Dall'Ill.mo e Fraterno Amico VIRGILIO GAITO - personaggio tra i più trasparenti e capaci che la Massoneria Italiana abbia contemplato a cavallo tra il XX° e XXI° secolo - riceviamo e volentieri pubblichiamo. Per motivi tecnici, l'articolo è qui riprodotto integralmente ma carente delle immagini di corredo. Ce ne scusiamo con l'Autore, VINICIO SERINO.
Massoneria, Massoni e Costituzione repubblicana.
Valori e
contaminazioni.
di Vinicio Serino
Massoni tra i
(magnifici) 75
Tra i componenti della Commissione dei 75, l’organo
incaricato di elaborare e proporre il progetto di Costituzione repubblicana, almeno cinque erano massoni. Il più famoso era
Meuccio Ruini, uomo politico,
storico, giurista, studioso di economia, presidente della stessa Commissione,
futuro presidente del Senato nel tempo “caldo” della “legge truffa”. “Eccolo l’edificio che abbiamo costruito: la
casa comune”, ebbe a dire del nuovo ordinamento nato dopo la Dittatura. Un
linguaggio non ignoto ai Liberi Muratori, da sempre impegnati nella costruzione
del proprio tempio interiore. E di quello di Salomone …
Tra i settantacinque c’era anche il latinista Concetto Marchesi, comunista di ferro,
colui che, secondo la vulgata, avrebbe
steso la condanna a morte di Gentile, in realtà opera di Girolamo Li
Causi. Massimo Teodori ha definito Marchesi "supposto fratello" e Luciano Canfora nel suo libro "La
sentenza“ ne ha avallato la massonicità (Canfora, 2005). Canfora rimanda
alla chiusa di un articolo de la “Libera stampa” di Lugano del 24.2.1944 nel
quale Marchesi rispondeva all’invito alla pacificazione nazionale avanzato mesi
prima da Giovanni Gentile :”No: è bene che la guerra continui … Rimettere la spada nel fodero, solo perché la
mano è stanca e la rovina è grande, è rifocillare l’assassino. La spada non va
riposta, va spezzata. Domani se ne fabbricherà un’altra? Non sappiamo. Tra oggi
e domani c’è di mezzo una notte ed una aurora”.
Ma
in un altro periodico della Resistenza, “Nostra lotta”, Girolamo Li
Causi cambiò il testo: “La spada non va risposta finché l’ultimo nazista non
abbia ripassato le Alpi, finché l’ultimo traditore fascista non sia sterminato.
Per i manutengoli del tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti, senatore
Gentile, la giustizia del popolo ha emesso la sentenza: morte”. La differenza
tra i due testi è evidente, esplicita la seconda, criptica la prima. Aldo Mola
sostiene che non esistono prove della massonicità di Marchesi, per altro noto
per il suo stalinismo. Forse la fama di libero muratore Marchesi se la
conquistò quando, disobbedendo a Togliatti, si espresse contro l'art. 7 della
Carta Costituzionale , la norma che manteneva nell’ordinamento repubblicano i
Patti Lateranensi (Mola, 1992).
L’operazione di spezzare la spada
sembra rimandare al rito praticato dalla assemblea dei dignitari del Grande
Oriente di Francia il 13 Maggio 1793 quando Filippo d’Orleans si ritirò dalla
sua dignità di G.M. perché in una repubblica “non vi deve essere alcun mistero
né alcuna riunione segreta”. Alla rottura della spada l’assemblea si manifestò
con una batteria di lutto segno, appunto, che l’ormai ex G.M. era da
considerarsi morto, almeno ritualmente (Clavel, 1843).
Calamandrei e l’aria della libertà
Altro nome (illustre) in ballo per la sua appartenenza
libero-muratoria è quello di Piero
Calamandrei. Lo sostiene, tra gli altri
M. Ghezzi. Il suo partito, il
Partito d'Azione, dice appunto M. Ghezzi, come il Partito Repubblicano, il
Partito Socialista aveva “fortissime presenze massoniche”.
Calamandrei, insigne giurista,
ordinario di procedura Civile a Siena e Firenze, fu sodale di Giovanni Amendola
e dei fratelli Rosselli, componente della commissione per il nuovo codice di
procedura civile, membro del CNL, uomo politico militante nel partito d’Azione
prima, tra le varie componenti del Socialismo liberale poi …
In un
celebre discorso sulla Costituzione tenuto nel Gennaio del 1955 alla Umanitaria
di Milano Calamandrei ebbe a dire, rivolto ai giovani, che “… la libertà è come
l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente
quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per
vent’anni … sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio
contributo alla vita politica …” Aggiungendo: ”E vi auguro di non trovarvi mai
a sentire questo senso di angoscia”, ma “di riuscire a creare voi le condizioni
perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni
giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo
alla vita politica … Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro
spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci
dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è
una delle gioie della vita), rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è
solo, che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, nei limiti
dell’Italia e del mondo …”
Celebre e continuamente citata la lapide ad ignominia dettata da Calamadrei in memoria del
partigiano Duccio Galimberti, del Corpo Volontari della Libertà e collocata
nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di protesta per l'avvenuta scarcerazione del
criminale nazista A. Kesserling, comandante delle forze di occupazione tedesca,
condannato a morte per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e rimesso in libertà già
nel 1952. Kesserling aveva spavaldamente sostenuto che gli italiani avrebbero
dovuto erigere in suo onore un monumento per quanto aveva fatto di bene nei
diciotto mesi dell’occupazione … E Calamandrei così gli rispose.
Lo avrai
camerata Kesserling
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve violata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto colla roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci troverai
morti e vivi con lo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.
La lapide in memoria del partigiano Duccio
Galimberti
Quella pietra su cui costruire il monumento che avrebbero
eretto gli italiani finalmente liberati proveniva (anche) dai cantieri
libero-muratori.
Continua Calamandrei “… quando leggo nell’art. 2:
«l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica,
sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in
mezzo alle altre patrie … questo è Mazzini!...
O quando io leggo nell’art. 8: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente
libere davanti alla legge», questo è Cavour!
O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali», questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze
armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico
della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la
pena di morte», ma questo è Beccaria!
Grandi voci lontane, grandi nomi lontani …” non ignoti al mondo delle logge …
Da notare che questo illuminante discorso di Calamandrei fu
tenuto alla Umanitaria di Milano, Ente morale costituito grazie al lascito
testamentario del massone Prospero Moisè Loria, mecenate mantovano, “che con
l’aggettivo ‘umanitaria’ non intendeva una semplice assistenza sotto forma di
beneficenza, ma un’assistenza operativa, che fosse in grado di mettere i
diseredati, senza distinzione, in condizione, di rilevarsi da sé medesimi,
procurando loro appoggio, lavoro ed istruzione” (http://www.umanitaria.it/).
Un tempio del pensiero laico e massonico che ancora oggi contribuisce al
progresso delle genti ed alla emancipazione degli individui.
Cinque più due
Ed ecco tra i magnifici settantacinque le teste massoniche:
Eduardo Di Giovanni, avvocato, in rappresentanza del PSLI,
nel dopoguerra G.M. onorario;
Giovanni Conti, avvocato e giornalista, in rappresentanza del
Gruppo Repubblicano;
Vito Reale, avvocato, ministro dell’interno nel Governo
Badoglio del Regno del Sud, in rappresentanza dell’Unione Democratica
Nazionale;
Mario Cevolotto, avvocato, ministro nei governi Bonomi, Parri
e De Gasperi, in rappresentanza della Democrazia del lavoro;
Oltre al già citato e più noto Meuccio Ruini. E poi, tra i
cinquecento dell’Assemblea, Ugo Della Seta, storico della filosofia e allievo
di G. Bovio, e Randolfo Pacciardi.
Questi uomini erano transitati tra le colonne delle logge,
imbevuti di molte delle idee che quelle logge animavano, almeno dalla
costituzione della Massoneria moderna, fondata il 24 Giugno del 1717 in
Inghilterra sul fecondo humus
culturale ed iniziatico delle antiche corporazioni dei costruttori di
cattedrali.
Queste idee avrebbero costituito il fondamentale punto di
riferimento per Domizio Torrigiani, l’ultimo Gran Maestro prima dello
scioglimento della Massoneria da parte del Fascismo. “Se la nostra colpa” scriveva Torrigiani a Mussolini all’indomani
della devastazione dei templi massonici avvenuta nel settembre 1924, “è quella di rimanere custodi fedelissimi …
delle grandi idee … della libertà, della sovranità popolare … della autonomia
dello Stato contro le ingerenze della gerarchia ecclesiastica, della
giustizia dovuta egualmente e sempre a tutti … allora codesta colpa, nonché respingerla, io la rivendico per i miei
fratelli e per me con fiero e geloso amore”. Libertà, individuale e di associazione, sovranità popolare, autonomia,
ossia laicità dello stato, giustizia eguale per tutti sono i principi
ispirativi del nostro ordinamento costituzionale …
Tolleranza e tolleranti
Come è noto il primo valore del massone è la tolleranza e la Massoneria è un metodo, una strada
attraverso la quale si perviene alla conoscenza che si conquista con la
riflessione, il dialogo, la discussione …“pur nel rapido mutare delle cose” vi
è sempre un punto fermo: la “legge del dialogo” (Calogero, 1953). Tutto
è discutibile, persino la scienza … Nessuno possiede la verità …
Si attribuisce al massone Voltaire,
iniziato alla verde età di 84 anni, la più celebre definizione di tolleranza:
“Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di
dirlo”.
Tolleranza non è sopportazione
dell’altro, ma impegno etico “ad agire in modo da predisporsi … a promuovere la
propria diversità”, e “ad accettare quella dell’altro all’interno di una
reciprocità di atteggiamenti di rispetto, di apprezzamento e di confronto come
coadiutore del suo bene e di quello comune” (Bianca,1997).
Curioso. La parola
tolleranza non compare nella nostra carta costituzionale, ma il senso
vero della tolleranza massonica, che sfocia nel valore (massonico) della
fraternità, si può ritrovare nell’art.
3. “Tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti
alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche di condizioni
personali e sociali. E` compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Quell’impegno a rimuovere gli
ostacoli che di fatto impediscono il completo sviluppo della persona umana ha
molto a che fare con l’idea di fraternità massonica che può essere, almeno in
linea di massima, declinata attraverso il valore e la pratica della
solidarietà. Rimuovere quegli ostacoli è l’essenza stessa dello stato welfare,
lo stato che non è solo garante della sicurezza interna e guardiano delle
frontiere, ma tutore dei diritti dell’Uomo – e non solo del cittadino – della
sua vita, del suo benessere, della sua salute. L’idea di un ordinamento che
eroga formazione; previene, cura e riabilita i corpi malati; sostiene con la
previdenza pubblica quando il soggetto non è più in grado di assicurarsi un
reddito dignitoso sta tutta nel secondo comma dell’art. 3.
La fraternità massonica è bene espressa da Friederich
Schiller, poeta, drammaturgo, massone autore dell’ Inno alla gioia, quello
della IX Sinfonia di Beethoven: “ Gioia,
bella scintilla divina, figlia degli Elisei, noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio … Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio vada al
mondo intero Fratelli, sopra il cielo stellato deve abitare un padre affettuoso
… Cercalo sopra il cielo stellato! Sopra le stelle deve abitar “.
Conquistare la libertà e ascendenze ideali
“Nello sforzo di
conquistare stabilmente la libertà e di ancorarla ad una sfera di valori alti”,
scrive Ruini nella sua Relazione al Progetto di Costituzione, “convergono
correnti profonde: dalle democratiche
fedeli agli ‘immortali principi’ e dalle liberali che invocano ‘la religione
della libertà’; alla grande
ispirazione cristiana che rivendica a sé la fonte eterna di quei
principi ed all’impulso di rinnovamento
che muove dal Manifesto dei comunisti e che, per combattere lo
sfruttamento di una classe da parte di un’altra, risale alla liberazione
dell’uomo dal giogo dell’uomo; e cioè ai suoi inalienabili diritti” (Ruini,
1947).
Queste correnti profonde erano circolate in abbondanza nelle
logge massoniche, con gli immortali principi della immortale Rivoluzione del
1789. Libertà, eguaglianza, fraternità
sono i tre fondamentali valori iscritti nel tempio massonico, posti
immediatamente sopra al trono del maestro venerabile … Le tre parole “magiche”
della immortale Rivoluzione del 1789.
Religione della libertà, “che rende forti i cuori e illumina le menti e redime le genti e le fa
capaci di difendere i loro legittimi interessi “, è frase di B. Croce, per altro non molto benevolo
verso la Massoneria. Prima di lui G.
Mazzini aveva accostato la categoria della religione a quella della
libertà. “La libertà è sacra come l'individuo, del
quale essa rappresenta la vita. Dove non è libertà, la vita è ridotta ad una
pura funzione organica. Lasciando che la sua libertà sia violata, l'uomo
tradisce la propria natura e si ribella contro i decreti di Dio”(Mazzini, 1860).
L’ispirazione cristiana della
Costituzione si ritrova nell’art. 2 : “La Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale”. E’ il principio personalista per il quale,
afferma C. Mortati, costituente, insigne costituzionalista, democristiano,“… l’uomo non è in funzione dello stato ma
quest’ultimo in funzione dell’uomo, nel senso che suo fine è di assicurare lo
svolgimento della persona umana e di
garantirne i diritti, e che pertanto questi sono inviolabili …” (Mortati, 1967). Si tratta, dice mons. Forte, della
esplicitazione giuridica del principio cristiano de “l“Esse in”, ovvero
il principio della singolarità e dell’uguaglianza: l’irripetibile dignità di
ogni persona umana …” (Forte, 2012)
In maniera molto più esplicita e,
in tempi non sospetti, l’Assemblea Nazionale dei rappresentanti del popolo
francese aveva riconosciuto e dichiarato, già il 26 agosto 1789,“in presenza e
sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti” inalienabili e
imprescrittibili “dell’uomo e del cittadino:
Art.
1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni
sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
Art.
2 – Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti
naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la
proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione” …
E’ certo l’influsso marxista nella costituzione, soprattutto
nella parte relativa ai “Diritti e doveri economico-sociali”, tra i quali
tutela del lavoro; organizzazione sindacale; assistenza e previdenza; diritto di proprietà, con
relativi “limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile
a tutti” (art. 48). Eppure anche qui si avverte l’influenza di antichi campioni
massonici, come Andrea Costa, già seguace dell’anarchico e massone Bakunin, uno
dei fondatori del Partito socialista, nonché G.M. aggiunto del GOI,
forgiatore di una intera generazione di
socialisti che, coraggiosamente,
lavorarono tra le colonne del Tempio per il riscatto della classe
operaia.
E poi c’è la lunga e gloriosa tradizione delle Fratellanze artigiane, nate nella
seconda metà dell’800 su iniziativa di fratelli fervidi patrioti. “Per iscopo
ha il mutuo soccorso fra i suoi membri … il favorire la educazione e istruzione degli operai ed il concorrere a tutto
quanto può essere utile alla famiglia ed alla patria”. Così recita
l’art. 4 dello Statuto che, ancora oggi, governa la Fratellanza Artigiana di
Livorno, sorta il 25 Agosto del 1861, e posta
da subito sotto gli auspici di Giuseppe Garibaldi, “Gran Primato Benemerito”.
Un’altra importante battaglia condotta tra le colonne
massoniche anticipa i valori repubblicani. Una battaglia condotta da Salvatore
Morelli, repubblicano irriducibile, massone che, fin dal 1861, aveva
fermamente sostenuto l’emancipazione della donna in un tempo in cui quella che
oggi si chiama “disparità di genere” era, soprattutto nella dimensione
culturale, diffusissima e praticata. Nella sua opera “La donna e
la scienza o la soluzione del problema sociale”, scritta, come dichiara lui
stesso, per ricostruire la società attraverso la rigenerazione della famiglia,
sostiene con fermezza che il “primato che apparentemente l’uomo esercita sulla
donna è una usurpazione della forza sul dritto, è un grossolano controsenso,
che ripugna alla logica indagatrice del vero.”
In nome del superamento di questo “controsenso “ e del
riconoscimento del buon diritto della donna ad una esistenza in grado di
innalzarla “sul seggio della dignità ed
a rigenerarla mercè la vera scienza”, Morelli si rivolge allora alle sue
connazionali, che si sono così distinte nel propugnare “la libertà e l’unità
della patria”, preludio alla “grande libertà ed unità del genere umano” perché,
approfittando del momento in cui “l’Italia volge a migliori destini”, si
impegnino nell’azione rivendicatrice, nel riconoscimento della agognata libertà
. Nonostante l’impegno profuso, la battaglia per
l’emancipazione femminile non sarebbe stato affatto vinta e la condizione di
minorità della donna sarebbe rimasta tale ancora per molti decenni, essendo
rimossa, per altro solo formalmente, con l’avvento della Repubblica prima e con
la promulgazione della Carta Costituzionale poi.
Annotando il fallimento del generoso tentativo di Morelli,
Giuseppe Mazzini amaramente constatava: “L’emancipazione della donna sancirebbe
una grande verità base a tutte le altre, l’unità del genere umano, e
assocerebbe nella ricerca del vero e del progresso comune una somma di facoltà
e di forze, isterilite da quella inferiorità che dimezza l’anima. Ma sperare di
ottenerla alla Camera come è costituita, e sotto l’istituzione che regge
l’Italia [la monarchia] è, a un dipresso, come se i primi cristiani avessero
sperato di ottenere dal paganesimo l’inaugurazione del monoteismo e
l’abolizione della schiavitù”.
Segreti (di Pulcinella)
Infine la (spinosa) questione
sulla natura di associazione segreta della Massoneria. Come è noto
l’art. 18 dispone: “I cittadini hanno
diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono
vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e
quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante
organizzazioni di carattere militare”. Il tema viene continuamente riproposto,
quasi sempre a sproposito, da improvvisati e/o interessati denigratori delle
idealità massoniche.
Quando la norma era in fattura il massone U. Della Seta, l’antico allievo di
Giovanni Bovio, Gran Maestro aggiunto dal 1946, che conosceva i suoi polli,
propose l’inserimento di questo comma di forte valenza interpretativa, in
sostituzione dell’attuale secondo comma. “Sono proibite quelle associazioni che, per tener celata la loro sede, per
non compiere nessun pubblico atto che accerti della loro esistenza, per tener
celati i principî che esse professano, debbono considerarsi associazioni
segrete e, come tali, incompatibili in un disciplinato regime di libertà. Sono
proibite, altresì, quelle associazioni che perseguono anche indirettamente
scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare” (Della Seta,
1947).
“Quando la libertà è un mito”, motivava la sua posizione
Della Seta, “quando un delitto è il pensiero, quando anche uno sguardo, anche
un sospiro è sospetto, allora le anime fiere e generose si raccolgono
nell'ombra e da quell'ombra scaturiscono le primi luci annunciando l'aurora
della libertà”. Si riferiva alla (benemerita) azione cospirativa della
Carboneria. “Ma quando siamo in democrazia, quando la libertà non è un mito,
quando libera la parola può farsi ascoltare dalla cattedra, dalla tribuna, nel
foro, quando la stampa su tutto e su tutti può esercitare il suo diritto di
critica, allora le associazioni segrete, di qualsiasi colore e di qualsiasi
genere, rosse o nere, laiche od ecclesiastiche, non hanno alcuna ragione di essere
…” Il divieto è stato consacrato nella Carta Costituzionale ma per Della Seta,
era bene essere il più possibile precisi, per evitare che domani qualcuno potesse
“colpire di traverso, senza nominarla, una qualche associazione ritenuta
erroneamente segreta”. Appunto la Massoneria …
Di qui l’esigenza di definire cosa è segreto e cosa no. “… ad
impedire che taluno — e questo taluno potrebbe essere un uomo di Governo, un
uomo di parte, un partito o una chiesa — sotto la maschera di fare appello al
rispetto della Costituzione, possa domani farsi iniziatore, in pieno regime
repubblicano, di una nuova azione reazionaria e liberticida, la triplice
necessità, morale, giuridica e politica, di ben precisare quali siano le note,
onde una data associazione possa o no ritenersi segreta …”
Non ci fu verso. Ci volle la legge Anselmi, promulgata, in
piena vicenda P2, il 25 gennaio 1982. “Si considerano associazioni segrete,
come tali vietate dall'articolo 18 della Costituzione, quelle che, anche
all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo
segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti,
in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta
ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di
amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici
anche economici, nonchè di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale
…” Il resto è storia recente.
In fine
“Il massone è chiamato a procurare la
felicità della specie umana, promuovendo e accelerando il perfezionamento
intellettuale, morale e politico della medesima” dice Gian Domenico
Romagnosi, giurista, filosofo, fisico, collaboratore de Il Conciliatore, sodale
di Silvio Pellico e di Pietro Maroncelli, libero muratore, membro della Loggia
Reale Giuseppina all’Oriente di Milano.
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