarsi alla minaccia alla sua libertà profferita
dal nobile tracotante, e da erigersi a saggio educatore e, nel contempo, di
difensore della libertà e della dignità di tutti ci rende consapevoli che Totò
ha voluto simboleggiare nella figura del netturbino non tanto quella
dell'Apprendista quanto piuttosto quella del Maestro.
Con le semplici, ma incisive
parole del povero svillaneggiato netturbino:
"ccà dinto, 'o vvuò capì, ca simmo eguale?....
Muorto si tu e muorto so pur'io;
ognuno comme a'n'ato è tale e qquale"
il nostro Fratello Totò ci insegna infatti dapprima ad essere realisti,
a privilegiare l'Uguaglianza pur nella diversità.
Più oltre, l'ammaestramento
si arricchisce del valore dell'umiltà quando commenta il significato della
Morte come livella:
"Nurré, 'nu magistrato, 'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme".
E, infine, quando esorta il
nobile:
"stamme a sentì...nun fa' 'o restivo,
suppuorteme vicino - che te
'mporta?
Sti pagliacciate 'e fanno sulo
'e vive",
quel vero Iniziato fa appello alla Tolleranza che nutre di sé la
Fratellanza, quel sentimento che, intriso di Amore, rende consapevoli
dell'osservanza dell'imperativo categorico: " Conosci Te stesso ",
habitus di ogni Massone nel Tempio, dove tutto deve essere "serietà,
senno, benefizio e giubilo".
Soltanto a un profano
sprovveduto, dunque, "'A livella" può apparire una suggestiva lirica,
sorprendente in un grande comico, inneggiante alla maestà della Morte che tutto
annienta e pareggia.
A noi Iniziati il Fratello
Antonio De Curtis ha invece regalato una Tavola di straordinaria profondità
nella quale, con mirabile sintesi e semplicità ci guida da impareggiabile
Maestro col dolce sorriso dell'intelligenza, nelle verdi praterie dell'Armonia
universale dove regnano bellezza, bontà, verità, figlie dell'"Amor che
muove 'l sole e l'altre stelle".
Quell'Amore che dovrebbe
guidare noi tutti sempre e dovunque in una ininterrotta Catena che, ancora una
volta, il Fratello Totò invoca dal cosmo per un'Umanità migliore in una delle
sue più brevi ma non meno profonde e delicate liriche: "'A cunzegna"
"'A sera quanno 'o sole se
nne trase
e dà 'a cunzegna à luna p' 'a nuttata,
lle dice dinto 'a recchia: «I' vaco â casa:
t'arraccumanno tutt' 'e nnammurate»
Non più nobili e netturbini
dunque, ma Uomini veri affratellati dall'Amore nel rispetto reciproco della
dignità e della libertà.
A.'. G.'. D.'. G.'. A.'. D.'. U.'.
VIRGILIO GAITO
M.'.
V.'. della R.'.L.'.
PISACANE
DI PONZA HOD n.160
all'Or.'.
di Roma
9 marzo 2001 E.'.V.'.
sabato 7 novembre 2015
EQUIVOCI ED EQUIVOCITA'... (seconda parte)
EQUIVOCI
STORICI ED EQUIVOCITA’ PERSONALI
(seconda parte)
Nella ‘prima parte’ di questo scritto
ho espresso delle mie valutazioni d’ordine certamente generale, ma è ovvio che
nessun contesto organizzato è – in assoluto – esente dalla fenomenologia
descritta: tantomeno la Comunione di Piazza del Gesù, nel cui contesto e per
lunghissimi anni – direi, da sempre - ho avuto il privilegio di operare.
Mi indirizzo ora proprio verso questo
contesto per chiarirne agli altrui occhi alcune peculiarità: poco note
all’esterno ma del tutto note a chi vi possa aver operato, con pienezza
d’intenti, saldezza nei principi, consapevolezza e coscienza.
E’ risaputo e documentato – tanto in
Italia che all’Estero - come detta Comunione da sempre operi nella costante
ricerca dell’Unione Massonica e come ciò sia stato sempre un obiettivo reale e
concreto cui ha costantemente teso l’azione degli Illustrissimi Gran Maestri e
dei Potentissimi Sovrani della Famiglia Massonica di Piazza del Gesù. Purtroppo,
difficilmente lo spirito che permeava il loro agire ha trovato rispondenza
piena, costante e leale nell’altrui comportamento: spesso camuffato per meglio
ottenere il proprio tornaconto; colpa della natura prettamente umana dell’Uomo,
fallibile pur se perfettibile.
In qualunque caso, mai si è potuto dire che la
Storica Comunione di Piazza del Gesù non sentisse la forte esigenza di tendere all’unione dei
Massoni Italiani, o che i suoi vertici non fossero disponibili a porre sul
tavolo delle trattative ogni loro prerogativa per agevolare il concretizzarsi
di un qualche tentativo: è stato messo sul piatto della trattativa il classico maglietto,
simbolo dell’Autorità e del Potere Simbolico.
Gesto, questo, che in verità – dal 1908 in poi – per ben sei volte si è verificato
nella Comunione, e per altrettante volte è naufragato per le altrui
responsabilità!
In tale azione, come non smetto di sottolineare ad
ogni occasione, noi Massoni di Piazza del Gesù – così immensamente ricchi di
Storia, ma anche tanto segnati dalla Storia stessa: come un maleficio che ci
abbia voluto tenere separati – siamo sempre stati avanguardia intelligente,
razionale e coerente; non è un caso se tutti
hanno sempre teso a “copiarci”, se tutti hanno sempre ambito ad impadronirsi di
qualcosa
di nostro, anche saccheggiando qualcosa del nostro inestimabile patrimonio. Ma rubare una macchina non equivale a
saperla costruire, ovvero a conoscerne le tecniche costruttive ed i materiali!
Il patrimonio dei primi massoni regolari
in Italia, degli unici ad essere riconosciuti, dei soli AA.LL.AA.MM. – Antichi
Liberi ed Accettati Massoni - correttamente da sempre operanti come tali e
quindi riconosciuti a livello internazionale, degli unici a potersi
fregiare dell’appellativo di Comunione Italiana: originato con la
deposizione del proprio maglietto da parte di Domizio Torrigiani (GOI)
nelle mani di Placido Martini (Piazza del Gesù)!
Tutto il resto… è noia; è scopiazzatura; è
appropriazione indebita di un qualche documento, di un qualche attributo, di
una qualche parte del nostro corpus; è atteggiamento falso e
truffaldino per non aver rispettato dei patti; ma è stata anche nostra
eccessiva fiducia negli altrui impegni, nell’altrui parola d’onore, ma anche nelle
(vane ed inefficaci) garanzie internazionali…
Questa è stata ed è la Comunione di Piazza del Gesù: protagonista e
vittima della propria unicità.
Non é un caso se tutti coloro che hanno preso
strade via via diverse dalla nostra hanno sempre ambito a imitarci, carpendo o
tentando di carpire un qualcosa che potesse farli apparire ‘come se fossero’,
pur ‘non essendo’: in
particolare mi riferisco a chi si è voluto definire obbedienza ed a chi abbia
voluto definirsi discendenza di quella che amo definire la nostra Nobile Stirpe
– se c’è un’Arte Reale, ci sarà pure una
Nobile Stirpe che la vive e la pratica -: e ciò, pur non avendone titolo,
legittimità e soprattutto le qualità intrinseche: storiche, morali e materiali,
ritualistiche ed etiche.
Insomma, si è sempre cercato e si cerca ancora
di imitare il nostro stile, la nostra stessa impronta, le nostre tradizionali
linee di pensiero e di azione.
Taluno ha addirittura sezionato la toponomastica di
Roma, per porsi in una qualunque prospettiva che potesse consentirgli di
ricondursi – nella ricerca spasmodica di una qualche parvenza di regolarità e/o
legittimità – a quella Piazza di Roma che ha il nome di Piazza del Gesù. Nello stesso modo con cui, sempre soggetti di
tale genere, arrivano ad indicare sulle loro carte di operare in Roma – ovvero,
allo Zenit di Roma – senza però esservi stabiliti… Misteri
di quel massonismo italico dal tanto fumo e dal poco arrosto, animato
dalla logica dell’apparire piuttosto che non dell’essere!
Anche se alcuni termini vengono artatamente
adoperati per identificare un Gruppo,
una Famiglia massonica o una Comunità iniziatica, specifichiamo bene:
“obbediente” può dirsi di
qualcuno che – ancora adesso – stia all’obbedienza di qualcun altro, sia
obbediente e quindi sottomesso alle sue disposizioni e ne segua le direttive;
quindi, chi si dichiara “obbediente” non é coerente con la sua asserita
autonomia decisionale, ma ha solo scimmiottato una terminologia per spuntare un
qualche accredito, tanto al proprio interno che
all’esterno.
Figuriamoci come sia ancor più difficile e
temerario definirsi “discendente”
di qualcuno, senza averne l’impronta: il DNA paterno o materno, che dir si
voglia, al pari della continuità nella trasmissione di dette caratteristiche. Salvo che non si voglia metaforicamente quanto
simbolicamente ricondursi alle origini: tutti discendiamo da un Adamo e quindi dalla sua metà, Eva; analogamente
tutti discendiamo dal primo Libero Muratore,
dal primo Maestro di Pietra; ossia dal primo Libero Massone, ossia dal primo
Maestro esperto nell’Arte della Geometria e della Matematica, e quindi dell’Esoterismo
e del Simbolismo, come pure delle magie dell’Alchimia – antesignana delle
scienze fisiche e chimiche -. O ancora: in ipotesi tutti potremmo discendere dalla
prima Loggia o Gran Loggia dell'Antichità (atlantidea, egizia, mesopotamica, indiana,
tibetana, incaica, maya...), o altro ancora di simil-vero ma non vero… quantomeno se ci riferiamo al fattore tempo ed
al filo della riconducibilità ossia della connessione. Quindi parliamo di discendenze
solo presunte: ammiccanti, luccicanti… un po' come “l'oro di Bologna, che però si fa nero per la vergogna”.
Come in ogni indagine scientifica, però, è bene
chiarire che la legittimità di un qualcuno non é solo nei pezzi di carta
incorniciati, non è solo nella sbandierata esclusività dell’apparenza; non è solo
nel luogo che si occupano; non é certo solo nella ricerca – in fondo ad un qualche
baule – di una vecchio Decreto di Costituzione (che altro non potrebbe dirci se
non “dove e quando, ed in quale
circostanza, noi siamo stati” un certo giorno); non é solo nei ricordi o nelle
affabulazioni (ho preso un caffè con… ho parlato con… ero vicino a lui… mi ha
stretto la mano… eravamo lì anche noi… ho visto… ho letto…) fatti peraltro da
chi di certo “non c’era”; non é solo nelle solenni assicurazioni di
chi si affanna a dichiarare di proseguire l’opera di questo o quello tra gli
Illustri Nomi del passato (che magari non
hanno mai conosciuto; c’è poi, anacronisticamente, chi cita indifferentemente
l’azione dell’uno o dell’altro: come se avessero mangiato alla stessa mensa,
fin da quando erano insieme all’asilo… come se avessero vissuto le stesse
battaglie… come se avessero percorso le stesse strade, gli stessi pensieri…
come se, in una realtà assolutamente immaginaria, fossero stati insieme… o almeno
qualche volta ne avesse raccolto i pensieri…); non é solo nelle mere
registrazioni di nomi o altri atti (quasi a volersi forzatamente appropriare di
un qualcosa che “non é” né può essere proprietà o feudo personale (in quanto è “patrimonio comune”; ossia,
talvolta si é cercato di fissare solo sotto il profilo cartaceo un qualcosa di
cui farsene bandiera, spesso per avere un comodo alibi finalizzato a coprire le
proprie irregolarità, le proprie grossolane lacune... e per andare
tranquillamente in giro a pavoneggiarsi e andare a caccia di sprovveduti da
‘sottoporre’ a iniziazione!).
Queste cose,
le lasciamo agli altri: ai piccoli uomini che non riescono ad
essere neanche modesti massoni, senza una loro autentica storia per giunta. Figuriamoci se possono surrogarsi ai veri,
autentici, genuini Massoni della nostra Storica Famiglia, tentando – senza
poterci riuscire - di insinuarsi subdolamente
nella nostra Storia e nelle nostre Tradizioni.
Perché qui é la vera chiave di lettura: nessun
altro, se non noi, “é” la Comunione Italiana; nessun altro, se non noi,
“esisteva” prima degli altri; nessun altro, prima di noi, “stava” a Piazza del
Gesù; nessun altro, prima di noi, era “conosciuto” e “riconosciuto” Massone in
rappresentanza dell’Italia.
Ma non solo.
La nostra regolarità, la nostra unicità e la
nostra legittimità, sono nella continuità: anche nel portare con noi
questo ‘bagaglio storico’.
Una
continuità “ininterrotta” in quanto mai sono state spente le Luci del Tempio,
né mai sono stati dichiarati “chiusi” – e quindi definitivamente “conclusi” i
Lavori della nostra Famiglia: in alcuna circostanza: men che meno allorché il
GOI e Piazza del Gesù si riunificarono nel 1973, per poi ri-separarsi
pochissimo tempo dopo (ricordiamolo agli immemori: la responsabilità venne
pubblicamente ascritta all’allora GM del GOI Salvini che fin da subito non
rispettò gli accordi sottoscritti, in ciò fieramente contrastato dal GM
Bellantonio e da chi era fedele alla Storia ed alle Tradizioni di Piazza del
Gesù).
E la nostra regolarità – volendo dire in modo anche
provocatorio che in Italia siamo
tutti “irregolari” – sta proprio nello svolgere in modo regolare
i nostri Lavori: sotto il profilo
ritualistico, lessicale, statutario, persino scozzese.
E già questo – ossia il lavorare in modo regolare
- fa la fondamentale differenza, in un panorama Massonico nazionale del tutto
deprimente, dove l’inventiva ed il pressapochismo sono dominanti: pensate,
pochi giorni fa da una fonte serissima (e depressa, nella circostanza), ho
appreso che un azzeccagarbugli abile in massonismi
e massonichese – forse, uno di quelli
che vive
di massoneria e non per essa, e che, evidentemente, Massone non è: anche se
sedicentesi gran maestro o sovrano di questo o quel micro-regno – si vanta di
aver acquistato da un altro soggetto – a sua volta, altro gran maestro e
sovrano di un qualcosa di lillipuziano – i ‘diritti’, le ‘carte’ e le ‘patenti’
per sostenere una qualche riconducibilità storica ovvero una di lui qualche
regolarità! Cose incredibili, assurde!
Ora: se parlassimo di una soap o di un reality,
il fatto che se ne possano acquistare i ‘diritti’ è una cosa normale e che non
suscita meraviglia; nel nostro caso ciò è invece letteralmente blasfemo!
Un insulto ai buoni Massoni e all’altrui intelligenza, un’oscenità nei
confronti di quegli Alti Ideali Muratorii per cui in molti versarono il proprio
sangue, un illecito che meriterebbe ben altra sanzione che non quella solo morale!!! E tutto per pavoneggiarsi, per vanagloria, per
vendere meglio fumo a quei poveracci che hanno la disgrazia di subire colà una
iniziazione-farsa ma anche una iniziazione-truffa.
Torniamo ora a noi.
La nostra vera ed esclusiva continuità é nella
nostra stessa matrice genetica: una
matrice che trova identità certa non solo nelle consanguineità fisiche, ma
anche nelle affinità elettive, intellettuali, etiche, morali ed affettive riposte
nell’Ideale Massonica e nel valore assoluto della Tradizione: così seguendo sempre
un’unica linea, un’unica ratio massonica, fatta in buona parte di fede e
di fedeltà, ma anche di uno spessore tale da suscitare ancora oggi delle
malcelate e grossolane invidie.
E’ proprio
la nostra comunanza di stirpe – sotto il più ampio profilo, assimilabile
al significato del termine latino gens - che lega il passato al presente, al futuro
stesso della nostra Comunione e della stessa Massoneria Italiana: una comunanza
che nessun altro ha, e che testimonia l’esistenza – ininterrotta – di un unico
filo conduttore, di un unico legame ideale e reale dell’oggi con il passato:
peraltro, unico elemento certo per un’attiva e concreta presenza futura.
Io ho avuto
l’onore ed il privilegio di esserne stato Gran Maestro: un Gran Maestro eletto
liberamente e regolarmente dai Venerabili in una regolare Tornata di Gran
Loggia, secondo le attuali Regole della Massoneria Internazionale.
Il mio cognome che, rappresenta non solo una grande responsabilità etica
e materiale verso la Memoria del mio Illustre Genitore - il compianto Gran
Maestro Francesco Bellantonio: colui che diede grande lustro alla nostra
Comunione, portandone il seme vitale fino
alle soglie del terzo Millennio -, ma rappresenta anche un impegno importante
moralmente in quanto é l'unico vero legame storico, certo, affidabile ed
incontrovertibile della continuità di Piazza del Gesù - da Lemmi a Fera, da
Palermi a Martini, da Ceccherini a Bellantonio: tutti nella costanza della loro
grande autorità ed autorevolezza e delle legittimità che rappresentavano e che
rappresenteranno: Storia alla mano. Da
Ceccherini a Francesco Bellantonio, da questi a Giuseppe che – ancora oggi – impersonifica e testimonia la continuità del filo conduttore
della nostra Storia e tanto della nostra regolarità che della nostra legittimità
nel proseguire a giocare un ruolo nel contesto della Massoneria Italiana.
Il
tutto, comunque, è stato sempre assistito dalla presenza di Alti Dignitari,
Grandi Ufficiali, e Potentissimi Fratelli che hanno prestato le loro Capacità,
la loro Saggezza, la degna copertura dei loro Uffici, ora nell’uno ed ora
nell’altro dei Gran Consigli dell’Ordine: testimonianza attiva, la loro, di un
proseguire perenne.
Tutto il resto non é Storia e non fa Storia: qualunque pezzettino di carta -
vero o solo virtualmente reale - che possa esser tirato fuori, a guisa di
coniglio dal cilindro del prestigiatore di turno, non fa testo se non per
auto-eccitare chi si sforza di magnificarne i contenuti, ovvero è utile solo
per essere esibito da chi intenda dimostrare - o, meglio, per far credere - che
gli asini volino, o – al massimo – che, mentre volano, poter sostenere “io c’ero”… o che “che bello il volo dell'asino… bellissimo!”.
Ma cosa importante sotto il profilo della continuità della originaria ed autentica stirpe di Piazza del Gesù, è che identico passaggio di testimone – ideale e di Ideali -, ha legato nel tempo, seppur temporaneamente, anche altri tre Illustri nomi: quelli degli Illustri Fratelli Giuseppe Piacentini, A. Ceccherini e F. Ceccherini - il primo, figlio del nostro Sovrano Piero Piacentini ed i secondi nipoti di quel Tito Ceccherini che, in modo eccellente, con autorevolezza e con rilevante spessore storico e sociale, fu nostro Gran Maestro e Sovrano, guidandoci con mano ferma a cavallo tra il dopoguerra e l'inizio del boom economico, fino agli anni settanta del secolo scorso.
Ma cosa importante sotto il profilo della continuità della originaria ed autentica stirpe di Piazza del Gesù, è che identico passaggio di testimone – ideale e di Ideali -, ha legato nel tempo, seppur temporaneamente, anche altri tre Illustri nomi: quelli degli Illustri Fratelli Giuseppe Piacentini, A. Ceccherini e F. Ceccherini - il primo, figlio del nostro Sovrano Piero Piacentini ed i secondi nipoti di quel Tito Ceccherini che, in modo eccellente, con autorevolezza e con rilevante spessore storico e sociale, fu nostro Gran Maestro e Sovrano, guidandoci con mano ferma a cavallo tra il dopoguerra e l'inizio del boom economico, fino agli anni settanta del secolo scorso.
Questi
sono i semplici motivi per cui noi Massoni della Comunione Italiana detta di Piazza del Gesù,
nella nostra vita massonica non abbiamo mai accettato né di essere usati né di usare gli altri, né di prestarci ad esperimenti o alchimie solo per compiacere qualche
tracotante e borioso soggetto: abbiamo sempre vissuto la
Massoneria con coerenza e correttezza, persino con umiltà e semplicità e non
smetteremo in alcun modo di seguire questa nostra strada.
Diversamente,
sarebbe fare del teatrino a beneficio di chissà chi o di chissà cosa: certamente non della buona e corretta
Causa Massonica.
Ma
se é vero che i Landmarks sono i punti di riferimento
della “moderna” Massoneria Speculativa, al pari dei deliberata internazionali
ed al rispetto per gli Statuti Generali dell'Ordine, é altrettanto vero che il nostro rispetto
verso le Potenze internazionali muove da un carattere di reciprocità, non
dovendo rappresentare un limite, facendoci troppo dipendere – talvolta in modo
davvero esiziale – dagli altri e ignorando la grande capacità, la antica
storicità, i valori tutti nostri e di quella sana Massoneria Italiana di cui
volentieri ci facciamo portavoce: Massoneria certamente più antica e di
maggiore spessore di molte altre.
Per
noi, il sentimento di Fratellanza è Universale al pari degli Ideali Massonici:
pertanto ne facciamo la nostra bandiera con uguale diritto di tutti gli altri,
specie perché in ciò operiamo non solo ‘secondo le regole’ ma operiamo anche
seguendo con attenzione le prescrizioni dei rituali. Il “tu si, vai bene” e il “tu no, non vai
bene” non ci è mai piaciuto: lo abbiamo sempre considerato quasi razzista e
sicuramente discriminante, poco consono – anzi, opposto - allo spirito
dell’Arte Reale.
Se
proprio dovessimo utilizzare dei termini di paragone, ugualmente ‘pesanti e
‘discriminanti’, osiamo sostenere che, forse, quanti operano all'estero
dovrebbero chiedere a noi l'emissione delle varie patenti per la concessione di
un qualche – utile? inutile? strumentale? – ‘riconoscimento’.
Proprio
a noi Italiani: forti della presenza, della via tracciata, delle opere e del
pensiero filosofico, esoterico, iniziatico e – perché no – rivoluzionario, di
altri Italiani. Di Francesco
d'Assisi, di Dante Alighieri, di Elia, di Giordano Bruno, di Leonardo da Vinci,
dei Maestri Comacini ad esempio, persino di Pitagora che qui soggiornò; a noi
Italiani che operiamo forti di una tradizione storica che solo formalmente
risale al dettato della Carta di Bologna del 1248 (che istituiva la
corporazione dei muratori e dei falegnami), ma anche certamente aderenti allo
spirito dell’ “Edimburg Register House” del 1696 (il primo catechismo massonico
– originato in Scozia -, conosciuto con un qualche elemento di dettaglio. Nello stesso periodo, sempre in Scozia, viene
fondata la Loggia di Dumblane: al riguardo va sottolineato che già in
quest'epoca gli operativi costituivano una minoranza) nonché in adesione allo
spirito degli “Statuti e Ordinanze che devono osservare tutti i Maestri
Muratori di questo Regno” emanati nel 1598 da William Shaw (Maestro delle Opere
di S.M. il Re Giacomo II° e Sorvegliante Generale del mestiere) col consenso
dei Maestri.
E
questo solo per enunciare gli elementi più certi e documentati, ma senza
trascurare i fondamentali insegnamenti che dalla Magna Grecia ci hanno
trasmesso Pitagora, Aristotele ed Ermete Trismegisto, e che ancor prima della
potenza dell'Impero Romano esistevano e si sviluppavano.
Noi
Massoni della Comunione di Piazza del Gesù rivendichiamo a testa alta questo
nostro diritto: se é vero che il 1717 segna la data di nascita della moderna
Massoneria – moderna perché già speculativa nonché figlia di una serie di
accordi prettamente mercantili – é vero che la Massoneria “antica” - quella
operativa e contraddistinta dal culto di quei “misteri” che venivano tramandati
– non morì né si trasformò né si modificò in quella data. La
Massoneria “antica” - per l'esattezza, quella degli “antichi misteri” -, quella
che seguiva e attuava gli Ideali più alti e più nobili, in quanto tesi a dare
concreto sostegno e sollievo a quel genere umano che “universalmente” – anche
se questo termine é stato coniato successivamente - popola la Terra, ancor
prima che alla “universalità” dei soli Iniziati.
Una
universalità quindi che trascende limiti e ambiti spazio-temporali per essere meglio individuabile nelle Forze
che riusciamo ad assorbire ed esprimere, nelle Energie che ci giungono fin
dall'attimo del concepimento e che – in ogni atomo del nostro essere, oltre che
nello Spirito – dapprima custodiamo con la Vita, per poi re-immetterle nel
Grande Ciclo del Cosmo: nel momento del Finis.
Attimi
che condurranno il nostro Spirito verso un'Eternità di Bene.
Sarà
quello l'ultimo atto del nostro Esodo, grazie al quale lasceremo una Terra
stupenda quanto devastata dall’Uomo e dalla sua cieca ed oscena cupidigia.
Ma
sarà contestualmente anche il momento in cui cominceremo a comprendere, il primo atto della Vera Conoscenza,
parlando la Lingua di Dio e - forse - riuscendo a pronunciarne esattamente il Nome.
Una Lingua sconosciuta su questa Terra.
La
lingua del Silenzio, del Mistero più Profondo e più Luminoso, la lingua della Serenità e
della Pace.Una Lingua sconosciuta su questa Terra.
E'
allora che si produrrà la nostra unica e vera Liberazione.
Io dico: Carissimi Fratelli, la
Comunione di Piazza del Gesù, l’unica che pratichi gli elementi fondamentali
della Massoneria delle Antiche Pietre, e che da questa ne riceve unicità di
riconoscimento, ha bisogno di chi – operandovi - ne abbracci le idealità, la Storia,
soprattutto lo stile.
Uno stile unico, fatto di piccole sfumature, fatto delle
mille impronte lasciate da Chi ci ha preceduto.
Impronte che non abbiamo il diritto di disperdere…
… meglio disperdere, o che ‘si
disperdano’, questi soggetti tiepidi e inconcludenti; quanti perdono tempo
e lo fanno perdere agli altri; senza concludere e senza far concludere.
Soggetti in realtà deboli, anche se
credono di dare prove di forza; materiale umano vulnerabile ai corteggiamenti,
alle sollecitazioni, di chi – in fondo – altro non farà se non sfruttarli.
Non persone, non fratelli, ma iscritti
paganti; da gratificare con cariche, incarichi e orpelli vari; da irretire con
favolette varie e promozioni ‘a tassametro’…
Riflettete, riflettiamo…
… ma dobbiamo riflettere sull’operato
di chi possa girarci le spalle, tradendo i nostri sentimenti fraterni, quanto
sul nostro dispiacere nel dover prendere atto di quanto poco e male abbiamo forse
fatto in realtà, dal momento che non siamo riusciti a ben insegnargli ed a bene
fargli apprendere.
Che strani soggetti: lavorano
in una Loggia accorgendosi all’improvviso di non sapere dove lavorano; mettono
in crisi la loro identità iniziatica senza pensare che fanno parte della grande
Famiglia degli ALAM, nel mondo; parlano di riconoscimenti senza riuscire a
riconoscere se stessi davanti ad uno specchio e senza riconoscere i mestieranti
senza storia e senza cuore cui alfine si indirizzano; giurano con l’iniziazione
di essere leali e tradiscono persino l’Amicizia che loro viene offerta dagli
altri loro Fratelli; parlano di ‘regolarità’ mentre operano ‘male’… Che strani soggetti!
Con amore fraterno, abbraccio tutti
voi che leggerete questo tracciato: abbraccio tanto gli Operai
volenterosi ed operosi – che, come ho detto in chiusura della ‘prima
parte’, sono sulla riva baciata dal sole allo Zenith, che quei
modesti operatori che in realtà – per dequalificare e sabotare il
percorso comune, distruggendo il lavoro fatto – gettano alle ortiche se stessi
e ciò che di buono possono aver fatto, mettendo certamente in difficoltà gli
altri Fratelli.
Roma, 7 Novembre
2015 Giuseppe Bellantonio
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2) E' vietato trarre copie e/o fotocopie degli articoli/interventi contenuti nel presente blog - con qualsiasi mezzo e anche parzialmente - anche per utilizzo strettamente personale/riservato.
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Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. L'autore non è responsabile per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post. I commenti ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla privacy, potranno essere rimossi senza che per ciò vi sia l'esigenza di prendere contatto anche preventivo con gli autori.
Nel caso in cui in questo blog siano inseriti testi o immagini tratti dal web, ciò avviene considerandoli di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione fosse tutelata da possibili quanto eventuali diritti d'autore, gli interessati sono pregati di comunicarlo via e-mail al recapito giuseppebellantonio@infinito.it al fine di procedere alla opportune rettifiche previa verifica della richiesta stessa.
L'autore di questo blog, confermando di voler operare nel pieno rispetto delle norme di Legge in vigore, esprime anche la volontà di operare in armonia con le nuove norme entrate in vigore il 1° Aprile 2014 ed emanate dalla AGCOM, relativamente all'introduzione di nuove norme sul copyright digitale e online.
L'autore del blog non è responsabile della gestione dei siti collegati ovvero collegabili tramite eventuali link né dei loro contenuti, entrambi suscettibili di variazioni nel tempo.
Oltre ciò - specie per le parti informative a contenuto storico e/o divulgativo - i Lettori, ovvero quanti comunque interessati alla materia, che possano ritenere ciò utile e opportuno, potranno suggerire delle correzioni e/o far pervenire qualche proposta. Proposte che saremo lieti di valutare ed elaborare.
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