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mercoledì 31 dicembre 2014

NOTE SUL SOLSTIZIO D'INVERNO


Come ben sa chi mi conosce, la mia visione della Massoneria è improntata alla costante ricerca dell'UNIONE tra le forze sane, omogenee e compatibili del contesto nazionale, comunque nel contesto di un àmbito più ampio: ovverosia UNIVERSALE.
In questo, il mio personale riferimento è sempre stato quello di seguire la via che storicamente è appartenuta e appartiene alle consolidate Tradizioni della "Comunione di Piazza del Gesù": nel solco tracciato - tra gli altri - da Saverio Fera, Vincenzo Francia, Carlo de' Cantellis, Alfredo Di Mambro, Tito Ceccherini,  Piero Piacentini, Giovanni Palaja, Odo Spadazzi, Francesco Bellantonio, Italo Letizia, Gregorio Baccolini, Dario de Blanck, Giuseppe Giuffrida, e - per ultimo - da chi qui vi scrive, assistito dal fattivo pensiero di altri Nobili Cavalieri.
Le testimonianze  storiche a questo preciso proposito sono innumerevoli e incontrovertibili, anche perché hanno scandito - spesso in modo doloroso, allorché l'unione si è trasformata in cocente delusione - la vita della Comunione, specie dagli anni '70 del XX° secolo.
A onor del vero, proprio dagli ultimi dieci anni del 1900 e ancora oggi, gli sforzi di un folto 'gruppo di pensiero' sono concentrati su un concetto di UNIONE molto più sofisticato, anche in virtù delle esperienze vissute:   si tende a perseguire un risultato dove UNITA' non equivalga a UNIFORMITA'.
Ricordate il simbolo più eloquente che la Chiesa ha per evidenziare la propria 'unità'? Si tratta della tunica che - indivisa, senza cuciture perché tessuta tutta d'un pezzo (a testimoniarlo è proprio quel S. Giovanni Evangelista a noi tanto presente, anche perché protettore del nostro Ordine) - è posta ai piedi della Croce.   
Ecco: la nostra visione di 'unità' - che peraltro ben si  rispecchia nella significativa citazione di cui sopra - non la confondiamo con quella di "uniformità': dinamica, questa,  che tende a livellare le differenze, sino ad abolirle. Consapevoli di quella naturale  'unicità' che la storia ci attesta, ci apriamo ora in modo più palese alla varietà - e quindi alla diversità - delle singole caratterizzazioni, delle varie rappresentazioni di vertice, delle non uniformi interpretazioni di riti e ritualismi.   
Tendere all'unità e non necessariamente all'uniformità, non significa certo aprirsi o essere in un qualche modo tolleranti verso quelle perniciose divisioni dove ognuno possa sostenere a priori di non aver bisogno dell'altro.
In quest'ottica, su questo mio blog hanno trovato ospitalità - e ne sono onorato - articoli firmati da eminenti Fratelli e Sorelle: testimonianza di una visione ampia e senza assurde, quanto inutili, barriere preconcette; difatti, penso che il bello, il buono ed il giusto, siano indifferenti a qualunque paternità e tali si dimostrano nell'affermarsi proprio per la loro coerenza e per 'volare alti', ben al di sopra delle contingenze e delle singole realtà della vita.
Oggi, per gentile concessione dell'Autrice -  Car.ma e Risp.ma Sr. Ba* Na*, Dignitaria della Gran Loggia d'Italia di Palazzo Vitelleschi e valente professionista  nel quotidiano  - sono lieto di porgere all'attenzione dei Lettori un suo intervento in occasione del recente momento solstiziale.
Sono certo che i contenuti susciteranno gradimento e apprezzamento, anche per la particolarità del tema trattato.
Buona lettura, quindi, e i migliori voti augurali - per Voi e le Vostre Famiglie -, auspicando un 2015 colmo di benessere, salute e prosperità.

Roma, 31 Dicembre 2014                                                        Giuseppe Bellantonio
 
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Solstizio d’Inverno

Orazione ufficiale della Sr. Ba* Na*
nella Tornata tenuta dalla Risp. Loggia 'Galahad' all'Or. di Roma
 
Il sole velato: simbolo di luce attraverso l’amore

“… gli operai sono confusi…il loro cuore dubita…la Vita è oscurità e senza conoscenza il buio regna sovrano ma la conoscenza è vana senza l’amore ”

Ebbene sì, queste parole abbiamo sentito dal rituale… che sensazione incredibile! Sentire come solo l’amore possa spianare la nostra fronte dal dubbio, darci un barlume fino alla piena luce, riempire il vuoto doloroso dell’ignoranza….

Il vuoto le tenebre sono il proto-elemento della creazione. Tutte le forme di vita hanno origine negli abissi della oscurità. Solo dalla non forma si può sviluppare una struttura compiuta destinata ad evolversi: il seme si dissolve nel buio della terra per poter diventare una nuova forma vivente. Scopriamo che la condizione umana è una successione di tempi frantumati che, inseriti in una spinta ciclica regolare, assumono un senso, soprattutto un senso di espansione.

L'essere umano viene alla luce dopo nove mesi di gestazione nel buio dell'utero, il primo dei momenti di crisi, di passaggio ma già preludio al cambiamento. Le opere dell'uomo iniziano, ad ogni alba, da una fase preparatoria velata: il risveglio dal sonno,  la ripresa del pensiero…pensare…nel buio…. Strano, in un giorno come questo, non ci suscita angoscia ma ci riscalda…perché non abbiamo paura, quella più grande che la mente possa concepire, poiché l’unica destinazione finale dell’Io è la morte?

La nostra abilità umana di concepire e programmare il futuro ci rende capaci di concepire la morte come destino e dandole il giusto valore archetipico, di potersi chiedere: - che c’è da temere? È solo un cambiamento di stato !-…questo è quello che ci permette una “forte” ritualità come quella di oggi, utilizzare il rito “per ridurre l’angoscia esistenziale aiutandoci a sentire che c’è una grande Sorgente dalla quale fummo separati e ora dobbiamo ritrovare” (Joseph Campbell: “The power of Myth,1988”), prendere qualcosa in cui crediamo e trasformarla in qualcosa che possiamo percepire, attraverso l’esperienza simbolica…
 
Lo  Yechidah è nell’uomo il segreto dei segreti, il  tesoro sepolto in noi, il nostro più intimo essere, ciò che realmente siamo…( Ivan Alibrandi, “ Il Sé nella Kabbalah”, Libri per evolvere, 2001 )”…forse è sempre stato questo il segreto da non poter rivelare a chi non fosse idoneo a recepirlo, per l’importanza, spirituale oltre che biologica, che potesse avere la trasmissione di elementi capaci di favorire il progresso dell’Uomo, attingendo a contenuti derivanti dal “buio” dell’inconscio…inconscio, allora, quale attivatore di archetipi in grado di rafforzare la coesività degli strati profondi della psiche con quelli “sensoriali” riproposti nella ritualità, attraverso un’”organicità” dei simboli vissuti in modo ontologico ed emozionante.

Lo scopo di un iniziato, consapevolmente o meno, non è, quindi, isolarsi in uno statico timore di avanzare nel buio ma prendere contatto pieno, sano e totalizzante con la Vita proprio integrandola con il buio stesso, il “proprio buio” ! La morte che “vive” l’iniziato, è definibile con Jung, “l’incontro con l’Ombra dell’apprendistato”, che porta l’individuo alla realizzazione del Sé. (Samuel et al.,1987), “principio unificante della psiche umana, immagine archetipica del sommo potenziale dell’individuo ”.

La struttura rituale è volta a consentire passaggi, a consentire di vivere la vita fluidamente nella sua ciclicità, tentando di continuare, individuo di una specie, un esaltante compito comune “evoluzionistico” … il massone è architetto amorevole dell’'immortalità dell’Uomo, sapiente fruitore del tesoro archetipico rappresentato dalla propria Ombra.

Il sole e la Luna, le tenebre e la luce…il senso dell’eterno, un eterno presentificato ma in divenire, oggi, qui e ora, nella ritualità e nel tempio sacri… . Assagioli chiama questo <“l’eterno ora”, la vita piena, sintesi di essere e divenire, cicli vitali organicamente collegati da qualcosa che li trascende, che non ha bisogno di essere dimostrata: è un’esperienza diretta come quella di un colore, di un suono, di un sentimento… > ! …Ovvero dall’ombra della Morte spersonificante e dolorosa, si assiste alla Rinascita nella luce senza tempo, quella che Wilmsurst definisce “la luce inestinguibile”…

 “Tutta la carne nata dalla terra deve essere distrutta e ridiventare ciò che era in precedenza; solo allora il sale terreno, attraverso l’influenza celeste, produce una nuova nascita. Infatti, laddove non ci sia già terra, nessuna resurrezione può aver luogo nella nostra opera, perché il balsamo della Natura è nascosto nella terra, come lo è il sale di coloro che vi hanno cercato la conoscenza di tutte le cose (Stolcius von Stolcenberg, Viridarium chymicum, Francoforte, 1624).

Mi viene in mente Pinocchio, quando, gettato in mare per essere affogato come ciuchino zoppo, viene ritirato su e a fior d’acqua riappare come burattino vivo e vispo…la carne è scivolata via dalle ossa di legno e lo ha liberato ma ancora non è pronto…ancora non è perfetto, ancora non è uomo! Ancora non sa, perché ancora non ha sofferto la mancanza dell’amore!!!

La decomposizione e la trasformazione della rinascita sono momenti drammatici, fase attiva, sofferta del processo alchemico della vita spirituale, prerogativa della specie umana…nel silenzio, nel buio…solo così si può percepire il rumore di fondo dell’inconscio, agognare spasmodicamente la luce. Oggi lo abbiamo rappresentato, “vissuto” tutti quando si è acceso l’astro radiante.

La Libera Muratoria è sottesa e vivificata dal simbolo, l’elemento nodale, il modulatore di energia psichica più diretto, in grado di riproporre pulsioni, istinti, rimossi e di mediare direttamente la dicotomia apparente tra biologico e psichico, tra elementi del conscio e dell’inconscio. Per dirla con Silberer, “la comparsa di un simbolo sarebbe collegata all’intuizione spirituale di qualcosa che la mente spirituale non può ancora afferrare” ma che desidera, il  “trascendente” come pulsione d’amore.
 
La Morte, nella sua totalità, si correla simbolicamente, al silenzio, al vuoto, al buio, alla stasi, all’assenza di anelito. …Lì dentro, nella bara scura, nel buio nero, l’Iniziato chiude gli occhi…il buio…non è poi così nero, così scuro, anzi è diffusamente luminoso, avvolgente ed il vuoto…così compatto, trainante, quasi risucchiante, presenta dopo un po’, un’immagine simile ad un’increspatura, una coartazione e da quel punto, da quell’assenza di luce, da quel difetto del vuoto pieno, intenso, ridondante, si proiettano prepotenti la parola emotiva, il colore vivo, la necessità di esprimersi.

Emozionato, stordito, Egli avrà sempre una struggente nostalgia di quel momento di statica dinamicità, di quel momento di pienezza dell’essere e tenterà di ripetere l’esperienza attraverso l’uso del rituale ed il carattere incisivo dei simboli che diventano così “portatori di impulso” maturativo ed evolutivo .

 “Comprendere la simbologia nella sua totalità energetica equivale al superamento di uno stadio energetico, analogamente al significato che questo ha in termodinamica, ottenendo una trasformazione”.  “La trasformazione di tutto l’essere che si rivela nel contegno, nell’influenza sugli altri, nello stesso aspetto esteriore, è più eloquente e significativa di ogni espressione verbale”. Una vera sublimazione, come nella chimica inorganica, il passaggio improvviso, diretto, drammatico, da solido a gas… un cambiamento radicale…come al termine della favola di Pinocchio: da burattino di legno a uomo in carne ed ossa! Egli si sente un impulso potente ad agire ad effondere, irradiare, far partecipi gli altri della meravigliosa esperienza, sente di poter “cogliere” l’esistenza della sua “anima”…. Lo strumento alchemico, dinamizzante, come il fuoco sul quale veniva messo l’athanor, è l’incendium amoris, la forza trasformatrice e sublimante dell’amore…”non si tratta di amare di più o di meno ma di amare meglio” come nota Assagioli e così amando dare e creare….effondere e attrarre a sé le energie da trasformare.

Ogni essere, isolato, si sente incompleto… soffre e cerca..  questa spinta questo anelito è l’espressione della grande legge evolutiva, ci rivela il segreto della natura e della funzione dell’amore.

L’universo è basato sul principio di polarità secondo una legge di attrazione, una serie di atti di riproduzione; questo “principio di amore”  lo ritroviamo in tutte le manifestazioni della natura, nella  materia inorganica, nell’elettricità chimica dell’acido-base… la Morte, come assimilazione all’archetipo, altro non è che una manifestazione di amore, la morte altro non è che l’immortalità dell’unicità dell’uno - tutto, senza  temporalità, senza spazialità, come nei sogni, violenta nostalgia dell’archetipo. " L'uomo è fatto della stessa sostanza di cui sono stati fatti i sogni" (Shakespeare) e niente è più forte dell’immaginale, del percettivo nella composizione del pensiero…il senso dell’unità originaria, un’ assillante sete di eterno, di ritorno all’unità, la più grande forma d’amore che un iniziato possa provare ed effondere… l’intuizione pura percepisce la dualità trascendente ed il lampo intuitivo è il sublime mezzo di comunicazione del Maestro.

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venerdì 26 dicembre 2014

BENEFICENZA E FILANTROPIA

 
A margine dell'articolo  SOLSTIZIO E SAN GIOVANNI D'INVERNO 2014 , pubblicato il 22-12-2014, è pervenuto il seguente interessante commento a firma di Charles Vinson:
 
Charles Vinson 24 dicembre 2014
Seguo da qualche tempo questo blog, e volevo innanzitutto attestarti la mia massima stima per le cose che dici e l'uso che fai di questo blog. Non sono mai intervenuto finora, ma lo faccio adesso perché veramente concordo 100% sull'analisi dei problemi che hai sollevato. Vorrei aggiungere solo una cosa: a mio avviso la soluzione delle soluzioni è tegolatura, tegolatura, e ancora tegolatura.
Già, ma... chi tegolerà i tegolatori?
Bisognerebbe veramente mettere davanti alle porte del Tempio delle colonne di ferro, capaci di attrarre ed imprigionare i metalli in maniera così radicale da fre in modo che il bussnte ne entri necessariamente scevro.
Prima o poi una cosa del genere dovrebbe essere inventata...
Saluti e buon Natale.

A questo, sempre il 24 Dicembre 2014, ho inteso porgere la seguente risposta:
  1. Preliminarmente, Ti ringrazio per gli auguri per un sereno Natale ed un prospero 2015, ricambiandoli di cuore!
    Ti ringrazio inoltre per la tua considerazione e per la tua condivisione delle tematiche da me affrontate.
    La tua 'medicina' è effettivamente l'unica praticabile, ed il non citarla - da parte mia - è forse fare un eccessivo o ottimistico affidamento sull'altrui analisi.
    Hai ragione: solo una corretta 'tegolatura' - fatta seguendo quegli 'antichi', classici, criteri cui certamente tenevano di più in un passato non eccessivamente lontano - può consentire e una corretta valutazione del soggetto che si avvicina a noi Massoni (così comprendendone  i reali intendimenti al pari degli eventuali limiti personali che - al limite - possano suggerire l'inopportunità di proseguire) e un corretto indirizzo al percorso di crescita attraverso una fase di 'avviamento' ed acculturamento preliminare alla vera e propria fase dell'Iniziazione.
    Le qualità di cui dovrebbe essere portatore il Fratello tegolatore, sono tante, non ultime quelle legate ad una buona sensibilità percettiva oltre che a molte delle qualità tipiche del percorso psico-analitico: proprio perché il focus del tema, sempre a mio avviso, è proprio basato per un 30% sul livello culturale del soggetto, mentre il restante 70% del sondabile riguarda i vari livelli dello stato d'animo del soggetto medesimo, lo spessore dei reali intendimenti rivolti alla propria crescita interiore, il carattere, la disponibilità ad accettare gli altrui consigli nel farsi guidare in questo cammino, la capacità a 'dare', donando tutto se stesso alla filantropia ed a 'far bene' il fare del bene. Così come sosteneva il nostro ottimo Sovrano Carlo de' Cantellis nel suo volumetto L'ESSENZA DELLA MASSONERIA SPIEGATA AL POPOLO ITALIANO, se non vengono praticate la filantropia e la beneficenza (nell'accezione più ampia di entrambi i termini) NON C'E' MASSONERIA.
    I tegolatori di 'una volta' - per intenderci: quelli preparati e capaci - erano sempre i soggetti più anziani e massonicamente più preparati di una Loggia, proprio perché l'esperienza e la cultura ben si coniugavano per questa importantissima, essenziale, funzione: che durava a lungo, normalmente, proprio nel segno della serietà della metodica.
    Oggi, purtroppo, mancano queste figure INDISPENSABILI, ovvero sono talmente poche da non essere percepite.
    Come fai intuire anche tu, se si vuol fare cosa 'buona e giusta' nell'intraprendere una dinamica di rinnovamento, di RINASCIMENTO DELLA TRADIZIONE come io amo sostenere, occorre avere le idee chiare e la mano fermissima nello spingere l'unico pulsante possibile: RESET !
    Resettiamo - scusami il brutto neologismo - i soggetti più capaci per questa funzione: gli anziani più validi lo facciano, sostenendoli nel rivedere le proprie posizioni, approfondendo, modificando, sostituendo, esaltando le loro cognizioni di base.
    La mia 'medicina' non sarà forse risolutiva, ma consentirebbe una inversione di tendenza: indispensabile per poi procedere ad altri buoni correttivi.
    Per ora un cordiale, fraterno, saluto: invitandoti, sempre che tu ne possa aver piacere, a metterti in contatto con me.
    Giuseppe Bellantonio

  2. Alcuni Lettori, tramite contatti diretti, anche per e-mail, nel leggere lo scambio di considerazioni tra me ed il Fr. Charles Vinson, mi hanno espresso delle perplessità ovvero delle incertezze nell'inquadrare correttamente la ferma considerazione formulata dal Sovrano della Comunione di Piazza del Gesù - Ill.mo Fr. Carlo de' Cantellis - nel suo volumetto del 1947 dal titolo L'ESSENZA DELLA MASSONERIA SPIEGATA AL POPOLO ITALIANO: ossia, quella che indica che "...se non vengono praticate la filantropia e la beneficenza, non c'è Massoneria...".
    Vale allora la pena di fare il punto sulle due questioni, specificando che quanto qui espresso è un pensiero maturato nel 'laboratorio' della Comunione di Piazza del Gesù: dialogando, studiando, filosofando e - perché no? - approfondendo e talvolta riconsiderando posizioni date per scontate in ambito muratorio anche non italiano.
    Cosa è per noi la filantropia, quindi?
    Ricordiamo che il termine origina dall'unione dei due termini greci 'filìa' (amore) e 'anthropos' (uomo): ossia, "amore per l'uomo".  Sta ad indicare quel profondo sentire dell'animo umano che è comunemente qualificato come "amore per il prossimo".
    Una parola per indicare un sentimento che include una grande, disinteressata, generosa, disponibilità verso i propri simili.
    Alle sue origini - diciamo, il 300 a.C. - il termine fu adottato in contesti dove si trattava generalmente di cultura e più specificamente di filosofia e letteratura, molto spesso parametrandole alle realtà similari del mondo ellenistico. Successivamente, fu proprio Cicerone, a stabilirne nuovi criteri di stima, valutando che il termine ben poteva costituire il contenitore più adatto per alcuni dei migliori sentimenti che l'animo umano possa provare: la sensibilità per gli altrui problemi, per le altrui ambasce, per le altrui disgrazie,  e la generosità nel rendersi disponibili a darvi quantomeno sollievo quando una soluzione non è possibile.
    L'indicazione e la valutazione del significato variò nelle sfumature ma non nella sostanza, seguendo anche lo scorrere degli eventi ed il modificarsi dei costumi nel tempo e, quindi, nella Storia: fu così l'avvento del Cristianesimo a far sì che i concetti di "carità" e di "fede" avessero la prevalenza su quelli di "beneficenza" e di "filantropia".
    In questa nuova visione, domina il concetto di "carità cristiana", che altro non è se non il grande amore di Dio per l'Uomo: amore  che questo - a sua volta - può trasformare in "amore verso il prossimo".    In questo processo, è significativo che per perseguire il fine non sono tanto determinanti  le mere possibilità materiali o il poter disporre di denaro, quanto il fatto di rendersi disponibili con i mezzi della presenza e della fede espressa e fatta concretezza.
    A queste considerazioni di base, le confraternite medievali e quelle dell'epoca operativa, le comunità che via via trasformarono la propria presenza da operativa a speculativa, la muratorìa  poi trasformatasi in massoneria, diedero una grande importanza al concetto di "amore fraterno": concetto che, al valore di  "universalità" che attiene al particolare contesto iniziatico, unisce quello di "amore"; divenendo così "amore verso il prossimo", un "prossimo" costituito da un insieme di Fratelli e Sorelle non tanto nel senso di appartenenza ad un qualche ordine, quanto nel senso più ecumenico del termine: un "prossimo" costituito da miei Fratelli e mie Sorelle, tali perché tutti figli di uno stesso Dio.
    Amore quindi nel fare, nel dire, nel modo di pensare, nel donarsi, nel recare sollievo a chi soffre: il tutto non certo nel "nome della massoneria"  - che è solo il 'nostro' contesto dove il tutto si sviluppa - ma in nome di quel corretto agire materiale, spirituale e solidaristico che deve contraddistinguere l'Iniziato alla Massoneria in quanto permeato dalla Luce di Dio.
    Potremmo qui aprire un fronte dialettico su come questo pensiero elevato, pur maturato in un ambiente laico - seppur impregnato di profonde radici contraddistinte dalla sacralità - non  solo non fa torto a quello Cristiano, ma pone seri interrogativi sulla effettiva (più presunta che reale, oggigiorno) conflittualità tra l'una condizione e l'altra: ovviamente, al netto del guazzabuglio dialettico, di pensiero e di ideali che attorno vi ha costruito un'intricata gabbia, utile solo a garantire a ciascuna delle parti l'esclusività - al momento anelastica - della propria posizione.  
    Veniamo ora al concetto massonico di beneficenza.
    Il termine, come ho già accennato, non riguarda tanto il (latino) "bene facere" -  ossia "fare (del) bene": concetto che io ascrivo alla volontà espressa di "compiere o concorrere a compiere  una qualche azione disinteressata e generosa a favore di chi non ne abbia la possibilità anche solo momentanea, o a favore di chi versi  in condizione di indigenza" - ma piuttosto quello ancora più ampio di "fare bene" il "fare del bene".
    Parliamo quindi di un'azione profonda piuttosto che non superficiale, episodica, fors'anche utile a sollevare la coscienza di chi la fa.
    Come ebbi più volte a ricordare nei miei  dialoghi di questi ultimi anni con l'Ill.mo Fr. Alfredo Di Mambro (che nel suo lungo percorso di Iniziato fu anche Luogotenente del Sovrano Carlo de' Cantellis - così riandando con le rispettive memorie alle considerazioni e alle posizioni storicamente sostenute con forza nella Comunione di Piazza del Gesù, in particolar modo e per ultimo dagli Ill.mi FFr. Tito Ceccherini, Francesco Bellantonio, Gregorio Baccolini e Giuseppe Giuffrida - il concetto di "fare del bene" attraverso delle appropriate e discrete azioni, è il realtà legato fortemente al concetto di "carità".  
    Guarda caso, lo stesso che caratterizza il pensiero del cristianesimo.
    Come mai?
    La ragione non è affatto complessa, poiché parte dagli studi che si fanno nel nostro contesto sono basati anche sui raffronti con le diverse forme religiose del nostro pianeta, nel tempo; una cultura, quindi, che si è forgiata e affinata attraverso la storia, la filosofia, l'esoterismo, le religioni, la psicologia, il simbolismo, le forme di ritualità praticate nel tempo dai popoli.
    Proprio questo, fin dagli anni '30 del XX° secolo - come mi è stato possibile rilevare da testimonianze dirette e dalla lettura di documenti interni, e pertanto 'per tabulas' -  portò ad identificare una perfetta coincidenza con il pensiero "reale" (in quanto documentato) di uno degli Apostoli della Chiesa Cattolica: San Paolo, quel Saulo che proprio l'odierna ricorrenza di S. Stefano ci riporta alla mente.
    E' nel XIII° capitolo della sua 'Prima Lettera ai Corinzi' che egli ha scritto: "...se anche parlo le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho la carità, sono un bronzo sonante o un cembalo squillante. E se anche ho il dono della profezia e conosco tutti i misteri e tutta la scienza; e se anche possiedo tutta la fede, sì da traportare le montagne, ma non ho la carità, non sono niente. E se anche distribuisco tutte le mie sostanze, e se anche do il mio corpo per essere bruciato, ma non ho la carità, non mi giova nulla. La carità è magnanima, è benigna la carità, non è invidiosa, la carità non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.   La carità non avrà mai fine".
    Ricordo poi che Stefano, il primo martire che il Cristianesimo annovera, il Santo Stefano, insieme ad altri diaconi ebbe incarico dagli Apostoli di insediare in Gerusalemme una Diaconìa specificamente dedicata alla carità: la Diaconia della Carità.
    La nostra visione, quella massonica, fu ancor più da quegli anni palesemente e totalmente coincidente con quella di San Paolo: la nostra "beneficenza", il nostro "fare del bene",  ben si identifica nei contenuti di quel concetto di "carità" sopra descritto.
    Per carità (...): che quanto sopra indicato non crei emicranie e sferragliare di meningi! Massoneria e Chiesa hanno àmbiti del tutto diversi; anche se molte 'visioni e considerazioni' hanno una 'strana' (vogliamo dire così?) coincidenza.
    C'è qualcuno che possa sostenere che 'Piazza del Gesù' sia stata quindi la più brava?
    Ma no! Non è certo una gara: si tratta solo di valutare in modo pragmatico come questa Istituzione sia stata sempre legata ad un modo di pensare e di fare estremamente attento alle Tradizioni più Antiche ed Autentiche; quelle che ho inteso 'battezzare' come essere quelle delle Antiche Pietre.  
    Massoneria delle Antiche Pietre, che per noi nati e cresciuti in 'Piazza del Gesù' equivale alla forza nell'orgoglio delle Radici.
    D'altronde, la nostra visione laica non è stata mai laicista e quindi anticlericale: la Storia ne fa fede.
    Concludo, nel riandare allo scambio di idee avuto con il fr. Vinson, che non solo si deve ri-partire dalla corretta "tegolatura" (anche nei gradi conseguiti...): occorre partire dall'ABC dell'Iniziato, al fine di aiutarlo a sgrossare quella pietra grezza le cui incrostazioni sono costituite dai cattivi o parziali insegnamenti, e che tale potrebbe restare per tutta la vita.
     
    Roma, 26 Dicembre 2014                            Giuseppe Bellantonio


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    Oltre ciò - specie per le parti informative a contenuto storico e/o divulgativo - i Lettori, ovvero quanti comunque interessati alla materia, che possano ritenere ciò utile e opportuno, potranno suggerire delle correzioni e/o far pervenire qualche proposta.  Proposte che saremo lieti di valutare ed elaborare.

     

     

     


 

lunedì 22 dicembre 2014

SOLSTIZIO E SAN GIOVANNI D'INVERNO 2014

         
           I molti Lettori che seguono questo blog, prediligendone il taglio eminentemente indirizzato all'approfondimento di tematiche specifiche del contesto esoterico-simbolico-iniziatico, in questi ultimi mesi si sono uniti a quella molteplicità di amici fraterni che palesano un forte, crescente, disagio nel "far parte" di un qualche contesto massonico organizzato, indipendentemente dall'ampiezza o meno della compagine associativa.
 
           C'è chi si rammarica della "inconsistenza" dei lavori svolti tanto nelle singole Logge che nel generale contesto di appartenenza (con conseguente assenza di crescita tanto nel percorso culturale che in quello dell'animo, dello spirito); c'è chi si dice stufo di contribuire finanziariamente alle spese più o meno "folli" e/o "ingiustificate" e/o (più o meno) "personali" dei propri vertici; c'è chi intende sottrarsi alla logica perversa delle "promozioni" (più propriamente, aumenti di "salario" e di "luce") a raffica che ciclicamente (guarda caso, quasi sempre in concomitanza con il taglio del panettone o della colomba, e all'approssimarsi della pausa estiva) premiano (e affliggono... specie finanziariamente) dei soggetti senza tenere in alcun conto la loro reale preparazione; c'è chi si accorge di essere "capitato" in contesti dove di massonico c'è solo la targa fuori della porta, mentre all'interno si opera all'insegna degli "affari" e del personale assolutismo di chi, al vertice, usa le persone per perseguire esclusivamente delle proprie finalità, fors'anche intese a conquistare e/o gestire quel "potere" profano che è fondamentalmente estraneo alla vera pratica massonica.

          Ma queste sono solo le circostanze più frequentemente riscontrate.
 
           Per poter correttamente valutare i termini di questa vera e propria crisi del "sistema massoneria" in Italia, occorre andare molto indietro nel tempo: diciamo, almeno di 30 anni.  Occorre leggere e orizzontarsi nel dettaglio delle cronache, includendovi anche la ricerca di quegli episodi intrisi di un qualche elemento con valenza storica come pure quegli elementi di "vita massonica" che - rimbalzando da un lato all'altro della nostra Penisola - hanno costituito spia fedele di accadimenti dai toni più varii ma comunque rivelatisi - specie nel lungo periodo -  devastanti per la Massoneria Italiana.
 
           Così, non si può fare a meno di evitare possibili - e deleteri - attacchi di "buonismo", concentrandosi le critiche sugli aspetti più deteriori  del contesto in esame piuttosto che non su quelle azioni "buone" e "positive" realmente poste in essere. L'attenzione non può concentrarsi se non sugli aspetti contrassegnati dal pesante interessamento delle cronache nonchè dagli interventi accertativi o sanzionatori della Magistratura, come pure sugli aspetti dove le "buone" e "positive" azioni erano in realtà delle mosse di marketing mirate alla visibilità esterna, alla vendita di pubblicazioni e gadget varii, allo stimolo di attività di proselitismo (vere e proprie attività "promozionali", ben presto rivelatesi un boomerang per l'inconsistenza su cui erano basate, creando solo "iscritti" dall'andamento ondivago e - purtroppo - quantomeno massonicamente ignoranti). 

             Da contesto fortemente selezionato - anzi: originariamente  fortemente improntato alla selezione, com'era fino agli anni '60 del 1900 - la Massoneria Italiana (ovviamente, in senso generale: qui evitandosi ogni specificità) si è via via trasformata in un fenomeno di massa, per taluni aspetti persino popolare: così perdendo molto della propria impronta tradizionalmente legata agli ambienti più colti, e quindi di per sé più selezionati, della società.    A priori, va anche chiarito che ogni possibile - e qualunquistica - critica che la Massoneria per così dire "elitaria" (ma sarebbe meglio dire, "la Massoneria delle Tradizioni" ovvero "la Massoneria della gente preparata e capace") possa essere intesa come "discriminatrice" e "chiusa", è del tutto inconsistente e fuorviante, ed è mossa da chi dell'Arte Reale ne sa poco o niente ed è - invece - inbibitato  di altre dottrine di tipo socio-politico spesso impregnate di coriaceo ateismo ovvero di radicata avversità verso ogni forma di religiosità. 

            Purtroppo, oggi la Massoneria - equivocandosi sulla natura esclusivamente e squisitamente amministrativo/legale,  tipica nella  formula dell'ente "associazione" - si è trasformata in "sodalizi", "circoli", "club" e persino in "service club", trattando dei propri iscritti (stante l'esistenza di liste, ossia di piédilista interni: cioè, elenchi sui quali vengono iscritti o trascritti i dati individuali e personali)  come di "soci", "tesserati" e "appartenenti" (sottolineando però, in quest'ultimo caso, il concetto polivalente di "parte":  ossia, stare con una "parte", o "essere parte" di un contesto dove l'insieme di "altre parti" costituisce un aggregato unico: quell'aggregato dai più conosciuto come Grande Loggia o Grande Oriente o similia).  

            Situazioni tutte che hanno allontanato dalle originarie radici, secolarizzando al massimo il contesto in nome del costante richiamo ad un laicismo sempre più deteriore, tale da annullare la parte mistica e fortemente idealista: così la Massoneria, da forza fortemente equilibratrice a livello sociale, al di sopra - e di molto - delle passioni politiche (e della fede religiosa individuale) e quindi delle faziosità, si è resa permeabile agli influssi più negativi della società, subendoli.  Anzi, molto spesso ha seguito le cronache, assumendo posizioni conflittuali con la propria anima più profonda,  con la propria storia e cultura, con la stessa alta filosofia che presidia il reale significato dell'essere Massoni.
  
              Ecco, quindi, le cause e gli effetti dell'anomala trasformazione: acuita da quei comportamenti di vertice che, di fatto, hanno aperto all'invadenza della politica e - di conseguenza - di tutto ciò che è legato alla politica, così trasformando i contesti massonici in dépéndance del mondo esterno.   Rammentiamolo: la Massoneria, proprio per propria cultura oltreché per le proprie regole, non solo non si "interessa" - vietandone la trattazione nei propri Templi di politica e religione, ma di fatto si pone istituzionalmente ben al di sopra di queste questioni come pure delle umane passioni, poiché forgiando l'uomo ed il suo animo lo pone al di sopra dell'umano, quotidiano, contendere.

              Il famoso "insegnamento" - etico, morale, filosofico, culturale in genere - che la Massoneria (per intenderci: quella classica, antica, delle Tradizioni) comporta in sé, si è annacquato diventando un fatto di facciata, farcito delle tante chiacchiere di quanti hanno preferito  l'illusione della parola alla bellezza delle scritture.   
 
              Certo è che - per fortuna! - ci sono delle "isole" che reggono a questa tempesta: sono quei Massoni che ancora credono nella forza dello studio, della ricerca e del confronto, nella necessità di compiere un sano percorso che consenta la ricerca del "sé" e la mortificazione dell' "io", nella grande energia riposta nel silenzio e nella tolleranza piuttosto che non nel chiacchiericcio sterile, autocelebrante e autocompiacente.    E va detto che queste "isole" sono indifferentemente costituite tanto da Fratelli che da Sorelle: anzi, va reso onore alle Sorelle per essersi dimostrate, in più occasioni, più coerenti e fedeli alle questioni di principio, applicandosi anche con maggiore entusiasmo e costanza negli studi speculativi e quindi nel percorso di crescita.

               Ma, a ben vedere, il malessere non è solo italiano: pur se con altre sfumature e con accenti diversi da Nazione a Nazione, ci sono situazioni dove la pericolosa sovrapposizione di massoneria-affari-politica ha toccato un punto tale da comportare pesanti reazioni: è questo il caso dell'Ungheria (si rinvia alle notizie disponibili nel web), e il fenomeno tende ad ampliarsi, rapidamente: segno di una crescente insofferenza nei confronti di soggetti e/o strutture colluse con il malaffare ovvero tendenti a determinare un'anomala supremazia.

                Questo significa che la Massoneria - anzi quella Massoneria Moderna nata nel 1717, profondamente anticlericale (sinonimo, in questo caso, di anticattolicesimo) prim'ancora di dichiararsi "al di sopra ed al di fuori" di tutte le religioni, segnata dalla sua dipendenza ad un ente sovrano che incarnava lo stato e quindi la politica nonché a capo della religione (così vietandone,  di conseguenza, la trattazione nelle proprie Logge) - ha fallito, quantomeno in Italia, la sua missione: svilendola ed anzi tradendola quando l'ha forzatamente distorta e violata, sottoponendola alla contaminazione dei "poteri" del mondo profano, così intendendola trasformare in anomalo e improprio strumento per affari tutt'altro che iniziatici.

                  Ne consegue oggi il desiderio di quanti desiderosi di dirozzarsi per crescere di tornare prepotentemente alle origini, alle vere ed uniche Antiche Tradizioni: lasciandosi alle spalle tutte queste anomalie e quelle storture che li circondano.   Certamente, parliamo di una Massoneria alla fine realmente ristretta, dai numeri contenutissimi: frutto di una selezione di per sé quasi automatica: quella che accantona i mestieranti, gli amanti del "gioco dell'oca" o di quello dei "quattro cantoni", coloro che tengono sempre la "volpe sotto l'ascella", i tenaci amanti di  brevetti e orpelli vari con i quali "passare" con disinvoltura da un contesto all'altro, attenti a "succhiare linfa", coloro che "prendono" senza "dare", coloro che sono pronti ad ogni compromesso ed a qualsiasi "appartenenza" pur di lucrare benefici personali o di gruppo.   Una "massoneria-non-Massoneria", questa:  una massoneria nel nome, nel titolo, ma non nei "fatti".  

                 Confido che il 2015 porti alfine questa attesissima ventata "nuova",  conducendoci alla energica rinuncia di un modello che - specie per noi Italiani - è contro la nostra stessa Storia, già di per se stessa fortemente ricca di modelli esoterico-iniziatici ugualmente (se non di più) ricchi di simbolismo e cultura, così tornando alle origini: proprio a quelle Antiche Pietre al centro delle ricerche approfondite da me svolte da oltre due decenni  in tutto il Mondo insieme agli Ill.mi  FFr.  Dario  de  Blanck e Giuseppe Giuffrida.  Veri Cavalieri, questi Alti Spiriti, e felice  espressione della nobiltà dell'animo, della trasparenza degli intenti e di quella semplicità che fa da cornice al senso dell'Essere.   Quindi, al senso stesso della Vita.

                   Credo che queste mie parole siano un modo diverso ma non meno importante per ricordare l'odierno Solstizio d'Inverno, di poche ore anticipatore della Luna di Gennaio e di cinque giorni antecedente la ricorrenza del San Giovanni Evangelista, l'Apostolo, patrono degli scozzesi e quindi degli Antichi Liberi e Accettati Massoni: momento astronomico - quello solstiziale - circa il quale si è scritto moltissimo, da secoli e secoli, anche filosofando nello sviscerarne gli ambiti.    Una data che ci lega al Sole, alla Luce che squarcia le tenebre, a Dio che con tutta la forza del Creato sottolinea il suo messaggio agli Uomini: dissipare le tenebre che si insediano nei cuori, nelle menti e nelle azioni umane, per lasciar posto alla Luce più sfolgorante quanto liberatrice.  E, annotazione esoterico-alchemica, penso - con Guénon - che le ricorrenze solstiziali debbano essere ritualmente ricordate solo "dopo" lo scoccare del momento astronomico, così che l'atmosfera dei luoghi ove ciò si celebra, sia "pregna" degli influssi, delle energie, delle vibrazioni che si sprigionano.

                   Ecco, allontaniamo quindi le tenebre per dare nuovo spazio alla Luce liberatrice che, con le Energie della Rigenerazione - ma non è forse questo un passaggio fortemente alchemico, ricco di energie e di vibrazioni? -  allontani gli spettri di un passato divenuto sempre più "non nostro" e di un presente fin troppo imbarazzante, persino greve e assolutamente "non nostro", tant'é opposto all'amorevole dolcezza, all'altruismo e al pensiero  dei veri Iniziati.  

                  Non dimentichiamolo e ricordiamolo agli immemori: i veri e buoni Massoni hanno "fatto" la Storia (quantomeno, fino ad passato tutto sommato recentissimo) poiché hanno sempre saputo rappresentare la proiezione nel presente di ciò che il futuro avrebbe potuto riservarci: in economia, nel marketing, nella finanza... in tutto;  nello studio della fenomenologia sociale più raffinata, esiste una figura - quella del future-planner (consulente, pianificatore degli scenari futuri) che mette a disposizione la propria cultura di settore, la propria capacità di analisi e le proprie sensibilità, per prevedere - sulla base dei dati attuali - quale potrà essere il futuro più probabile (ma anche "possibile"); ciò consente, in un percorso inverso, di parametrare fin da subito soprattutto le attività imprenditoriali a quelli che saranno gli scenari futuri, definiti alla luce di quelli che potranno essere (con alta probabilità) le mutate situazioni del contesto globale.  
    
                 Ecco, quindi: il Massone - il buon Massone, sano Cittadino della propria Patria, boni viri et pater familias excelsus, valido studioso e fine pensatore, incrollabilmente credente in Dio - attraverso la pratica delle Antiche Tradizioni (di molto antecedenti il fatidico 1717...!) deve progressivamente quanto energicamente riappropriarsi di questo ruolo a lui congeniale, senza debordare in altri contesti per lui del tutto impropri, irregolari, irrituali, contaminati e contaminanti.

                  Ma se è chiaro il ruolo che devono avere i Car.mi FFr. - comprendendo nell'accezione generale anche le Car.me SSr. - in quello che ho battezzato come un Rinascimento della Tradizione, al fine di riprendere il loro giusto percorso di perfezionamento iniziatico, è bene qui indicare il corretto ruolo che mi aspetto che debba essere assunto dalla Massoneria quale Istituzione.  

                Essa deve rientrare nel proprio ambito più corretto, scrollandosi energicamente - così come fa il cane con le pulci che lo assillano - ogni scoria e ogni possibile contaminazione che ne assorba la linfa vitale, rinnovandosi, riprendendo ad essere scuola - anzi vera e propria Schola - per così adempiere al proprio esemplare ruolo di servizio a favore delle genti, dei popoli, dell'Umanità, facendo sì che i Cittadini possano sentirla prossima a loro piuttosto che non parte - insieme ad altre pessime componenti - dei problemi che li assillano. 

                 Ecco, allora, quale dovrà essere il suo ruolo: un'Istituzione che fa della "prossimità" alle genti il proprio obiettivo principale nel contesto del mondo profano, al fine di concorrere positivamente ai "cambiamenti" significativi nel Mondo.   Per "concorrere al cambiamento" va inteso l'incoraggiamento che dalla Massoneria deve giungere alle genti impegnate a realizzare i cambiamenti che si  attendono: quelli contro la povertà, contro le disuguaglianze e le discriminazioni di ogni tipo, contro l'ignoranza, contro la violenza, contro ogni guerra e contro quant'altro possa esporre tante genti al predominio ed alla prevaricazione.

                   La mia visione è quasi francescana, così come ebbi a sottolineare qualche anno fa dialogando con un'eminente personalità non laica: sapere che ci sono strutture massoniche - per intenderci, Grandi Orienti o Grandi Logge o altro - che godono di consistenti mezzi economici e finanziari e/o di ingenti beni. mentre al loro interno vi sono Car.mi FFr. bisognosi di aiuto o persino sul punto di divenire indigenti a causa dell'avversità di imponderabili congiunture, stride fortissimamente con tutti i proclami e le belle, pompose, retoriche, chiacchiere che vengono spese in sontuosi hotel o in ovattati e lussuosi ambienti, ovvero in altri luoghi.   Le azioni di beneficenza: troppo poche, anzi esigue e tenui nella sostanza: i FFr. e le SSr.  dovrebbero obbligare il proprio Venerabile Maestro a devolvere almeno il 50% del loro Tesoro in azioni umanitarie e assistenziali: questo sì che sarebbe un bel "farsi riconoscere" come degni Iniziati! E lo stesso dovrebbero fare i c.d. "governi centrali"!   La Massoneria, ossia la Muratoria di un tempo (quando aveva questo nome: ma prima, no...), non era ricca e ben svolgeva il proprio ruolo di "contenitore" dell'insieme dei FFr. in essa presenti.  Usava la forza di chi aveva delle possibilità (e quindi "poteva")  guardando filantropicamente alla realizzazione di quegli obiettivi sociali cui ampi strati della popolazione tendeva pur non avendo la possibilità di concretizzarli.

                         Ben sappiamo che le classi socialmente più povere non esitano a compiere gesti di grande misericordia e di forte solidarietà, mentre - di norma - l'egoismo, l'individualismo, caratterizza le classi più abbienti: chi scrive e quanti la pensano allo stesso modo, si schierano a fianco dei primi.  Ecco allora che è necessario un chiarimento:  porsi con loro in una condizione di massima attenzione e di sostegno, non vuol dire che desideriamo che i poveri possano diventare ricchi, vuol dire che lotteremo per contrastare la povertà con la metodica della "condivisione".     Lotteremo  quindi per alimentare le speranze dei più deboli, perché non solo la speranza stimola le menti al fine di raggiungere ogni "limite del possibile" facendo diventare "realtà" alcune delle "possibilità" che esistono, ma anche per ricordare a noi tutti "cosa" sia la "speranza".   Per noi che crediamo in Dio, e di fede cattolica, la speranza non è solo un termine colmo di profondi contenuti: ancor prima, quantomeno riferendoci agli ultimi 2000 anni...,  essa è la memoria antica che in noi è stata lasciata dalla Resurrezione; ed è questa memoria antica che alimenta quella speranza che, unica, ci sostiene nei momenti più difficili, delicati o tragici.

                  Trovare quindi un giusto equilibrio è oggi non solo possibile ma anzi auspicabile: non si può più sostenere che la Massoneria  concorra a stimolare una profonda rivisitazione soggettiva per così perseguire  una genuina rivoluzione interiore se la Massoneria stessa non è in grado di rinnovarsi, autorigenerandosi!

                  Per concludere, formulo per primo a me stesso una riflessione: l'Iniziato affronta il proprio percorso per dirozzarsi e così procedere alla propria crescita interiore - sia essa morale, etica, spirituale, che sociale (termine inteso come miglior contributo che possa giungere alla societas da una persona che, a seguito dell'adesione ad un qualificato contesto, attraverso studi, confronti, dibattiti e fasi di approfondimento, aumenti la propria preparazione: così trasferendo nella quotidianità della vita tale sua accresciuta capacità, a beneficio della collettività).    Mano a mano che questo non facile e non semplice percorso si dipana, l'Iniziato comprende che il suo sforzo nell'apprendere (senza sosta...!) e nel filosofare ha un obiettivo ammantato di assoluta sacralità.    Quello di potersi avvicinare all'Ineffabile, attraverso l'individuazione e la corretta pronuncia dell'impronunciabile: è questa la Parola Perduta.    Mi chiedo, quindi: in questi strani e persino anomali contesti, popolati da aderenti il cui nome si legge "fratelli" o "sorelle" ma che in realtà ben poco lo sono nella sostanza, che brillano per impreparazione (assoluta o relativa: si pensi solo al Rito che presiede i gradi successivi al III°) e confusione sullo stesso proprio ruolo, come si può pensare di raggiungere gli obiettivi fideistici (massonicamente parlando), simbolico-esoterici, alchemico-filosofici, etici e morali, storici e comportamentali, la cui summa ci può solo avvicinare a quella mèta costituita dalla ricerca della Parola Perduta?  

                 Che contributo c'è quindi da attendersi da costoro? C'è qualcosa di buono, di valido, di concreto, di elevato che possano offrire?

                  
Roma, 22 Dicembre 2014                                  Giuseppe Bellantonio
h. 00,03 Solstizio d'Inverno
 
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giovedì 18 dicembre 2014

I NOSTRI MARO'


GLI ITALIANI
NON DIMENTICANO I LORO MARO'
ILLECITAMENTE PRIVATI DELLA LIBERTA'
E TUTTORA IN ATTESA DI UN QUALCOSA
CHE STENTA A MATURARE.
QUESTA NON E' GIUSTIZIA,
BENSI' LA NEGAZIONE DELLA GIUSTIZIA.
CHE TORNINO A CASA, IN PATRIA, NELLA LORO TERRA: AL PIU' PRESTO, CON OGNI MEZZO LECITO,
DEFINITIVAMENTE !


MASSIMILIANO LATORRE, SALVATORE GIRONE:
GLI ITALIANI TREPIDANO PER LA VOSTRA SORTE;
GLI UOMINI LIBERI DI CUORE,
D'ANIMO E D'INTELLETTO,
SONO AL VOSTRO FIANCO!
 
LA PATRIA VI ASPETTA
STRINGENDOSI ALLE VOSTRE FAMIGLIE,
 TANTO PREOCCUPATE PER VOI !
 
SAN MARCO !!!