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lunedì 13 maggio 2013

PER CAPIRE UN PO' DI QUESTA ITALIA IN QUESTA EUROPA - Parte II°


Si é così creato un habitat per il proliferare indisturbato di qualunquismo e nichilismo (non post-moderni, bensì anti-moderni), dando così forma e sostanza a un poderoso arsenale dialettico (infarcito di vetero-pseudo-ideali, luoghi comuni, ricerca dello scontro fisico piuttosto che non del confronto, proposte urlate).

E' questo il serbatoio al quale attingono capipopolo e magici pifferai di ogni luogo: i suoi contenuti sono tossici al punto di poter avvelenare (leggasi: influenzare) anche quanti hanno da tempo abbandonato l'idea delle singole nazioni per spaziare nell'Europa Unita, sentendosi “cittadini” di un'Europa che però è ancora da realizzare. Personalmente, condivido quanto sostenuto da molti critici circa lo stato d'animo degli stessi tedeschi: anche se a parole si dicono europeisti convinti, oggi tendono a sentirsi cittadini di un’Europa tedesca piuttosto che non di una Germania europea.

Una visione tutto sommato coerente, poiché si tende sempre a sostenere il modello socio-politico-economico che offre più garanzie, specie se rapportate al mantenimento del benessere di un Paese e quindi dei suoi cittadini.

E' indubbio che questa Unione Europea non è quella vagheggiata, voluta, costruita e sostenuta dai suoi Padri fondatori: è preda di orgogli ed egoismi nazionali che vanificano ogni richiesta di aiuto da parte dei più deboli, spesso salvati da una “rapida morte” per condannarli a condizionamenti vincolanti (anche sofferti: come può essere sofferto scegliere tra il “bere e l'affogare”); al punto da rendere problematica ogni aspettativa di crescita e di sviluppo futuri, salvo essere autorizzati ad ogni passo che si fa, anche se piccolo, dai creatori di quell'Europa odierna abbigliata con le vesti di Nazione-matrigna.

Questa é la percezione che se ne ha: che così non sia deve essere ora dimostrato da chi ne abbia il dovere e l'autorità.

Senza tentennamenti.

Diversamente, capipopolo e pifferai magici continueranno a battere la grancassa per disgregare definitivamente questa Europa (in verità, poco unita: quantomeno sugli originari ed originali principi cardine): le lingue, i dialetti, dell’anti-europeismo martellano senza risparmio, attribuendo a “questa” Unione Europea – e specialmente alla sua moneta unica, l'euro – tutto il fallimento che é sotto i nostri occhi. E' inutile continuare su questa linea, anzi è necessario andarsene al più presto o non aderirvi mai al fine di non perdere la propria sovranità specie nelle politiche industriali e di bilancio, come nella gestione dei cambi.

Questo è quanto sostengono i neonazisti greci di Alba Dorata o i radicali comunisti di Syriza o i britannici dell'Uk Independence Party o i “Veri Finlandesi” di estrema destra del Perussuomalaiset o gli olandesi del Partij voor de Vrijheid (il “Partito per la Libertà” fondato da Geert Wilders) o i magiari del Fidesz di Victor Orbán. Non casi isolati, ma un vero movimento che di giorno in giorno acquista nuovo vigore facendo breccia nella paura, nello scontento e nell'esasperazione delle genti.

Purtroppo, la medicina rischia di essere peggiore del male, poiché mancano precisi studi – e soprattutto, affidabili valutazioni quantitative - su come reagirebbe il sistema dei singoli Stati e quello complessivo di tutti gli Stati oggi aderenti qualora si tornasse agli Stati sovrani. Ogni azione, scatena una reazione: e in questo caso sarebbe di segno opposto e contrario; chi è stabile potrebbe sopportare gli scossoni ritrovando un nuovo seppur diverso equilibrio. Ma chi fosse già traballante, finirebbe per essere travolto; da qui due le possibili alternative: risollevarsi ricostruendo ex-novo il paese oppure unirsi ad alleati stabili e verificati per superare insieme nel segno della ricostruzione.

Prima di passare alle conclusioni nella terza parte di questo mio intervento, desidero rifarmi a due citazioni: di Pascal “Ci sono due gradi di eccessi, escludere la ragione e non vedere altro che la ragione” e Aristotele “Quello che é in nostro potere fare, è in nostro potere non fare”.

Solo apparentemente sono distanti tra di loro - nei significati e nell'applicabilità - nello specifico del contesto qui trattato, ma a mio avviso sono invece estremamente ricche di suggestioni.

Occorre produrre una schietta testimonianza che la vera, autentica Massoneria – quella più antica e tradizionale, cavalleresca, altruista e solidale - é ricca di umori vivi e correttamente propulsivi?

Se la risposta é affermativa – e non può essere diversa, se origina da soggetti non solo culturalmente ed esotericamente preparati, ma anche intimamente già pre-disposti ad un diverso e più profondo sentire del proprio animo - a tutti indistintamente gli Iniziati mi permetto di suggerire un maggiore impegno diretto, personale, così da essere più incisivamente presenti nella vita quotidiana, nei rapporti con la società e con i loro concittadini: essi sono, per cultura iniziatica ed esoterica, gli elementi ideali - ovviamente super partes e scevri da quelle passionalità e da quegli impulsi utili solo a deteriorare ogni contributo – per contribuire alla ricerca di sani equilibri alimentati dalla giusta emotività oltre che dal sommo rispetto per le regole che presidiano la civile convivenza, oltre che il rispetto delle Leggi, scritte e non scritte.

Deve essere respinto ogni tentativo di far degenerare il clima sociale e politico, senza per questo scendere nell'arena dello scontro ma solo alimentando con ogni forza il confronto; devono essere additati/sottolineati/evidenziati i pericoli che sono riposti in quelle equazioni che sono purtroppo sotto gli occhi di tutti e che taluno “gode” a rimarcare: violenza = libertà; protesta = sobillazione; vandalismo = ribellione.

Ci sono fautori e nostalgici dello “scontro fisico”, che continuano ad infiammare gli animi con parole pregne di violenza, di rabbia, di intenti disgregatori e distruttivi: sono coloro che sostengono da sempre che bisogna “abbattere il sistema”, che bisogna far “pagare la crisi ai banchieri, ai palazzinari agli speculatori” (ma non sono proprio quelli che, la crisi, l'hanno sentita poco e niente?), che occorre che il “popolo si riappropri del Parlamento”. Ma, al di là delle parole – e del loro nefasto effetto, specie sui giovani e sulle menti più deboli/predisposte/disponibili – c'é il vuoto: all'assenza o all'inconcretezza delle parole, fa da contorno una strana situazione. Colpisce che a parlare di “diritti” (ma molto poco di “doveri”), che a stimolare “marce” e “occupazioni” per “riprendersi il potere” “mandando tutti a casa”, sia gente che “dice” di parlare al popolo, che “dice” di parlare per il popolo, che “dice” di voler fare di tutto per il recupero di una cittadinanza attiva (tanto e subito... ma non si sa come, con quali mezzi e tramite quali soggetti), che “dice” di voler eliminare le disuguaglianze e gli strabismi del “sistema”, che “dice” di voler prendere da chi più ha per dare ai più bisognosi (intento lodevole, comunque: ma occorrerebbe prima indicare chi/cosa/come debba essere inteso “ricco” e chi “povero”); che “dice” di voler dare lavoro/opportunità specie ai giovani, senza però approfondire il chi/come/quando/con quali mezzi (in questo caso, i critici sono alla pari con coloro che vengono criticati: è più facile, quanto inconcreto, enunciare piuttosto che fare/saper fare); che insegue i politici nei ristoranti per sputare loro in faccia o per urlare loro una rabbia scurrile e lorda di preconcetti, odio sociale (quello stesso odio di marca estremista, covato a lungo nel brodo di coltura degli agit-prop di professione: identico in ogni epoca e ad ogni latitudine, salvo il colore delle “bandiere”).

Deve essere sostenuta la “famiglia”, riscoprendone e arricchendone significato, ruolo e valore, mettendola in condizione di poter sostenere una vita dignitosa anche attraverso i figli, figli che non possono essere visti/considerati un “peso” bensì un “investimento”; umano, culturale, sociale, specie in chiave futura. Ma alla “famiglia”, cui va riconosciuto questo ruolo insostituibile – la cui erosione, il cui deteriorarsi, sono all'origine dell'instaurarsi di nuovi e diversi meccanismi, affatto positivi – deve essere fornito ogni supporto utile alla sana crescita: dalle scuole alla sanità; dalle provvidenze a sostegno della crescita – da estendere fino al compimento della maggiore età -, alla individuazione di forme di insegnamento - già in età scolare – di materie tecnico-pratiche, con perfezionamento in laboratori attrezzati: così da consentire già l'indirizzo verso attività di mestiere; dalla possibilità di accedere ad alloggi decorosi e a canoni pre-definiti alla definizione di adeguati sostegni a quelle che ospitano soggetti colpiti da patologie invalidanti anche croniche. E questo solo per citare alcuni esempi.

Devono essere respinti, anche attraverso una maggiore e migliore corresponsabilizzazione del ruolo della famiglia, i percorsi deviati che possano coinvolgere giovani e meno giovani sul terreno delle droghe (anche quelle c.d. “leggere”! Che non sono né “leggere” né prive di rischi, e che anzi sono propedeutiche all'uso di quelle più “pesanti”), della eccessiva e deteriore libertà/promiscuità sessuale, dell'uso/abuso di fumo e alcool anche in età drammaticamente adolescenziale. La famiglia, quale primo e fondamentale baluardo, non può rinunciare né abdicare a questo suo ruolo importantissimo di “maestra” e “guida” sicura!

Deve essere compreso che la nostra storia, la nostra cultura di italiani – anche se cittadini d'Europa – non deve farci abbandonare quelle più corrette posizioni, quel corretto modo di pensare/agire, alla base dei “quattro paletti” a presidio dei più tradizionali valori. Poco sopra ho trattato della Francia, che ha forzato nel dare riconoscimenti alle coppie omosessuali, ed é partita anche in Italia una sorta di smania – tutto sommato, non comprensibile e non condivisibile – per avviare sollecitamente un percorso analogo. Ma se per giustificare il raggiungimento di questo tipo di obiettivo prendiamo a campione quelle Nazioni, ovvero entità statali più piccole, che hanno voluto eliminare i tabù etici/morali/religiosi complessivamente esistenti per favorire quelle che sono erroneamente definite “minoranze” con i loro “presunti diritti”, vediamo che tutte hanno “sistemi” sociali, politici e religiosi diversi – anche molto diversi – dai nostri: diverso background religioso, diverse dinamiche sociali, diversa presenza dello Stato nel rapporto con i cittadini e con la sfera dei diritti/doveri in capo a ciascuno di essi. Ne consegue che non tutti i modelli – anche quelli a prima vista migliori - sono esportabili/copiabili/applicabili specie in situazioni oggettivamente diverse. Vero è che ci possono essere spinte – esterne, talvolta impalpabili – per far sì che vengano presi in considerazione certe “novità”: ma spesso sono dettate da sottili “concorrenze” sviluppatesi a livello etico/morale/comportamentale/storico nell'ambito di sistemi e correnti religiose. Non possiamo, noi Italiani, “copiare” sempre e comunque i modelli che l'estero ci propone/offre, poiché questi possono anche essere talmente tossici da inquinare la vita sociale e religiosa della stragrande maggioranza dei cittadini. Ben vengano, quindi, norme che possano regolare complessivamente i rapporti e la vita delle “coppie di fatto”, comunque esse siano formate e sempre che la loro costituzione non sia avversa e contraria preesistenti norme di Legge ovvero dannose per singoli e collettività.

Trovare altre formulazioni, sfornare nuove leggi, mobilitare l'opinione pubblica e quanti possano essere “facili” ad innamorarsi delle c.d. “nobili cause” sarebbe sbagliato oltre che dannoso: penso che non si possano mortificare valori e tradizioni per “premiare” chi segua un proprio – libero, per carità: e chi lo discute?! - percorso personale contraddistinto da gusti/tendenze/predilezioni su una base fisica particolare/non tradizionale e che tutto sommato si può vivere anche senza smanie di pubblicizzarla - semplicemente con discrezione, piuttosto che non con spavalderia -, e che comunque non vuol disconoscere la possibile componente affettiva e solidaristica delle parti interessate. Diversamente si imporrebbe un “valore” nuovo la cui qualità e le cui implicazioni – sempre che ve ne possano essere, in Italia e per gli Italiani – sarebbero tutte da dimostrare; d'altronde, anche ad altre situazioni che oggi rientrano nel novero delle “abitudini private” ovvero di quelli che una volta erano chiamati “vizi”, potrebbero essere applicate similari politiche di c.d. “sdoganamento”: ma con quali effetti devastanti?

Salterebbero le vecchie regole, ma prima di esse le antiche tradizioni, quei valori ad oggi custoditi con sufficiente attenzione: ne vale la pena, mi chiedo? C'é bisogno di leggi “speciali” per tutelare/ufficializzare quelli che sono gusti/tendenze/predilezioni appartenenti alla sfera dell'intimo? Per far diventare “non equivoco” e “normale” ciò che quantomeno é particolare/non tradizionale? Mi sembra eccessivo e fuorviante: quindi, senza falsi bigottismi e senza mettere in campo utili energie che oggi é forse meglio mobilitare per cause pragmaticamente più importanti, credo sia utile e vantaggioso approdare ad una nuova disciplina delle “coppie di fatto”. Semplicemente.

Occorre procedere – in particolar modo – ad una modifica di talune norme di Legge e della loro applicazione in sede Giudiziaria. Proprio sulla base di quanto è dato cogliere ultimamente dalle cronache quotidiane, i reati contro la persona sono in crescita: il comune sentire dei cittadini indica che è auspicata l'introduzione di norme che prevedano per i reati contro la persona (ad esempio: omicidi tentati o consumati, rapine tentate o consumate, violenze anche tentate, stupri e tentati stupri, molestie/abusi specie se reiterati su donne e minori, ecc.) iter processuali rapidissimi – una sorta di corsia giudiziaria privilegiata -, pene accresciute – tali da scoraggiare il consumarsi di questo tipo di reato, non più contemplando l'applicazione di attenuanti -, pene definitive – cioè, la Corte, in presenza di questi tipi di reato si pronuncia con una sentenza definitiva e con l'indicazione di una pena da scontare per intero, senza alcun beneficio di successivi sconti o riduzioni). Analoga percussione deve subito essere rivolta alla migliore qualificazione di “omicidio/tentato omicidio/lesioni per guida in stato alterato da uso di sostanze alcoliche e/o stupefacenti e/o narcolettiche”: chi si mette alla guida in siffatte condizioni, non può sostenere alcunché a propria discolpa ovvero a propria difesa; inoltre, a costoro la patente va ritirata a vita, per la guida di qualunque tipo di veicolo e/o motoveicolo. Ritiro assoluto della patente, confisca del mezzo, penalizzazione del reato con una detenzione minima certa di almeno “X” anni a chi guidi sprovvisto di assicurazione o con titoli di guida non validi ovvero alterati/falsificati. A questo ed altro, dovrebbe fare da contorno un massiccio investimento per riqualificare l'attività delle Forze dell'Ordine – già intensamente impegnate, e con rilevanti sacrifici, a difendere i cittadini e le istituzioni -, adeguandole in mezzi e specificità al fine di rendere ancora più concreto, rapido e incisivo il loro intervento, tanto di prevenzione che di repressione dei reati. Sono, infine, dello stesso pensiero di quanti guardano con interesse a come si svolga la vita giudiziaria di altre Nazioni europee: per evitare spreco di mezzi e di risorse, i processi vengono istruiti su base probatoria. Ci sono prove, ovvero tanti indizi+una prova almeno, diretta/grave/assoluta/certa/convincente, per sostenere con successo un'accusa? Bene, il processo può essere celebrato: diversamente, evitando di percorrere “teoremi” o impianti accusatori basati su pur eccellenti “congetture” che sempre tali restano, si dovrà approfondire ancor più l'indagine e tenere sotto controllo il sospetto; il concetto é semplice, poiché vuol pervenire alla condanna di imputati di cui sia già in buona parte dimostrata la colpevolezza con economie nella gestione della macchina giudiziaria, minor carico di impegno e di lavoro, tempi assolutamente rapidi.

I sistemi bancario, finanziario e borsistico devono essere rivisti attraverso un potenziamento dei controlli, ma soprattutto occorre adeguare un sistema bancario che – come sta accadendo in Italia – stenta ad erogare il credito, non fa riferimento a banche degne di tale nome. Le banche non possono essere solo strumento di raccolta, per poi investire a loro insindacabile piacimento (la qual cosa, come si é visto, per lo più non é che sia andata molto bene... anzi!): le banche devono sostenere, pur se in un'atmosfera di dovuta cautela, le iniziative e la produttività di una nazione, specie in questo momento caratterizzato da un costo del denaro veramente ai minimi. Se dovessero fare solo da “salvadanaio”, ebbene non avremmo bisogno delle banche, ovvero di tante banche: che ci facciamo? Banca d'Italia, Consob e Autorità Garanti devono avere libera e diretta possibilità ispettiva, di controllo, di verifica e di intervento: in diretta relazione con la Guardia di Finanza, alla quale in ogni caso devono essere inviate copie dei report di ogni verifica per le eventuali autonome valutazioni, da trasmettere – eventualmente e ricorrendone – all'AG con le possibili note di corredo.
 
Roma, 13 Maggio 2013 
(segue)                                                             Giuseppe Bellantonio

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