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giovedì 30 maggio 2013

MORTO L'AVV. MICHELE RAFFI

     

       Ieri, la ferale notizia della tragica morte dell'Avvocato Michele Raffi, ha percorso come un fulmine il cielo del mondo massonico italiano.
 
      Il rispetto che in questi particolarissimi momenti è richiesto e dovuto per onorare la memoria e per tutelare la dignità di Chi sia morto, non deve mai essere scalfito da questa o quella - inutile e superflua, nella circostanza - possibile notizia, e va esteso anche a tutta la Sua Famiglia.
 
       Proprio questo sentimento di rispetto e il mio personale modo di percepire la pietas cristiana ed iniziatica, mi portano a formulare i sentimenti di più vivo cordoglio alla Famiglia dello Scomparso ed a quanti a essa possano ricondursi con uguale sentire.
 
Roma, 30 Maggio 2013    
                                                               Giuseppe Bellantonio
 

venerdì 24 maggio 2013

...CAPIRE QUEST'ITALIA... - Parte IV°


E' quindi inutile/fuorviante/demagogico/finalizzato/opportunistico l'atteggiamento di chi, fors'anche con in fine di conquistarsene i consensi ovvero i favori, “coccola” questa massa numericamente ed etnicamente incerta (ma ben preparata a sollecitare favori e riconoscimenti: ancor prima di approdare nelle nostre terre), ma padrona delle nostre norme: “coccole” che divengono vere e proprie elargizioni, quasi a dispetto di quegli italiani che non riescono ad ottenere gli stessi vantaggi e benefici.

Una sorta di “razzismo” al contrario, dove gli esclusi (vedi le graduatorie per l'accesso alle scuole o quelle per fruire ad alloggi o a qualunque altro tipo di provvidenza) sono gli italiani.

In Europa lo ius soli è praticato in Francia – dal lontano 1515: pur se con metodi e disciplina tali da evitare flussi tali da evitare un'alterazione degli equilibri storico-sociali del paese – mentre altrove è lo ius sanguinis a dominare. Nel resto del mondo, spiccano gli Stati Uniti d'America dove pur esistendo lo ius soli, vigono una serie di norme tali da escludere squilibri storico-sociali e, soprattutto, un carico finanziario e sanitario per la collettività.

Sembra strano che in Italia, vessata da una serie di problemi di grande importanza – per lo più in attesa di essere affrontati, e peraltro di incerta soluzione -, piagata dall'immigrazione clandestina, resa socialmente instabile da un carico fiscale rilevantissimo unito ad un'aspra fase recessiva dominata da una disoccupazione pesantissima, alcuni neo-eletti ovvero taluni esponenti politici abbiano scatenato la corsa per concludere a livello istituzionale delle norme a lungo accarezzate e care a certi demagoghi che non si preoccupano minimamente delle conseguenze di ciò: nel breve, come nel medio e lungo periodo.

Qualora dovesse avere sciagurata conclusione un'applicazione frettolosa, qualunquistica e anti-sociale dello ius soli, l'Italia dovrebbe affrontare ulteriori massicce ondate di immigrazione clandestina di fronte alle quali l'attuale sistema collasserebbe, determinandosi solo aggravi di costi. Le forze dell'ordine non riuscirebbero ad adoperarsi molto al di là del già gravoso impegno quotidiano (con conseguente sparpagliamento di soggetti “irregolari” per tutta l'Italia: micro e macro criminalità prevedibilmente in significativo aumento); opportunità di lavoro regolare, praticamente zero (ad essere ancor più alimentato, e forse in modo dilagante, sarebbe solo il mercato del lavoro “nero” e quindi dello sfruttamento gestito capacemente dalla malavita nazionale e non. Con buona pace di tutti gli stentorei proclami dei nostrani politici, tipo “no allo sfruttamento minorile”, “non al lavoro nero”, “no agli infortuni sul lavoro”, “no all'evasione fiscale e contributive originate dal sommerso”, ...); possibilità di alloggio, invariate rispetto alle attuali (conseguente aggravio di costi per Stato/Regioni/Comuni, che dovrebbero “ospitare” e assicurare un accettabile “mantenimento” a costoro); strutture sanitarie – che dovrebbe offrire cure gratuite a tutti questi soggetti (nonché ai loro figli ed a tutti coloro con i quali avvierebbero le pratiche di ricongiungimento) – con conseguenti ulteriori problemi di efficienza sanitaria e di ulteriore difficoltà amministrativo-finanziaria (in poche parole: agli italiani, cui la spesa sanitaria costa già moltissimo, l'offerta di strutture disponibili/posti-letto é stata drasticamente ridotta, a questi altri soggetti la garanzia umanitaria di assistenza sanitaria gratuita è a carico della collettività); senza contare che sicuramente il “resto d'Europa” non accetterebbe volentieri (anzi, personalmente credo nell'opposto) questo “cancello” sempre più spalancato.

Tirare fuori dai cassetti vecchi e polverosi progetti, é facile: così come è facile insinuarsi nelle pieghe di contingenze storiche per portare a termine/realizzare antichi “sogni”, forse con l'appoggio di altri soggetti che – pur di diversa parte politica – hanno interesse a “sparigliare” il contesto socio-politico-economico nazionale, in nome di alibi ideologici difficilmente sostenibili.

Penso: ma perché i fautori di queste “brillanti idee” non si adoperano, non si battono perchè questa gente – i cittadini di paesi extra-comunitari, comunque spesso in condizioni localmente difficili – non ottenga nel loro paese un miglioramento delle proprie condizioni di vita? Perché non lascia le proprie posizioni, la propria condizione italica, trasferendosi in questi paesi e così dare un contributo anche fisico-partecipativo per poter giungere a modificare le leggi di questa nazione, per così dire “meno attenta e sensibile”?

Facile fare le rivoluzioni in terra altrui: nella terra dove si sta comodi comodi, circondati dal benessere, dai vantaggi, dalle prerogative, dai “diritti”. Fin troppo facile: specie quando non si tengono in minimo conto le conseguenze!

Ius soli, quindi. Un “finto progresso”, un sicuro regresso. Ricordate? Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale l'Italia era considerata come una “portaerei” naturalmente posizionata nel Mediterraneo: ponte naturale che dall'Europa si protendeva verso l'Africa e che giovava a far sentire più vicini anche Medio Oriente e Arabia. Ora che gli eventi della Storia hanno ridimensionato questa portaerei, qualcuno vorrebbe far assumere a questa nostra, povera, malandata, Italia il ruolo di una gigantesca sala-parto a disposizione solo apparentemente di altre genti: in realtà di genti alla mercé di crudeli trafficanti di uomini!

Una norma di tal segno sarebbe una iattura.

Diversamente da una più corretta possibilità di revisione della legge Reale-Mancino che punisce l'istigazione all'odio razziale, etnico e religioso, aggiungendo l' “omofobia” ai c.d. “reati di odio”: ferme restano le mie considerazioni, sopra ricordate, sul tema del riconoscimento di taluni “diritti” a favore di chi “pratichi” ovvero “viva” una propria diversa sessualità.

Ah dolce Italia! Ma proprio perchè tanto dolce dovrebbe essere resa più ospitale per i propri figli. E, a questo proposito, mi viene in mente il nostro “petrolio”, la nostra ricchezza: antica cultura, capacità creativa, vestigia del passato, turismo; già, il turismo.

Vera miniera mai abbastanza valorizzata: anche in un'ottica occupazionale che non sia una visione di “ripiego”! Si ha una percezione di quanta ricchezza - occupazionale, ricettiva, di servizi, edilizia, culturale e museale - può sprigionare l'intelligente potenziamento del settore “turismo” in combinazione con quello dei “monumenti e belle arti”? Si ha coscienza che ogni metro delle nostre coste – ma che gioielli splendidi ma poco valorizzati sono tutte le Regioni d'Italia! Quelle ricche di monti e laghi, come quelle percorse da morbide colline! - ha un potenziale inestimabile ed invidiatoci?

Quanto c'é da fare!

Quanto bisogno c'é di uomini che, finalmente, governino nel contesto di una visione sociale che oggi è già oltre l'emergenza!

Di uomini, di governanti, che operino per tutto il Popolo Italiano, per la Patria!

Di uomini che abbandonino le angustie di preconcetti e preclusioni aprioristiche per operare con ampio respiro, in un'ottica di amore, condivisione, pace e rispetto!

Di uomini che rifuggano dall'assemblearismo e dal comitatismo per essere più vicini a quanti da loro si attendono soluzioni ai loro problemi, alle loro attese!

Tutto questo – ma in realtà, c'é bisogno di tanto altro: ma questo é compito di esperti e non certo mio, poco capace ovvero competente in ciò – comporta una scelta di fondo: occorre serenità nel Paese, un clima costruttivo e partecipe dove ogni cittadino si senta protagonista e quindi corresponsabile della propria attualità e del proprio futuro; una sorta di “riedizione” di quello spirito pionieristico, dei nostri Padri e dei nostri Nonni.

Essi seppero rialzare la testa dalle guerre, dalle dittature, dalla fame e dalla povertà: gli anni della ricostruzione e della ripresa tali furono non solo per gli importantissimi aiuti che dall'estero ci furono dati, ma soprattutto per lo spirito, il carattere, la forza, e soprattutto la volontà di cambiare.

Di cambiare la loro condizione per aspirare a qualcosa di meglio: per loro stessi ma soprattutto per i loro figli.

Occorre accantonare il clima di “caccia alle streghe” che in Italia appare sempre vivo e vivace con l'incivile macchina del fango sempre pronta a scattare per dilaniare ed eliminare brutalmente i “nemici”: specie quelli contro cui si é a corto di argomentazioni concrete.

Quei “nemici” che lo stile della politica vorrebbe che si definissero “avversari” sempre che affrontati nella giusta dimensione e con opportuno equilibrio e misura: specie nel linguaggio adoperato; un linguaggio, ultimamente, devastante e corrosivo, offensivo e osceno, senza limiti e senza freni.

Mi sembra che una volta fosse applicato il reato di “oltraggio al Capo dello Stato” al pari di quello di “vilipendio del Parlamento” se non della Nazione: ebbene, credo che un solerte ed italico Funzionario di Polizia ovvero un degno rappresentante di una qualche Procura della Repubblica potrebbe chiedere a taluno – specie se non tutelato dalle “garanzie” offerte dalla c.d. “immunità parlamentare” circa la libertà di espressione – di rendere conto delle continue - ed anche subdole ed aspre – espressioni/formulazioni che comunque inneggiano alla violenza/rivolta o a moti di piazza ovvero offendano pesantemente il Capo dello Stato e le Istituzioni repubblicane.

Una ribellione quasi sollecitata da abili mestatori, nello stesso momento in cui comunque la si evochi solo citandola. Anche se poi costoro sono abilissimi nel tirare il sasso per poi nascondere la mano, novelli emuli di un mai desueto “armiamoci e partite!”. E la riprova é sotto gli occhi di tutti: un giorno si offende in modo cocente mentre l'altro si sollecitano – con grande faccia tosta e a gran voce – interventi di “garanzia” delle solite (abusate, offese, oltraggiate, mistificate) “libertà” (in realtà forme anarcoidi tendenti a provocare/alimentare disordine/confusione: forme circa l'esercizio delle quali non si ammettono controlli né limiti).

E’ una deriva che va fermata, senza tentennamenti: ma non “dalle piazze” e “nelle piazze”, ma da chi ne abbia l’autorità e con gli strumenti che la Legge per ciò prevede e stabilisce. Una Legge nota a tutti ma che si tenta di aggirare in nome di equivoci pseudo-valori.

E il sangue versato dai fedeli e coerenti Servitori dello Stato – termine che a me personalmente piace poco, preferendo quello di Galantuomini al Servizio dello Stato, per indicare coloro che, semplicemente, fanno il proprio dovere: anche in condizione di estremo pericolo – ne è stato una recente prova.

Che ogni cittadino sia dunque vigile, respingendo questa deriva!

Che ogni cittadino si faccia parte diligente nel vigilare, respingendo ed attivandosi nel respingere queste pessime tentazioni!

Che i cittadini, pur se inquieti per gli eventi di questi anni, non firmino “cambiali in bianco”, peraltro affidandole nelle mani di soggetti altezzosi e arroganti che disdegnano il pubblico confronto per preferire il “prendere ordini” a “scatola chiusa” da soggetti “dominanti”: quegli stessi soggetti che parlano di povertà, di fame, di ribellione verso il “sistema” (di cui fanno comunque parte...) dall'alto delle loro ricchezze (non ereditarie), delle loro prebende e delle loro vantaggiose, avvantaggiate e lucrose carriere.

Tutte cose che li fanno solo “assomigliare” agli altri comuni mortali: assomigliare e non “essere”, perché in realtà sono solo parte di una casta, ovvero di rami di essa, ovvero di freschi innesti su quanto preesistente.

Ecco.

Tutto ciò rappresenta ciò di cui diffidare e da cui stare lontani.

Come fosse la “peste”.

Una peste dei cuori e dell'anima, che tutto corrode e tutto rende maleodorante, mefitico.

Un cancro dell'anima alimentato dalla spasmodica ricerca del profitto, dall'ostinazione con cui si continuano a perseguire logiche ormai in netto contrasto con lo “star bene” (o “bene essere” che dir si voglia) delle genti, di centinaia di milioni di persone: per dirla con Vandana Shiva, paladina del pensiero ambientalista mondiale, de-strutturare tutto l'artificioso castello costruito sul mercato del debito per tornare ad una dimensione più umana ed edificante, é un imperativo!

Un imperativo da affrontare non con l' “austerità” – tanto interna che imposta dall'esterno – ma con l'arma della “semplicità”, la sola che possa garantire il benessere rinunciando al superfluo e che possa alfine consentirci di uscire da quella “schiavitù della finanza” che la stessa Vandana Shiva paragona ad “una grande fabbrica di fiction”, che ad oggi ha creato calamità e problemi per molti e successi per pochi. Un sistema nefasto i cui effetti negativi e perversi sono ormai approdati in un'Europa affatto pronta a questa prova, e che può sopravvivere solo se saprà depotenziare questa ordigno tremendo con un ritorno alla terra, all'agricoltura. Una posizione, questa, sempre più condivisa a livello mondiale da eminenti personalità - tra queste, e non a caso, i Pontefici Benedetto XVI e Francesco - e che ha dato vita a sempre più numerose scuole di questo nuovo pensiero, peraltro già abbracciato con entusiasmo da milioni di persone resesi conto che “questa” globalizzazione – mi spiego meglio: “questo” modello così dannoso e perfino diabolico di globalizzazione – uccide la creatività e la dignità del lavoro.

Per superare questa onda lunga di difficoltà planetaria (attenzione, perché chi al momento ne é “apparentemente” esente, dovrà presto fare i conti con questa tossina già presente in nuce nel loro sistema) bisogna ripartire creando lavori che abbiano un significato e bisogna rispettare la Natura, ridandole quell'enorme valore che le compete.

Ecco perché il “ritorno alla terra” può costituire la “nuova frontiera dell'economia”, quella svolta epocale invano attesa dalle genti ormai resesi conto di essere “prigioniere” - quando non “ostaggio”! - di questa economia drogata e fittizia il cui “nodo scorsoio” é rappresentato da quel “debito” che mani esperte e menti diabolicamente sopraffine manovrano a dispetto delle realtà umane, sociali, imprenditoriali e finanziarie di intere nazioni.

Un recupero – quindi - di un più umano “ritmo lento”, di quel “ritmo della vita” che ha scandito e contraddistinto per centinaia di migliaia di anni l'equilibrio tra Uomo e Natura, e che può offrire ai più giovani un futuro degno di tale nome, degno di essere vissuto; un futuro “da vivere” e non “da subire” nel segno dell'assoluta incertezza!

Tra pochi giorni i cittadini di moltissimi Comuni sono chiamati ad esprimersi per il rinnovo delle loro Amministrazioni: al riguardo mi permetto di dire una semplice cosa. Che la scelta premi sì il desiderio di evoluzione, di crescita e di innovazione, ma che comunque vada premiata la continuità: poiché la “continuità” è in diretta relazione ad un “progetto”, ad un “programma” ed alla relativa formula attuativa. Occorre quindi che qualunque amministratore – purché operi in buona fede e con risultati onesti e trasparenti, regolarmente sottoposti ai cittadini – possa contare su tempi non certo brevi oltre che su risorse adeguate.

Poco utile il “cambiare per cambiare”, e ancora peggio farsi attirare da quell'eloquenza ciarlatanesca farcita da ingiurie, istigazioni, evocazioni di ribellioni, posta in opera dagli attivisti della gogna mediatica, dai fautori del killeraggio politico, da chi adopera un linguaggio deteriorato, arrogante e schifiltoso, per arrivare là dove il voto liberamente espresso dai cittadini ha invece posto dei limiti.

Attenti a questi imbonitori, attenti a chi si serve dei preziosi doni della Libertà e della Democrazia per diffondere nuovi, pericolosi, perversi mali: peraltro senza alcuna proposta costruttiva, senza alcun impegno diretto e senza alcuna responsabilità palese. Meglio premiare chi ha dimostrato di fare un uso corretto della macchina amministrativa e soprattutto delle risorse economiche, finanziarie e patrimoniali loro affidato dai cittadini: non bisogna cedere alle tentazioni dei fautori della deriva dialettica ed ideologica, come pure bisogna credere con cautela alle promesse di quei candidati che si sono accorti dell'esistenza dell'Italia e dei suoi mali - non dico di Roma – solo al termine di loro dorate permanenze all'estero.

Il motto “la Patria mi chiama” era certamente più consono agli antichi Gentiluomini che costruirono l'Unità d'Italia, mentre appare quantomeno stonato sulle labbra di quei novelli ”patrioti” dell'ultima ora – quelli che hanno lo stupore scolpito sul viso, e gli angoli della bocca perennemente rivolti verso il basso (a sostegno del loro intimo, solenne, pessimismo: di fronte al quale anche Leopardi sfigurerebbe) cui mi viene da chiedere “ma scusi, lei fino ad oggi dov'é stato?”.

Nel concludere questo mio intervento – lungo, e non esaustivo: per esserlo occorrerebbero altre pagine e l'inserimento di numerosi dettagli tecnici, cosa evidentemente pertinente ad altri soggetti più qualificati di me -, a chi con me può condividere la filantropia, la fedeltà allo Stato ed alle sue Istituzioni, l'amore per l'Uomo e l'innato rispetto per tutto ciò che riconduce al Divino ed al Creato, mi permetterei di lanciare una serie di flash così da ricordare a se stessi ed ai soggetti cui possano politicamente ricondursi:

  • l'utilità pratica e finanziaria di disporre da subito l'accorpamento amministrativo e gestionale di quei comuni che, complessivamente, non superino i 15.000 residenti; in ogni Comune potrà risiedere un coordinatore locale/referente, mentre a rappresentarlo nel Consiglio Comunale Unificato vi saranno due Consiglieri eletti, uno per la maggioranza e uno per l'opposizione.
  • La necessità di abolire senza indugi ogni sovrastruttura politico-amministrativa tanto a livello periferico che centrale.
  • La necessità di ridurre in modo drastico il numero dei rappresentanti eletti/eleggibili alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica. Una riduzione del 60-70% dell'attuale composizione garantirebbe in ogni caso ai rappresentanti eletti l'esercizio delle loro funzioni, riportando il numero dei componenti a livelli più equilibrati rispetto alla popolazione italiana ed alle sue reali esigenze.
  • La modifica dell'attuale disciplina dell'aborto quantomeno con una rilettura del testo ed una nuova formulazione della relativa Legge: ferma restando la necessità di prevedere l'aborto terapeutico per tutte le specifiche esigenze cliniche (inclusi i casi di violenza sessuale), deve essere contrastata ogni possibilità di spacciare metodiche/volontà banalmente anti-concezionali e/o di controllo delle nascite con qualsiasi altro diverso tipo di esigenza individuale.
  • L'abbandono delle attuali tendenze di agevolazione del “fine vita”. Anche alla luce dei numerosi - quanto clinicamente inspiegabili: a conferma dei limiti della scienza medica, in pimis circa il funzionamento di cervello e coscienza – casi di ripresa di coscienza dopo lunghi periodi di vita vegetativa ovvero di coma, nessuno può mettere fine alla vita di un altro essere umano. L'accompagnamento al “fine vita” di ciascun essere umano deve essere reso dignitoso, assistito sotto il profilo medico, supportato sotto il profilo psicologico, vegliato dai famigliari con l'assistenza di quelle associazioni che hanno a cuore la dignità dell'uomo: dalla nascita alla sua morte. Per questo motivo, va data grande energia all'azione dei governanti, comunque con tutt'altro tipo di obiettivo.
  • Far intendere con tutte le proprie energie – in ogni caso, espresse sempre in modo corretto – la necessità che l'Italia (possibilmente d'intesa con le Autorità di altri Stati Europei, se non con l'Unione Europea) soprassieda per almeno un biennio al rispetto del c.d. “patto di stabilità”, così consentendo l'immissione nel circuito finanziario di risorse economiche al momento bloccato. Ha senso rispettare che una Nazione rispetti e osservi, in presenza di gravi condizioni economiche, il “patto” mentre il suo sistema economico-finanziario é al collasso? Ha senso tenere fermi dei mezzi finanziari mentre c'é gente che è alla fame, mentre le aziende continuano a chiudere, mentre il malcontento – in assenza di misure drastiche, rapide, coerenti, razionali assunte dalla classe politica – cresce pericolosamente? Ha senso alimentare i movimenti “anti-sistema” con frotte di cittadini delusi dalla crescente insostenibilità di una situazione che viene percepita come prossima al punto critico (quello di “non ritorno”)?
  • Eliminare ogni ente “inutile”, ogni “doppione” amministrativo/burocratico, ogni “doppio incarico”, le “consulenze” non strettamente necessarie/funzionali: sospendere ogni beneficio/prerogativa/privilegio tanto economico che di carriera (abolizione dei c.d. automatismi che mortifichino, invece, l'aspetto meritocratico e le effettive competenze).
  • Affrontare l'emergenza in cui versano le famiglie con forme di agevolazione/contribuzione (assistenza malati gravi, portatori di handicap, ecc.).
  • Intervenire sulla dinamica dei prezzi, attraverso un concreto e immediato controllo che contempli per almeno 6 mesi il blocco dei prezzi sui generi alimentari di prima necessità come pure sulle tariffe dei principali servizi energetici. Pe un po' di tempo, se le Società erogatrici chiudono i propri conti in pareggio anziché in utile, non sarà poi un male ovvero potrebbe essere una negatività bilanciata da decenni di utili.
  • Intervenire radicalmente sulle politiche energetiche puntando con decisione sulle fonti rinnovabili, concedendo agevolazioni e detrazioni fiscali a chi installi sistemi fotovoltaici: che andrebbero diffusi a macchia d'olio, al pari dell'eolico e dello sfruttamento delle maree. Stimolare l'utilizzo di carburanti alternativi per l'autotrazione, come avviene in molte altre nazioni.
  • Sgombrare dagli equivoci il famoso “cambiamento climatico”: l'uomo certamente contribuisce, ma é la situazione complessiva del pianeta che va mutando. A volte in modo accelerato, altre meno: un riferimento per tutti é il famoso (o famigerato) “buco nell'ozono” che la Natura sta (miracolosamente? Forse. Inspiegabilmente? Si) “riparando” in modo provvidenziale. Certamente l'uomo, in questo caso, ha contribuito positivamente, abbandonando i gas per ciò nocivi. Parola d'ordine, quindi: salviamo l'uomo, rispettando e tutelando la Natura. Quindi, investendo risorse in modo coerente e ponderato piuttosto che non su enunciati segnati da ideologie, ed quindi viziati. Che, francamente, appare un po' “stanca” dell'invadenza miope esercitata dall'essere umano.
  • Modificare il diritto famiglia, ad esempio rendendo subito operativi i “contratti pre-matrimoniali” che uniti al regime di “separazione dei beni”, dovrebbero caratterizzare ogni unione (matrimoniale e non) salvo scelte diverse che possono essere liberamente adottate dai contraenti il vincolo. Questo gioverebbe ad eliminare tutta una serie di conflittualità nei rapporti tra quei coniugi che possano giunti ad una fase delicata del loro percorso comune, così salvaguardando meglio i figli minori ed evitando poi forme “speculative” di un coniuge sull'altro. Adozioni e affidi, dovrebbero poi essere molto più agevolati e fluidificati, anche per scoraggiare percorsi secondari ovvero border line rispetto alle norme vigenti.
  • Incentivare la ricerca attraverso una scuola/università più snella e dinamica, improntata al metodo-qualità-merito, con premi/agevolazioni per i meritevoli: va eliminata ogni farragine burocratica e resa più corta la “filiera”, così che i fondi possano arrivare direttamente a chi effettua la ricerca evitando ogni dispersione durante il percorso di assegnazione. Adottare le esperienze pre-professionali per quegli studenti degli ultimi due anni di scuole superiori: avvicinarli al mondo del lavoro non potrà che costituire utile stimolo, favorendo non solo un possibile futuro inserimento, ma anche meglio indirizzando le scelte future degli studenti in esito al prosieguo degli studi e/o al pervenimento a sbocchi occupazionali. Meglio questi tipi di investimento, sui giovani, piuttosto che prevedere utopici “redditi minimi garantiti” - che, al limite, potrebbero “premiare” anche soggetti amorfi o allergici al lavoro – sostenuti a gran voce dai fautori di un “mondo fantastico” più che di un “mondo ideale”. Se mai dovessero esserci dei passi in questa direzione, ci sono delle nazioni (ad esempio, la Francia) dove il sistema delle garanzie e delle tutele è già praticato da moltissimi anni: con soddisfazione delle parti sociali coinvolte e con un sistema politico-economico che non per questo genera voragini nel debito statale.
  • Sollecitare che la UE abbandoni l'applicazione dello studio (o formula) Reinhart-Rogoff, che gli studi di Thomas Herdon (Università del Massachussets) hanno dimostrato errato, e che molti altri economisti oggi mettono sotto accusa: non è vero che se il rapporto tra PIL e debito pubblico superi quota 90 si apra il baratro della recessione, e che di conseguenza si debbano applicare i necessari correttivi.  Così come è stato imposto a Grecia, Italia, Cipro, Spagna, con i conseguenti problemi. Un motivo in più per interrompere questa perversa ed errata  gestione politico-economica imposta dalla UE e adottata su una formula tecnica sbagliata e che ha prodotto visibili e macroscopici danni!
  • ... (.) ...
Un corollario di buone cose, come altre ce ne sarebbero: ma si impone fin da subito la necessità di una metodica che abbia in sé i connotati certi della forte progressione: in un momento, quale questo è, dove soffiano venti di uragano, é quantomeno azzardato pensare di ripararsi utilizzando degli ombrelli!

Questo deve far riflettere tutti noi, cittadini di una società indebolita, a quotidiano contatto con fasce sempre più ampie di deboli ed emarginati, consapevoli che la schiera degli “ultimi” si è purtroppo infoltita.

Ciò non vuol dire che non si possano attuare dei miglioramenti, utili al concretizzarsi delle attese comuni: anzi, i cambiamenti sono necessari oltreché opportuni. Ma “cambiare” attraverso la “distruzione” (con i paraocchi, indiscriminata ed indistinta) di ciò che già c'é non é la soluzione. Come non sarebbe una soluzione utilizzare, per “costruire”, utilizzare le macerie di ciò che si abbattuto.

Volontà, ottimismo, senso critico e capacità di analisi, disponibilità, abbandono delle tensioni e della conflittualità sociale, buona volontà: ci aiuteranno a compiere il nostro dovere. 

Adottando quello che mi sembra uno slogan incisivo e semplice, ma che dovremmo avere ben presente dinnanzi agli occhi :

COSTRUIAMO IL FUTURO !

OGGI, INSIEME !

tenendoci per mano, aiutandoci e anche sopportandoci a vicenda, con spirito di solidarietà: perché per COSTRUIRE non si può essere SOLI, mentre per DISTRUGGERE può anche bastare UNA SOLA persona!
 
Roma, 24 Maggio 2013                                                       Giuseppe Bellantonio
(fine)
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sabato 18 maggio 2013

...CAPIRE UN PO' DI QUEST'ITALIA IN QUESTA EUROPA - Parte III°


Le ricchissime liquidazioni (ma vogliamo parlare anche delle pensioni?...) di cui godono molti manager, qualora l'ente per il quale hanno operato/collaborato abbia risultati negativi – ovvero, si scoprano successivamente cattivi investimenti o perdite simulate o marchingegni per eludere il fisco ovvero appropriarsi illecitamente di somme di denaro -, devono essere confiscate. E' oltraggioso e ridicolo che soggetti che con la loro impreparazione/incompetenza/cattiva fede abbiano segnato pesantemente le finanze di una società/ente/azienda, nell'essere allontanati da quel posto possano godere di lautissime, ingiustificate, oggi non più giustificabili prebende!

Il concetto fin qui applicato molto poco in Italia, specie ai “livelli più alti”, é che ognuno debba rispondere delle proprie azioni, anche patrimonialmente: quando si mette una firma, quando si sottoscrive un documento, quando si assume un impegno e – soprattutto quando, ad ogni livello e funzione, si maneggi del denaro pubblico - si deve essere consapevoli delle responsabilità al pari dei rischi qualora su questi possano pesare superficialità e possibili tentativi di condizionamento. Prima di ogni firma, prima di sottoscrivere ogni tipo di documento – specie se possa avere conseguenze per la vita, l'ambiente, la salute, la sfera delle libertà dei cittadini, l'utilizzo delle stesse risorse finanziarie/economiche – occorre leggerne i termini, rendersi conto dei contenuti – della loro correttezza formale ma soprattutto sostanziale -, analizzarli – così da valutare a priori quali reazioni/conseguenze potranno scaturire da quell'azione – e infine soppesarli nella loro complessiva attendibilità e quindi congruenza. In sintesi, la sottoscrizione di qualunque tipo di documento – al pari dell'espletamento di ogni azione, così come accade anche nell'ambito delle professioni – deve essere sempre e comunque un'assunzione diretta (ovvero, pro-quota) di responsabilità a verificare la quale – periodicamente, a scandaglio, costantemente: basta emanare delle precise disposizioni al riguardo – devono effettuarsi dei controlli.

Lavoro: vera emergenza sociale, persino piaga sociale! Non si può essere che d'accordo sulla improcrastinabile duplice esigenza: consentire il mantenimento dei già erosi livelli occupazionali (agendo su investimenti e pressione fiscale, incentivando in assoluto l'export, riqualificando le attività produttive aprendole alle nuove tecnologie, ecc.), procedere alla creazione di nuovi posti/di nuove opportunità di lavoro. Entrambi nobili intenti, sostenuti da – più o meno – altrettanto nobili, preoccupate, accorate parole: almeno per quanto ci é dato ascoltare e leggerne nel quotidiano. Ma ancora non è definito, e quindi non é chiaro, chi/come/quando/assumendosi-quali-responsabilità farà qualcosa in questa direzione e soprattutto con quali mezzi: già, perchè per creare posti di lavoro (questo significa che alla pubblicazione della notizia circa la creazione di posti di lavoro, io possa telefonare all'amministratore politico competente/interessato per chiedergli a che ora, presso quale indirizzo e con quali documenti dovrà presentarsi un mio figlio per aspirare a fruirne) significa aver prima un'idea chiara ossia in quali settori specifici – produzione, industria, commercio, turismo, servizi... - in quale tipo di azienda investire e come farlo (a fondo perduto, con agevolazioni, con intervento misto pubblico e privato, ecc.). Soprattutto devono essere investimenti produttivi: non una panacea per dare lavoro per un anno e poi assistere alla chiusura dell'attività per carenza di commesse ovvero di sbocchi commerciali; mi spiego ancora meglio: è inutile pensare a nuove opportunità di lavoro per chi fabbrica fiammiferi, se ormai non se ne usano più. Meglio riqualificare in modo intensivo e rapido la manodopera in cerca di ricollocamento re-indirizzandola verso attività che prevedano una domanda attraverso la quale poter collocare il prodotto. Lo stesso dicasi per il settore “impiegatizio”: sarebbe ora che un qualche autorevole esponente delle Istituzioni parlasse ai giovani, magari a reti unificate, per dire loro che sì è bello studiare, giusto aspirare ad un posto, corretto ambire a rendersi autonomi, emozionante ambire a formarsi una famiglia, utile programmarsi un futuro, ma che oggi il mercato offre solo queste “X” o “Y” possibilità, per cui é giusto ambire ma difficile poterle realizzare, almeno per il momento. Occorrerebbe però non mortificare la speranza di chi ascolta e aggiungere che si provvederà a chiamare dalle liste dei disoccupati per coprire ciò che la domanda propone, provvedendo lo Stato – attraverso i suoi migliori uomini del settore insegnamento – ad insegnare a questi giovani (che hanno studiato da “impiegato”, magari) a fare quei lavori di mestiere che oggi possano risultare scoperti. Vuoi lavorare? Ti aiuto in ogni modo, ma anche tu aiutati! Meglio accettare un posto di lavoro, certamente diverso da quello cui si poteva originariamente aspirare, ma immettersi nel circuito del lavoro e cominciare a guadagnare: a cambiare e migliorare, ci sarà sempre tempo. C'é chi vuole costruirsi una famiglia, non ha lavoro o lo ha perso? Io Stato ti aiuto: ti do un po' di buona terra, te l'affido senza oneri per “X” anni, ti insegno – tramite personale qualificato – a fare il contadino (trarrai così dalla Natura il tuo cibo), a costruirti una casa (ti anticipo io il materiale), a garantirti di assorbire i tuoi prodotti all' “X”% (immettendoli sul mercato) mentre per l'altro “X”% penserai tu a collocarli. D'altronde quante generazioni sono nate e si sono moltiplicate all'insegna del lavoro nei campi? Non é forse vero che moderne scuole di pensiero, tra cui spiccano Pontefici e Premi Nobel, sostengono la necessità di fermarsi e riflettere attraverso una sana de-crescita, una devolution (ossia, un “ritorno”) a più antichi e consolidati valori e attività, per riprendere contatto con se stessi e con il mondo, ripristinando il giusto equilibrio con la Natura. Un modo sano di crescere – come ci ha insegnato la Storia – pur se faticoso. Ma è meglio un lavoro onesto, anche pulire i vetri ai semafori, piuttosto che non sbandare nelle attività illegali: droga, prostituzione, furti.

Occorrerà anche procedere ad una nuova edizione delle liste di collocamento partendo da presupposti diversi (detto elenco, ed il relativo computo, non possono recare dati drogati), distinguendo gli aspiranti per categorie: disoccupati, inoccupati, soggetti in cerca di prima occupazione, cassaintegrati, soggetti in mobilità, iscritti ai corsi di studio, non possono convergere un unico grande dato. Questo, sarebbe drogato per la complessità delle voci ma non sarebbe attendibile nel radiografare la realtà dei fenomeni. Si dovrà poi passare a convocare i soggetti, proponendo poi le possibili opportunità: tre tentativi; mi dici di no? Allora devo ritenere che tu non intenta lavorare, così che potrò passare ad un'altra persona che magari sarà felice dell'opportunità che potrà essergli prospettata; ma non potrai più godere di alcun sussidio, né essere più iscritto alle liste per un anno.

Modifiche fondamentali devono essere rivolte a rimodulare la CIG: le odierne esperienze stanno dimostrando che questo strumento, pur se applicato con fini importantissimi e utilissimo per affrontare situazioni di emergenza lavorativa (ma non tutte le situazioni, nel loro complesso: l'altra faccia della medaglia vedrebbe celebrata la morte della produttività nazionale e lo Stato impossibilitato a surrogare tale ruolo, peraltro posizionandosi come semplice erogatore di provvidenze. Ruolo che comunque si esaurirebbero rapidissimamente, segnando – questa volta sì – la fine del nostro sistema), dissangua risorse strategiche. Sarebbe forse meglio, allora, dirigere queste energie preziose in investimenti produttivi (chiedo scusa della specifica: é ovvio che investire in qualcosa di improduttivo appaia invero sciocco, ma mi sembra che in considerazioni del genere siano già scivolati illustri soggetti, troppo interessati a mantenere sacche di consenso con le tasche altrui) ove ri-collocare – previa quella nuova formazione cui mi riferivo prima, e che possa renderli idonei alle nuove mansioni – queste persone, questi lavoratori. Credo che chi ambisca lavorare per guadagnare e guadagnare per vivere e far vivere la propria famiglia, non sottilizzerà se oggi lavora nella meccanica e domani potrà lavorare – con i dovuti insegnamenti – nel tessile, ad esempio; penso che l'importante sia lavorare: é inutile l'attesa davanti ai cancelli chiusi di una fabbrica, che non si sa se e quando riaprirà i battenti. Mi spiego ancora meglio: ogni euro dato deve rappresentare un “investimento” diretto a creare non solo una parentesi di solidarietà ma, in concreto, indirizzato alla produttività; deve quindi essere un “investimento produttivo”. Allora c'è un significato sociale ancora maggiore che non l'esercizio della semplice solidarietà: tutto deve essere dimensionato alla crescita.

Ovviamente auspicabile, una forte spinta al settore dell'edilizia pubblica, mentre grandissima, concreta e rapida attenzione potrebbe essere rivolta ad un settore che mi sembra fin qui non trattato e che invece riguarda molti aspetti della nostra vita. Come noto l'Italia é un Paese sismico, e fin qui niente di nuovo; é noto che l'introduzione dell'obbligo di edificare con tecniche antisismiche è di fatto recente e riguarda il nuovo, trascurando il preesistente: e fin qui niente di nuovo; é noto che i movimenti tellurici non si sono certo esauriti e che anzi, si prevede che possano – pur se nel tempo - intensificarsi a causa dell'enorme spinta subita per il movimento/scorrimento verso N-NE della placca africana in contrasto con la placca europea, con pieno coinvolgimento del fronte italiano; é noto che la caldera ove insiste il Vesuvio, così come testimoniano i rilevamenti da satellite, é una bomba innescata che non sia sa quando deflagrerà: disastrosamente e con potenziale gran numero di vittime; é noto che i più recenti terremoti, pur se contraddistinti da indici energetici non disastrosi, hanno prodotto molti danni poiché sviluppatisi relativamente in superficie. Tutte cose note, come é noto che lo Stato ha messo a punto un automatismo sulla cui base, anche al verificarsi di terremoti con conseguenti danni, la leva fiscale scatta immediatamente alzando il prelievo a favore dello Stato sulla vendita dei carburanti: un rimedio, almeno in parte, ma non certo una soluzione. Allora, perché non lanciare una grande campagna affinché le “vecchie” case (basta lasciarsi alle spalle i centri cittadini e andare nei mille paesi e paesini d'Italia: proprio quelli tanto belli, ma con le case costruite “come una volta”, pietra su pietra, tufo su pietra, con calce e poco cemento, specie “armato” con tanto ferro) vengano irrobustite. Se la memoria non mi fa brutti scherzi, all'indomani del drammatico e disastroso sisma in Abruzzo, gli inviati che giravano da una città all'altra, da una paese ad una frazione, da un paesotto a un borgo, si imbatterono in una casa che aveva ben resistito: danni praticamente lievi mentre tutto intorno regnava la distruzione. Intervistato il proprietario, questi informò i cronisti che l'abitazione (se ben ricordo, una villetta ad un piano o due) era stata restaurata di recente e poiché si trattava di una vcchia struttura in pietra, in zona sismica, era loro venuto in mente di “irrobustirla”: larghe fasce perimetrali in ferro, rese tra loro solidali, a creare una sorta di gabbia; robusti reticoli elettrosaldati internei ed esterni per costituire un contenimento al “traballare” delle pareti in caso di sisma; rifacimento della copertura con materiali nuovi e più leggeri (per i pesi) ma con sistemi che, sempre nel malaugurato caso di un sisma, non collassassero ma fossero tenuti comunque sempre insieme. Mi chiedo: se venissero date rapide, concrete, direttive (dopo adeguato approfondimento da parte di soggetti esperti: potrebbe darsi che il mio “fanta-ipotizzare” abbia minor valore di un buco... nell'acqua!) l'Italia potrebbe diventare tutto un cantiere. Abitazioni molto più sicure, piccoli paesi che ritroverebbero una nuova realtà (che senso ha definire “centro storico” solo agglomerati di vecchie costruzioni, senza poterle neanche poterle manutenere perchè piene di vincoli e vincolini? Che senso ha avere paesi cui la poca assennatezza degli amministratori ha diviso in due, tre parti, sottoposte ora ai vincoli di un ente-parco ora a quelli paesaggistici ora di antrambi: con il pratico risultato che chi desiderava edificare ha abbandonato il “centro” (svuotandolo) per recarsi nell'area periferica (di fatto divenuta la new-town). Non sarebbe utile, ferma restando l'applicazione di semplici quanto corretti vincoli, dare la possibilità ai cittadini di ogni centro abitato di potersi pronunciare in una libera consultazione al fine di modificare gli attuali ed intangibili “piani regolatori” in più elastici “piani di fabbricazione”? Benefici: rilevanti, sotto il profilo della propulsione edilizia, delle opportunità originate da nuovi posti di lavoro, dai ritorni fiscali (incentivi con il meccanismo della detraibilità), eventuale emersione del “nero” dal momento che i lavori dovrebbero essere condotti da imprese “vere”, “registrate” e “fiscalmente” rilevate.

E' indispensabile che a corredo del mio pensiero, aggiunga una cosa: dove trovare

Una nota a parte – e ben più lunga e dettagliata potrebbe essere – la dedico alla trattazione degli impulsi che sembrano pervadere questo o quel soggetto politico, questa o quella parte politica, nella trattazione della tematica legata alla sfera dei diritti racchiusa nel concetto di ius soli. Utile e ovvia premessa é quella che non sussiste in me volontà discriminatoria o razzista o alternativo-ostativa della solidarietà. Ma è pur vero che per esercitare la solidarietà e quant'altro di bello/utile/valido/nobile possa esservi, occorre che la solidarietà sia prestata con animo intenso e disinteressato, ma anche che vi possa essere un ritorno nell'impegno: così che, chi riceve solidarietà, possa essere messo anche in condizione di poter esprimere analogo impegno. Ciò detto, e preso atto di quella che é la realtà sociale/economia/finanziaria/sanitari dell'Italia, con un drastica e drammatica revisione/riduzione dell'assistenza sanitaria (con moltissimi scosti diretti ed indiretti a carico del cittadino), non si può non prendere atto che sic rebus stantibus non possiamo garantire alcuna accoglienza in quanto non abbiamo né lavoro né pane neanche per i nostri figli (basta vedere le statistiche, comunque per difetto, delle famiglie al di sotto della soglia di povertà o al limite di essa), per cui sarebbe difficile se non impossibile sfamare/mantenere altri soggetti che intendano unirsi agli abitanti di questo nostro Paese. Parlandone chiaro pubblicamente, anche e soprattutto in sede di stampa estera, non ci possono essere fraintendimenti; del pari bisogna spiegare chiaramente che ogni risorsa disponibile deve essere rivolta alla popolazione ancor prima che agli “ospiti” cui – peraltro – ciò che può essere offerto in regime di assistenza neanche basta, visto che nell'ascoltarli tutti sono pronti a parlare di “loro diritti”, reclamandoli peraltro a gran voce, dichiarandosi spesso persino “trattati male” ovvero al di sotto di quello che “si aspettavano”. E' quindi inutile mantenere i costi assolutamente improduttivi dei vari “campi” così come non è più pensabile poter elargire provvidenze e benefici mensili a chi non è italiano, ma è pur sempre ospite – affatto temporaneo -: sarebbe meglio destinare queste risorse economiche ai figli d'Italia senza un lavoro o che non riescono a pagare le rette scolastiche o alle famiglie già in fascia di sopravvivenza, piuttosto che non continuare a “dare senza nulla avere” a chi disdegna comunque (è la storia a dirlo) il lavoro normale, preferendo riferirsi ad una visione di tipo tribale con un tipo di vita che per noi é impensabile ma che viene ricondotto ad una “loro diversa e opposta cultura”. “Cultura” - anzi pseudo-cultura – che dovrebbe essere da noi accettata: anche obtorto collo! Almeno Secondo i teoreti di una integrazione di fatto impossibile: già perché – anche questo é provato, oltre ogni ragionevole dubbio – il concetto di “integrazione” ovvero l'aspirazione alla stessa, é naufragato persino clamorosamente in ambito europeo (l'esperienza tedesca al riguardo ne fu un'anticipazione, neanche un po' presa in esame dalla nostra classe amministrativo/politica); i primi a dimostrare di non volersi integrare nelle realtà socio/politiche (intese nel senso più ampio del termine polis) ospitanti furono proprio gli immigrati/gli stranieri, che così costituivano dei loro nuclei compatti per etnia/fede/visione amministrativa/usanze, gestiti internamente con le stesse regole vigenti nel loro paese d'origine: spesso in contrasto quando non in conflitto con quelle dello stato estero ospitante. In sintesi: soggetti disposti a cogliere le opportunità di lavoro, capaci di far valere quei diritti che lo stato ospitante concede loro, ma fermamente intenzionata a mantenere i propri costumi, le proprie usanze, le proprie modalità di vita sociale/politica/religiosa.

Altro che “integrazione”!

Accantonato questo "sogno" a lungo accarezzato da certa intellighentia nostrana (quella ricca e nazional-popolare, quella demagoga e populista che non dividerebbe la sua casa con una famiglia rom..., quella che parla dei bisogni e della fame altrui mentre si titilla il palato con cibi e vini prelibati e costosi, quella che indossa abiti costosi e non dona un euro ai bisognosi, quella che si commuove per un disperato in cerca di lavoro o per un bambino malnutrito o per le pensioni da fame di centinaia di miglia di pensionati senza offrire un minimo contributo - salvo le tante morbide, umide, eccessive parole - alla "ricostruzione" di quest'Italia lacerata da divisioni, odi, incomprensioni, spinte ribelli) bisogna allora investire ancor di più nell'attuazione ottimale di una società “multirazziale”, con regole precise valide per tutte le parti interessate; soprattutto occorre fermare questa spirale perversa che assorbe risorse che potrebbero essere invece destinate agli italiani, ai disoccupati, ai giovani che cercano inutilmente lavoro! Non si può pensare di poter ancora sostenere quelli che sono dei “lussi”, ovvero “solidarietà mal indirizzata” verso chi non intende lavorare, non ha cultura del lavoro, preferisce delinquere in quanto fa parte delle proprie “usanze”, ma pretende di essere mantenuto, di avere questo o quel diritto, non avendo peraltro alcunché da perdere. Bisogna avere il coraggio di dire: fino a ieri si é potuto fare così, da oggi non é più possibile e quelle poche risorse che abbiamo dobbiamo indirizzarle verso gli italiani. Qui lavoro per ora non ce n'é, per cui è inutile che veniate in Italia – magari a rischio della vostra vita ed a caro prezzo -, non possiamo accogliervi, non possiamo sfamarvi, non possiamo darvi alcuna assistenza sanitaria (visto che l'abbiamo ridotta drasticamente agli stessi italiani), non possiamo darvi un tetto. Tutto qui: poi si vedrà, non appena la situazione migliorerà. Ciò che potremo fare, lo faremo a vostro vantaggio mandando aiuti nella vostra terra: anche perchè – e questo non è mai stato sottolineato abbastanza – le radici di ogni essere, di ogni popolo, vanno rispettate e salvaguardate; così, è più giusto aiutare questi nostri fratelli (sicuramente più sfortunati di noi: almeno secondo i nostri parametri) a crescere nella loro terra senza che debbano allontanarsi dai suoi valori, dalle sue tradizioni, dai suoi ricordi, piuttosto che accoglierli in un modo che in ogni caso non é soddisfacente. Penso, infatti, che non sia dignitoso - per questa gente che arriva, con troppe speranze e spesso con pretese proporzionali ad esse, e quindi sovradimensionate – essere mantenuti, sfamati, vestiti (tutte condizioni che rientrano nella comune definizione di “assistenza”): senza altri sbocchi, poiché é da tempo che non ve ne sono. La stessa cifra del loro “costo” giornaliero in Italia, qualora fosse resa loro disponibile nel loro paese d'origine, avrebbe sicuramente molto, molto, più valore e consentirebbe di poter “fare” più cose e maggiormente produttive.

Senza contare che, al di là della sensazione positiva ed i voli pindarici che il “bene” ed il “far del bene” ci fanno fare, la realtà di queste situazioni è drammaticamente sotto i nostri occhi: esistono dei racket che presidiano in modo capillare ogni settore della vita dei c.d. “extracomunitari” ( ma non solo!), dall'accattonaggio (anche con il coinvolgimento di minori), ai semafori, agli ambulanti, alle donne in strada e di strada, allo spaccio di stupefacenti, ai furti. Non si continui quindi a sostenere il leit-motiv propagandistico/elettorale sulla cui base tutta questa massa di soggetti costituisca una risorsa (ancor peggio se intesa quale rimpiazzo di soggetti italiani che, pur sostenendo di essere in cerca di lavoro... in realtà lo disdegnano): ho conosciuto splendide persone, straniere, che con dignità, forza e coraggio si impegnano quotidianamente in mille piccole attività; modeste ma affrontate sempre con dignità e onestà. Così come ci sono italiani onesti e italiani disonesti, anche tra gli stranieri/extracomunitari avviene ciò: e le male azioni degli uni non possono contagiare gli altri. Ma da qui a sostenere che tutti possano costituire (in positivo) una risorsa e che tutti vadano protetti o che tutti debbano beneficiare di assistenza e quant'altro, a prescindere da ogni altra possibile considerazione, é francamente un po' troppo. Specie in questo momento. Ed é una visione, la nostra, che il resto d'Europa non ha: l' Europa, a casa sua, non ama accogliere ad occhi chiusi chiunque si presenti sul proprio territorio; e faremmo bene a prenderne atto anche noi, operando di conseguenza. Aiuti ai bisognosi, sì; assistenza, sì: ma nella loro nazione, poiché non devono essere sradicati dal loro habitat naturale, dalla loro storia, dalle loro tradizioni, poiché crescendo lì potranno aiutare anche altri loro concittadini a superare analoghe difficoltà.
 
Roma, 18 Maggio 2013                                             Giuseppe Bellantonio
 (segue)


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lunedì 13 maggio 2013

PER CAPIRE UN PO' DI QUESTA ITALIA IN QUESTA EUROPA - Parte II°


Si é così creato un habitat per il proliferare indisturbato di qualunquismo e nichilismo (non post-moderni, bensì anti-moderni), dando così forma e sostanza a un poderoso arsenale dialettico (infarcito di vetero-pseudo-ideali, luoghi comuni, ricerca dello scontro fisico piuttosto che non del confronto, proposte urlate).

E' questo il serbatoio al quale attingono capipopolo e magici pifferai di ogni luogo: i suoi contenuti sono tossici al punto di poter avvelenare (leggasi: influenzare) anche quanti hanno da tempo abbandonato l'idea delle singole nazioni per spaziare nell'Europa Unita, sentendosi “cittadini” di un'Europa che però è ancora da realizzare. Personalmente, condivido quanto sostenuto da molti critici circa lo stato d'animo degli stessi tedeschi: anche se a parole si dicono europeisti convinti, oggi tendono a sentirsi cittadini di un’Europa tedesca piuttosto che non di una Germania europea.

Una visione tutto sommato coerente, poiché si tende sempre a sostenere il modello socio-politico-economico che offre più garanzie, specie se rapportate al mantenimento del benessere di un Paese e quindi dei suoi cittadini.

E' indubbio che questa Unione Europea non è quella vagheggiata, voluta, costruita e sostenuta dai suoi Padri fondatori: è preda di orgogli ed egoismi nazionali che vanificano ogni richiesta di aiuto da parte dei più deboli, spesso salvati da una “rapida morte” per condannarli a condizionamenti vincolanti (anche sofferti: come può essere sofferto scegliere tra il “bere e l'affogare”); al punto da rendere problematica ogni aspettativa di crescita e di sviluppo futuri, salvo essere autorizzati ad ogni passo che si fa, anche se piccolo, dai creatori di quell'Europa odierna abbigliata con le vesti di Nazione-matrigna.

Questa é la percezione che se ne ha: che così non sia deve essere ora dimostrato da chi ne abbia il dovere e l'autorità.

Senza tentennamenti.

Diversamente, capipopolo e pifferai magici continueranno a battere la grancassa per disgregare definitivamente questa Europa (in verità, poco unita: quantomeno sugli originari ed originali principi cardine): le lingue, i dialetti, dell’anti-europeismo martellano senza risparmio, attribuendo a “questa” Unione Europea – e specialmente alla sua moneta unica, l'euro – tutto il fallimento che é sotto i nostri occhi. E' inutile continuare su questa linea, anzi è necessario andarsene al più presto o non aderirvi mai al fine di non perdere la propria sovranità specie nelle politiche industriali e di bilancio, come nella gestione dei cambi.

Questo è quanto sostengono i neonazisti greci di Alba Dorata o i radicali comunisti di Syriza o i britannici dell'Uk Independence Party o i “Veri Finlandesi” di estrema destra del Perussuomalaiset o gli olandesi del Partij voor de Vrijheid (il “Partito per la Libertà” fondato da Geert Wilders) o i magiari del Fidesz di Victor Orbán. Non casi isolati, ma un vero movimento che di giorno in giorno acquista nuovo vigore facendo breccia nella paura, nello scontento e nell'esasperazione delle genti.

Purtroppo, la medicina rischia di essere peggiore del male, poiché mancano precisi studi – e soprattutto, affidabili valutazioni quantitative - su come reagirebbe il sistema dei singoli Stati e quello complessivo di tutti gli Stati oggi aderenti qualora si tornasse agli Stati sovrani. Ogni azione, scatena una reazione: e in questo caso sarebbe di segno opposto e contrario; chi è stabile potrebbe sopportare gli scossoni ritrovando un nuovo seppur diverso equilibrio. Ma chi fosse già traballante, finirebbe per essere travolto; da qui due le possibili alternative: risollevarsi ricostruendo ex-novo il paese oppure unirsi ad alleati stabili e verificati per superare insieme nel segno della ricostruzione.

Prima di passare alle conclusioni nella terza parte di questo mio intervento, desidero rifarmi a due citazioni: di Pascal “Ci sono due gradi di eccessi, escludere la ragione e non vedere altro che la ragione” e Aristotele “Quello che é in nostro potere fare, è in nostro potere non fare”.

Solo apparentemente sono distanti tra di loro - nei significati e nell'applicabilità - nello specifico del contesto qui trattato, ma a mio avviso sono invece estremamente ricche di suggestioni.

Occorre produrre una schietta testimonianza che la vera, autentica Massoneria – quella più antica e tradizionale, cavalleresca, altruista e solidale - é ricca di umori vivi e correttamente propulsivi?

Se la risposta é affermativa – e non può essere diversa, se origina da soggetti non solo culturalmente ed esotericamente preparati, ma anche intimamente già pre-disposti ad un diverso e più profondo sentire del proprio animo - a tutti indistintamente gli Iniziati mi permetto di suggerire un maggiore impegno diretto, personale, così da essere più incisivamente presenti nella vita quotidiana, nei rapporti con la società e con i loro concittadini: essi sono, per cultura iniziatica ed esoterica, gli elementi ideali - ovviamente super partes e scevri da quelle passionalità e da quegli impulsi utili solo a deteriorare ogni contributo – per contribuire alla ricerca di sani equilibri alimentati dalla giusta emotività oltre che dal sommo rispetto per le regole che presidiano la civile convivenza, oltre che il rispetto delle Leggi, scritte e non scritte.

Deve essere respinto ogni tentativo di far degenerare il clima sociale e politico, senza per questo scendere nell'arena dello scontro ma solo alimentando con ogni forza il confronto; devono essere additati/sottolineati/evidenziati i pericoli che sono riposti in quelle equazioni che sono purtroppo sotto gli occhi di tutti e che taluno “gode” a rimarcare: violenza = libertà; protesta = sobillazione; vandalismo = ribellione.

Ci sono fautori e nostalgici dello “scontro fisico”, che continuano ad infiammare gli animi con parole pregne di violenza, di rabbia, di intenti disgregatori e distruttivi: sono coloro che sostengono da sempre che bisogna “abbattere il sistema”, che bisogna far “pagare la crisi ai banchieri, ai palazzinari agli speculatori” (ma non sono proprio quelli che, la crisi, l'hanno sentita poco e niente?), che occorre che il “popolo si riappropri del Parlamento”. Ma, al di là delle parole – e del loro nefasto effetto, specie sui giovani e sulle menti più deboli/predisposte/disponibili – c'é il vuoto: all'assenza o all'inconcretezza delle parole, fa da contorno una strana situazione. Colpisce che a parlare di “diritti” (ma molto poco di “doveri”), che a stimolare “marce” e “occupazioni” per “riprendersi il potere” “mandando tutti a casa”, sia gente che “dice” di parlare al popolo, che “dice” di parlare per il popolo, che “dice” di voler fare di tutto per il recupero di una cittadinanza attiva (tanto e subito... ma non si sa come, con quali mezzi e tramite quali soggetti), che “dice” di voler eliminare le disuguaglianze e gli strabismi del “sistema”, che “dice” di voler prendere da chi più ha per dare ai più bisognosi (intento lodevole, comunque: ma occorrerebbe prima indicare chi/cosa/come debba essere inteso “ricco” e chi “povero”); che “dice” di voler dare lavoro/opportunità specie ai giovani, senza però approfondire il chi/come/quando/con quali mezzi (in questo caso, i critici sono alla pari con coloro che vengono criticati: è più facile, quanto inconcreto, enunciare piuttosto che fare/saper fare); che insegue i politici nei ristoranti per sputare loro in faccia o per urlare loro una rabbia scurrile e lorda di preconcetti, odio sociale (quello stesso odio di marca estremista, covato a lungo nel brodo di coltura degli agit-prop di professione: identico in ogni epoca e ad ogni latitudine, salvo il colore delle “bandiere”).

Deve essere sostenuta la “famiglia”, riscoprendone e arricchendone significato, ruolo e valore, mettendola in condizione di poter sostenere una vita dignitosa anche attraverso i figli, figli che non possono essere visti/considerati un “peso” bensì un “investimento”; umano, culturale, sociale, specie in chiave futura. Ma alla “famiglia”, cui va riconosciuto questo ruolo insostituibile – la cui erosione, il cui deteriorarsi, sono all'origine dell'instaurarsi di nuovi e diversi meccanismi, affatto positivi – deve essere fornito ogni supporto utile alla sana crescita: dalle scuole alla sanità; dalle provvidenze a sostegno della crescita – da estendere fino al compimento della maggiore età -, alla individuazione di forme di insegnamento - già in età scolare – di materie tecnico-pratiche, con perfezionamento in laboratori attrezzati: così da consentire già l'indirizzo verso attività di mestiere; dalla possibilità di accedere ad alloggi decorosi e a canoni pre-definiti alla definizione di adeguati sostegni a quelle che ospitano soggetti colpiti da patologie invalidanti anche croniche. E questo solo per citare alcuni esempi.

Devono essere respinti, anche attraverso una maggiore e migliore corresponsabilizzazione del ruolo della famiglia, i percorsi deviati che possano coinvolgere giovani e meno giovani sul terreno delle droghe (anche quelle c.d. “leggere”! Che non sono né “leggere” né prive di rischi, e che anzi sono propedeutiche all'uso di quelle più “pesanti”), della eccessiva e deteriore libertà/promiscuità sessuale, dell'uso/abuso di fumo e alcool anche in età drammaticamente adolescenziale. La famiglia, quale primo e fondamentale baluardo, non può rinunciare né abdicare a questo suo ruolo importantissimo di “maestra” e “guida” sicura!

Deve essere compreso che la nostra storia, la nostra cultura di italiani – anche se cittadini d'Europa – non deve farci abbandonare quelle più corrette posizioni, quel corretto modo di pensare/agire, alla base dei “quattro paletti” a presidio dei più tradizionali valori. Poco sopra ho trattato della Francia, che ha forzato nel dare riconoscimenti alle coppie omosessuali, ed é partita anche in Italia una sorta di smania – tutto sommato, non comprensibile e non condivisibile – per avviare sollecitamente un percorso analogo. Ma se per giustificare il raggiungimento di questo tipo di obiettivo prendiamo a campione quelle Nazioni, ovvero entità statali più piccole, che hanno voluto eliminare i tabù etici/morali/religiosi complessivamente esistenti per favorire quelle che sono erroneamente definite “minoranze” con i loro “presunti diritti”, vediamo che tutte hanno “sistemi” sociali, politici e religiosi diversi – anche molto diversi – dai nostri: diverso background religioso, diverse dinamiche sociali, diversa presenza dello Stato nel rapporto con i cittadini e con la sfera dei diritti/doveri in capo a ciascuno di essi. Ne consegue che non tutti i modelli – anche quelli a prima vista migliori - sono esportabili/copiabili/applicabili specie in situazioni oggettivamente diverse. Vero è che ci possono essere spinte – esterne, talvolta impalpabili – per far sì che vengano presi in considerazione certe “novità”: ma spesso sono dettate da sottili “concorrenze” sviluppatesi a livello etico/morale/comportamentale/storico nell'ambito di sistemi e correnti religiose. Non possiamo, noi Italiani, “copiare” sempre e comunque i modelli che l'estero ci propone/offre, poiché questi possono anche essere talmente tossici da inquinare la vita sociale e religiosa della stragrande maggioranza dei cittadini. Ben vengano, quindi, norme che possano regolare complessivamente i rapporti e la vita delle “coppie di fatto”, comunque esse siano formate e sempre che la loro costituzione non sia avversa e contraria preesistenti norme di Legge ovvero dannose per singoli e collettività.

Trovare altre formulazioni, sfornare nuove leggi, mobilitare l'opinione pubblica e quanti possano essere “facili” ad innamorarsi delle c.d. “nobili cause” sarebbe sbagliato oltre che dannoso: penso che non si possano mortificare valori e tradizioni per “premiare” chi segua un proprio – libero, per carità: e chi lo discute?! - percorso personale contraddistinto da gusti/tendenze/predilezioni su una base fisica particolare/non tradizionale e che tutto sommato si può vivere anche senza smanie di pubblicizzarla - semplicemente con discrezione, piuttosto che non con spavalderia -, e che comunque non vuol disconoscere la possibile componente affettiva e solidaristica delle parti interessate. Diversamente si imporrebbe un “valore” nuovo la cui qualità e le cui implicazioni – sempre che ve ne possano essere, in Italia e per gli Italiani – sarebbero tutte da dimostrare; d'altronde, anche ad altre situazioni che oggi rientrano nel novero delle “abitudini private” ovvero di quelli che una volta erano chiamati “vizi”, potrebbero essere applicate similari politiche di c.d. “sdoganamento”: ma con quali effetti devastanti?

Salterebbero le vecchie regole, ma prima di esse le antiche tradizioni, quei valori ad oggi custoditi con sufficiente attenzione: ne vale la pena, mi chiedo? C'é bisogno di leggi “speciali” per tutelare/ufficializzare quelli che sono gusti/tendenze/predilezioni appartenenti alla sfera dell'intimo? Per far diventare “non equivoco” e “normale” ciò che quantomeno é particolare/non tradizionale? Mi sembra eccessivo e fuorviante: quindi, senza falsi bigottismi e senza mettere in campo utili energie che oggi é forse meglio mobilitare per cause pragmaticamente più importanti, credo sia utile e vantaggioso approdare ad una nuova disciplina delle “coppie di fatto”. Semplicemente.

Occorre procedere – in particolar modo – ad una modifica di talune norme di Legge e della loro applicazione in sede Giudiziaria. Proprio sulla base di quanto è dato cogliere ultimamente dalle cronache quotidiane, i reati contro la persona sono in crescita: il comune sentire dei cittadini indica che è auspicata l'introduzione di norme che prevedano per i reati contro la persona (ad esempio: omicidi tentati o consumati, rapine tentate o consumate, violenze anche tentate, stupri e tentati stupri, molestie/abusi specie se reiterati su donne e minori, ecc.) iter processuali rapidissimi – una sorta di corsia giudiziaria privilegiata -, pene accresciute – tali da scoraggiare il consumarsi di questo tipo di reato, non più contemplando l'applicazione di attenuanti -, pene definitive – cioè, la Corte, in presenza di questi tipi di reato si pronuncia con una sentenza definitiva e con l'indicazione di una pena da scontare per intero, senza alcun beneficio di successivi sconti o riduzioni). Analoga percussione deve subito essere rivolta alla migliore qualificazione di “omicidio/tentato omicidio/lesioni per guida in stato alterato da uso di sostanze alcoliche e/o stupefacenti e/o narcolettiche”: chi si mette alla guida in siffatte condizioni, non può sostenere alcunché a propria discolpa ovvero a propria difesa; inoltre, a costoro la patente va ritirata a vita, per la guida di qualunque tipo di veicolo e/o motoveicolo. Ritiro assoluto della patente, confisca del mezzo, penalizzazione del reato con una detenzione minima certa di almeno “X” anni a chi guidi sprovvisto di assicurazione o con titoli di guida non validi ovvero alterati/falsificati. A questo ed altro, dovrebbe fare da contorno un massiccio investimento per riqualificare l'attività delle Forze dell'Ordine – già intensamente impegnate, e con rilevanti sacrifici, a difendere i cittadini e le istituzioni -, adeguandole in mezzi e specificità al fine di rendere ancora più concreto, rapido e incisivo il loro intervento, tanto di prevenzione che di repressione dei reati. Sono, infine, dello stesso pensiero di quanti guardano con interesse a come si svolga la vita giudiziaria di altre Nazioni europee: per evitare spreco di mezzi e di risorse, i processi vengono istruiti su base probatoria. Ci sono prove, ovvero tanti indizi+una prova almeno, diretta/grave/assoluta/certa/convincente, per sostenere con successo un'accusa? Bene, il processo può essere celebrato: diversamente, evitando di percorrere “teoremi” o impianti accusatori basati su pur eccellenti “congetture” che sempre tali restano, si dovrà approfondire ancor più l'indagine e tenere sotto controllo il sospetto; il concetto é semplice, poiché vuol pervenire alla condanna di imputati di cui sia già in buona parte dimostrata la colpevolezza con economie nella gestione della macchina giudiziaria, minor carico di impegno e di lavoro, tempi assolutamente rapidi.

I sistemi bancario, finanziario e borsistico devono essere rivisti attraverso un potenziamento dei controlli, ma soprattutto occorre adeguare un sistema bancario che – come sta accadendo in Italia – stenta ad erogare il credito, non fa riferimento a banche degne di tale nome. Le banche non possono essere solo strumento di raccolta, per poi investire a loro insindacabile piacimento (la qual cosa, come si é visto, per lo più non é che sia andata molto bene... anzi!): le banche devono sostenere, pur se in un'atmosfera di dovuta cautela, le iniziative e la produttività di una nazione, specie in questo momento caratterizzato da un costo del denaro veramente ai minimi. Se dovessero fare solo da “salvadanaio”, ebbene non avremmo bisogno delle banche, ovvero di tante banche: che ci facciamo? Banca d'Italia, Consob e Autorità Garanti devono avere libera e diretta possibilità ispettiva, di controllo, di verifica e di intervento: in diretta relazione con la Guardia di Finanza, alla quale in ogni caso devono essere inviate copie dei report di ogni verifica per le eventuali autonome valutazioni, da trasmettere – eventualmente e ricorrendone – all'AG con le possibili note di corredo.
 
Roma, 13 Maggio 2013 
(segue)                                                             Giuseppe Bellantonio

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