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venerdì 14 febbraio 2020

SANREMO È SANREMO… ANCHE PER LA MASSONERIA?


        “PERCHE’ SANREMO È SANREMO” recitava un adagio di qualche anno fa: come a dire che sul palcoscenico di quel Teatro molto (o persino troppo) era concesso, anche sotto l’aspetto del bizzarro ovvero del cattivo gusto, in nome di uno spettacolo che ‘doveva’ esser messo in scena poiché l’Italia ne era in attesa, che comunque ‘doveva’ restare incentrato su nuove proposte musicali che però dovevano mantenere alta la bandiera della tradizione canora italiana.        Ma, specie negli ultimi anni, a prescindere che la manifestazione canora sia divenuta un dispositivo dispendiosissimo, sul palcoscenico si sono avvicendati soggetti caldeggiati, quando non palesemente designati, dalla politica attiva: così che la qualità delle proposte canore è divenuta mediocre mentre si è cercato sempre più di eccitare i potenziali spettatori con lo spettacolo di contorno. Diventando così un ‘contenitore’ omnibus non molto dissimile da quelli che passano tra pomeriggio e sera su varie emittenti TV, conditi da scollature, pettegolezzi, cattivo gusto, finte esclusive e quant’altro: un mix di scarsissimo profilo culturale, quando non un vero e proprio insulto all’intelligenza e alla cultura, vero e proprio trash.  Negli ultimi anni, a peggiorare il quadro, anche i ‘vincitori’ hanno rispecchiato – forse, non casualmente – delle volontà troppo contigue alla politica attiva: dando così ragione ai critici, sempre pronti.                      Ma Sanremo sembra diventata anche un palcoscenico d’elezione per chi vi organizza delle kermesse che evocano a protagonista la Massoneria, in nome di una presunta o supposta cultura che viene poi mortificata allorché ci si possa accorgere che tutto scade in una banale vetrina commerciale, limitata e delimitata a certi soggetti, dove di letterario e di cultura – specie di quella con la ‘C’ maiuscola - non ce n’è molto. 
Già, la Massoneria – per intenderci: quella seria (ma tale indicazione parrebbe persino superflua, dal momento che quella ‘non seria’ di per sé stessa è cosa altra e diversa, come l’oro di Bologna…), le cui Tradizioni hanno radici profonde sicuramente antecedenti alla nascita della c.d. “Massoneria Moderna”; una Massoneria palestra di Cultura, scuola di pensiero e fucina di Uomini, rispettosa di regole scritte e non scritte, ricca di elevatissimi contenuti di ordine etico, storico, simbolico, con indubbie implicazioni nel sociale (quello di ‘qualità’, che deve coincidere con l’interesse comune dei Cittadini, nell’assoluto rispetto delle Leggi dello Stato) - non è istituzionalmente idonea a essere qualificabile come soggetto da ospitare in uno spazio c.d. ‘letterario’  (dal momento che non è un soggetto fisico che produce di per sé Cultura o Arte, ma è soltanto soggetto che invece le contiene - in quanto queste sono solo ed esclusivamente prodotto e fatica di singoli - non scrive libri o prose o poesie, non dipinge o scolpisce).
Quindi indicare questo o quel contesto massonico come autore o protagonista di una qualsiasi attività letteraria o artistica, è una forzatura solenne e persino una stonatura, quando entrano in ballo questioni dove chi possa intervenire cade non solo nella ripetitività dei contenuti, ma espleta palesemente attività non culturalmente speculativa, bensì di vero e proprio marketing.   
Più volte mi sono confrontato su questi temi, scalzando le presunte ragioni di chi – quasi con i paraocchi – tendeva a fare allegro e disinvolto codazzo a simili accadimenti, senza porsi troppe domande, preso com’era dal fascino di patine ammiccanti. Ho sempre posto costoro di fronte ai contenuti che le cronache, dirette o indirette, riportavano: là non vi era traccia di verticalità filosofiche, le stesse citazioni storiche erano carenti della lapidaria certezza della Verità, si notava confusione tra tempi-fatti-contenuti e si dubitava della stessa autenticità dell’identità di soggetti citati ovvero coinvolti.  
Uno spazio letterario è recinto solenne in cui ci si interroga sul significato di un’opera, in primis sull’identità dello scrittore, sulla sua ispirazione interiore e poetica e sullo spessore delle stessa. È un contenitore che diviene palestra intellettuale, specie là dove pubblico e autore incrocino le proprie sensibilità, assistiti da chi, per studi e cultura personali, possa essere in grado di procedere a una esegesi autentica e quindi rigorosa e puntuale. In questo tipo di spazio (serale, pomeridiano o  matinée che possa essere),  dedicato alle Muse, non c’è spazio per la banalità salvo l’ingenerare equivoci lessicali e di contenuto sulla stessa natura dell’incontro.   Spesso l’ispirazione del letterato rappresenta un enigma al cospetto del quale si finisce per accorgersi che l’obiettivo originario dell’opera è irraggiungibile per chi scrive e il desiderio di avvicinarne il focus diventa fine strenuo, imperativo, tormento, perché trascina in una regione estranea al mondo e a sé stessi. Un contesto in cui l’ “io” non esiste, in cui bisogna abbandonare tutto per far nascere un’opera.
Leggendo le cronache di questi spazi letterari sanremesi ci si accorge che non sono neanche dedicati alla Massoneria ma riguardano solo determinati contesti di essa e che in essa operano, che in definitiva vi autocelebrano se stessi e ciò che possano rappresentare nelle rispettive realtà, nei rispettivi quanto esclusivi ambiti. Niente letteratura quindi, niente poesia, niente prosa, niente che riporti a Eco, a Tomasi di Lampedusa, a Omero, a Blanchot, alla abissale disperazione di Mallarmé, niente indagini sul travaglio di Leopardi o di un Kafka preda di una solitudine che lo annichilì, niente che possa ricondurre all’infinito sussurro della scrittura, all'orgoglio di chi vi si possa cimentare, niente che decifri lo smarrimento interiore che porta l’analisi della simbologia, nulla che ci conduca per mano nella trascendenza della poesia.
Ma tant’é.
Da una vetrina non si può pretendere altro se non l’esposizione di ciò che in essa possa sollecitare curiosità e attenzione per le merci in bella mostra: quanto ai contenuti, del come e con quali materiali queste merci siano state fabbricate, delle garanzie implicite nei prodotti, questa è tutt'altra cosa.
       Quest’anno poi, una confusione forse figlia della routine si è impadronita degli organizzatori e di quanti possano a loro essersi riferiti, ivi inclusi i mezzi di comunicazione: un Grande Oriente indicato e pubblicizzato quale Gran Loggia, una Gran Loggia spacciata per elemento appartenente alla Storia fin dai primi anni del 1900 (mentre invece è ‘nata’ nella seconda metà del 1960), grande confusione di denominazioni (che citate in modo parziale o improprio possono invece ricondurre ad altre e del tutto diverse realtà)… un calderone, insomma, dove la confusione ha regnato sovrana e dove cuoce a fuoco lento un brodo di coltura del tutto insipido. E la confusione è amica intima dell’errore, e l’errore è generatore certo non di informazione bensì di disinformazione; quindi, che senso ha partecipare a qualcosa dove regna l’errore e la disinformazione, dove i contenuti tendono a essere ripetitivi?     Già: anche la ripetitività si presta a essere analizzata; oltre che potersi sostenere siamo ‘i più bravi’ o i ‘meno bravi’, i ‘più grandi’ o i ‘meno grandi’, i ‘più giovani’ o i ‘meno giovani’, i ‘più corretti’ o i ‘meno corretti’, il ‘noi siamo’ o ‘non siamo’, manca tutto ciò che riporti alla Storia, alla filosofia, alle Tradizioni originarie e alla stessa mission della Massoneria nella società contemporanea, manca tutto ciò che faccia ben comprendere la bellezza e l’operare – ormai utopici, forse, per qualcuno – dell’Arte Reale per eccellenza, l’Arte dei Maestri, dei Costruttori, degli Uomini di Cultura e Fede.  A meno che qualcuno non tenti di persuaderci che si tratti di un qualche esperimento alla Frankenstein, finalizzato ad assemblare un qualche nuovo simulacro: modernissimo ma freddo e impersonale, cpme un sepolcro.                                             
         E’ quindi una ripetitività attribuibile ai soggetti che intervengono e che nel tempo poco d’altro possano avere da dire o che abbiano una limitata visione di cose da poter poi offrire a un pubblico sempre meno attento? O è invece una ripetitività che poco maschera la limitatezza dei contenuti e le angustie di certe ricostruzioni storiche affette da cronica zoppìa? Se non ripetitività e superficialità, si tratta quantomeno di una consuetudine fors’anche modestamente modaiola che, proprio per questo, toglie comunque ogni ‘bollicina’ alle manifestazioni stesse.                                                                        
         La gente si interroga, la gente capisce sempre di più, comprende benissimo quando ci si possa trovare di fronte a dei contenuti e quando invece si è coinvolti in attività di mero marketing finalizzate a fare ‘proseliti’ per una  certa qual causa (piuttosto che non per certi Ideali).
Certo non possono dire di non leggere i giornali o di non parlare – se ‘addetti ai lavori’ - con dei loro Fratelli e quindi non posso dire di non sapere degli scandali, degli arresti, delle accuse e dei pentiti, delle confessioni e delle connessioni delittuose che si attribuiscono a questo o a quel soggetto.
Ecco, prima o poi qualcuno potrà suggerire di impostare altro tipo di incontri e di dibattiti – molto più ampi e partecipati - incentrati sulla trattazione della correttezza gestionale, della repulsione per i facili guadagni, della necessità di essere assolutamente affrancati e lontani da cupidigie e metalli, dell’essere ostici a commistioni o contiguità con elementi connessi alla delinquenza organizzata, del tipo di organizzazione si debba avere per tenere lontane tentazioni … il tutto, per fare della vera, sana, interessante Massoneria.
       Ecco... forse occorrerebbe organizzare delle tavole rotonde, dei seminari, per confrontarsi sui rapporti tra Massoneria e Leggi dello Stato, tra Massoneria (e finti/falsi massoni) e organi giudiziari dello Stato: certamente sarebbe incontri molto interessanti.                 Vera, sana, autentica Massoneria... già! In pochi la vivono e la praticano come tale, con lo spirito corretto, umile e franco per ciò necessario. E tra chi non la pratichino - ovvero: sedicenti praticanti - pongo anche coloro che cavalcano l'onda di litigi e beghe interne per costituire nuovi gruppetti di 'tifosi' delle loro teorie.  Pensate: gente fuoriuscita l'altro giorno da una parte, scopiazza denominazioni appartenenti al passato più o meno prossimo di qualcun altro, solo al fine di darsi una (assolutamente finta) discendenza, una impossibile paternità... tutte meschinerie di piccoli uomini che radunano attorno a sé altri piccoli uomini, impreparati più di loro, attraverso i quali - peraltro - riprendono i modelli di provenienza perpetuandone gli errori, non sapendosene distaccare e quindi non sapendo creare alternative valide e concrete. 
Ma ancora non si è capito che in Massoneria, con le 'tifoserie' non si va da nessuna parte, se non verso un profondo baratro!
In queste ore, a Palermo, si è svolto un interessante incontro incentrato sui rapporti tra la Massoneria e le varie confessioni religiose, organizzato presso la Chiesa Anglicana di Via Roma: l’esito è scontato, dal momento che solo la Chiesa Cattolica – già detentrice di un ferreo potere temporale - non ha mai perdonato alla Massoneria di essere stata complessivamente avversa proprio nei confronti di tale prepotente potere come pure proponente e propulsiva per l’Unità d’Italia, liberando dal giogo di un potere materiale che mal si addiceva – fin da allora – con quello spirituale. 
Ecco che, nel chiudersi di questo giorno, le riflessioni devono lasciar spazio alle certezze: come potrà proseguire i propri migliori Lavori una Massoneria Italiana che non sia capace di avviare un processo di autoregolazione, di pulizia, di disincrostazione dei suoi apparati eventualmente coinvolti, che sia attanagliata da facili accuse e che non riesca a bloccare quei perniciosi trasversalismi che agevolano e alimentano quei contatti e quei collegamenti che determinano situazioni di rischio e di pericolo quando non malavitose.
Senza un immediato rinnovamento vivificante, la conclusione - per chi operi con severità e regolarità - non potrà che essere una: e vedrete che, drastica come potrebbe essere, non potrà tardare a manifestarsi.
D'altronde, Sanremo riporta al gioco, alla roulette e alla sollecitazione del croupier quando ricorda che... les jeux sont faits, rien ne va plus!

Roma, 14 Febbraio 2020
Giuseppe Bellantonio
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