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mercoledì 31 dicembre 2014

NOTE SUL SOLSTIZIO D'INVERNO


Come ben sa chi mi conosce, la mia visione della Massoneria è improntata alla costante ricerca dell'UNIONE tra le forze sane, omogenee e compatibili del contesto nazionale, comunque nel contesto di un àmbito più ampio: ovverosia UNIVERSALE.
In questo, il mio personale riferimento è sempre stato quello di seguire la via che storicamente è appartenuta e appartiene alle consolidate Tradizioni della "Comunione di Piazza del Gesù": nel solco tracciato - tra gli altri - da Saverio Fera, Vincenzo Francia, Carlo de' Cantellis, Alfredo Di Mambro, Tito Ceccherini,  Piero Piacentini, Giovanni Palaja, Odo Spadazzi, Francesco Bellantonio, Italo Letizia, Gregorio Baccolini, Dario de Blanck, Giuseppe Giuffrida, e - per ultimo - da chi qui vi scrive, assistito dal fattivo pensiero di altri Nobili Cavalieri.
Le testimonianze  storiche a questo preciso proposito sono innumerevoli e incontrovertibili, anche perché hanno scandito - spesso in modo doloroso, allorché l'unione si è trasformata in cocente delusione - la vita della Comunione, specie dagli anni '70 del XX° secolo.
A onor del vero, proprio dagli ultimi dieci anni del 1900 e ancora oggi, gli sforzi di un folto 'gruppo di pensiero' sono concentrati su un concetto di UNIONE molto più sofisticato, anche in virtù delle esperienze vissute:   si tende a perseguire un risultato dove UNITA' non equivalga a UNIFORMITA'.
Ricordate il simbolo più eloquente che la Chiesa ha per evidenziare la propria 'unità'? Si tratta della tunica che - indivisa, senza cuciture perché tessuta tutta d'un pezzo (a testimoniarlo è proprio quel S. Giovanni Evangelista a noi tanto presente, anche perché protettore del nostro Ordine) - è posta ai piedi della Croce.   
Ecco: la nostra visione di 'unità' - che peraltro ben si  rispecchia nella significativa citazione di cui sopra - non la confondiamo con quella di "uniformità': dinamica, questa,  che tende a livellare le differenze, sino ad abolirle. Consapevoli di quella naturale  'unicità' che la storia ci attesta, ci apriamo ora in modo più palese alla varietà - e quindi alla diversità - delle singole caratterizzazioni, delle varie rappresentazioni di vertice, delle non uniformi interpretazioni di riti e ritualismi.   
Tendere all'unità e non necessariamente all'uniformità, non significa certo aprirsi o essere in un qualche modo tolleranti verso quelle perniciose divisioni dove ognuno possa sostenere a priori di non aver bisogno dell'altro.
In quest'ottica, su questo mio blog hanno trovato ospitalità - e ne sono onorato - articoli firmati da eminenti Fratelli e Sorelle: testimonianza di una visione ampia e senza assurde, quanto inutili, barriere preconcette; difatti, penso che il bello, il buono ed il giusto, siano indifferenti a qualunque paternità e tali si dimostrano nell'affermarsi proprio per la loro coerenza e per 'volare alti', ben al di sopra delle contingenze e delle singole realtà della vita.
Oggi, per gentile concessione dell'Autrice -  Car.ma e Risp.ma Sr. Ba* Na*, Dignitaria della Gran Loggia d'Italia di Palazzo Vitelleschi e valente professionista  nel quotidiano  - sono lieto di porgere all'attenzione dei Lettori un suo intervento in occasione del recente momento solstiziale.
Sono certo che i contenuti susciteranno gradimento e apprezzamento, anche per la particolarità del tema trattato.
Buona lettura, quindi, e i migliori voti augurali - per Voi e le Vostre Famiglie -, auspicando un 2015 colmo di benessere, salute e prosperità.

Roma, 31 Dicembre 2014                                                        Giuseppe Bellantonio
 
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Solstizio d’Inverno

Orazione ufficiale della Sr. Ba* Na*
nella Tornata tenuta dalla Risp. Loggia 'Galahad' all'Or. di Roma
 
Il sole velato: simbolo di luce attraverso l’amore

“… gli operai sono confusi…il loro cuore dubita…la Vita è oscurità e senza conoscenza il buio regna sovrano ma la conoscenza è vana senza l’amore ”

Ebbene sì, queste parole abbiamo sentito dal rituale… che sensazione incredibile! Sentire come solo l’amore possa spianare la nostra fronte dal dubbio, darci un barlume fino alla piena luce, riempire il vuoto doloroso dell’ignoranza….

Il vuoto le tenebre sono il proto-elemento della creazione. Tutte le forme di vita hanno origine negli abissi della oscurità. Solo dalla non forma si può sviluppare una struttura compiuta destinata ad evolversi: il seme si dissolve nel buio della terra per poter diventare una nuova forma vivente. Scopriamo che la condizione umana è una successione di tempi frantumati che, inseriti in una spinta ciclica regolare, assumono un senso, soprattutto un senso di espansione.

L'essere umano viene alla luce dopo nove mesi di gestazione nel buio dell'utero, il primo dei momenti di crisi, di passaggio ma già preludio al cambiamento. Le opere dell'uomo iniziano, ad ogni alba, da una fase preparatoria velata: il risveglio dal sonno,  la ripresa del pensiero…pensare…nel buio…. Strano, in un giorno come questo, non ci suscita angoscia ma ci riscalda…perché non abbiamo paura, quella più grande che la mente possa concepire, poiché l’unica destinazione finale dell’Io è la morte?

La nostra abilità umana di concepire e programmare il futuro ci rende capaci di concepire la morte come destino e dandole il giusto valore archetipico, di potersi chiedere: - che c’è da temere? È solo un cambiamento di stato !-…questo è quello che ci permette una “forte” ritualità come quella di oggi, utilizzare il rito “per ridurre l’angoscia esistenziale aiutandoci a sentire che c’è una grande Sorgente dalla quale fummo separati e ora dobbiamo ritrovare” (Joseph Campbell: “The power of Myth,1988”), prendere qualcosa in cui crediamo e trasformarla in qualcosa che possiamo percepire, attraverso l’esperienza simbolica…
 
Lo  Yechidah è nell’uomo il segreto dei segreti, il  tesoro sepolto in noi, il nostro più intimo essere, ciò che realmente siamo…( Ivan Alibrandi, “ Il Sé nella Kabbalah”, Libri per evolvere, 2001 )”…forse è sempre stato questo il segreto da non poter rivelare a chi non fosse idoneo a recepirlo, per l’importanza, spirituale oltre che biologica, che potesse avere la trasmissione di elementi capaci di favorire il progresso dell’Uomo, attingendo a contenuti derivanti dal “buio” dell’inconscio…inconscio, allora, quale attivatore di archetipi in grado di rafforzare la coesività degli strati profondi della psiche con quelli “sensoriali” riproposti nella ritualità, attraverso un’”organicità” dei simboli vissuti in modo ontologico ed emozionante.

Lo scopo di un iniziato, consapevolmente o meno, non è, quindi, isolarsi in uno statico timore di avanzare nel buio ma prendere contatto pieno, sano e totalizzante con la Vita proprio integrandola con il buio stesso, il “proprio buio” ! La morte che “vive” l’iniziato, è definibile con Jung, “l’incontro con l’Ombra dell’apprendistato”, che porta l’individuo alla realizzazione del Sé. (Samuel et al.,1987), “principio unificante della psiche umana, immagine archetipica del sommo potenziale dell’individuo ”.

La struttura rituale è volta a consentire passaggi, a consentire di vivere la vita fluidamente nella sua ciclicità, tentando di continuare, individuo di una specie, un esaltante compito comune “evoluzionistico” … il massone è architetto amorevole dell’'immortalità dell’Uomo, sapiente fruitore del tesoro archetipico rappresentato dalla propria Ombra.

Il sole e la Luna, le tenebre e la luce…il senso dell’eterno, un eterno presentificato ma in divenire, oggi, qui e ora, nella ritualità e nel tempio sacri… . Assagioli chiama questo <“l’eterno ora”, la vita piena, sintesi di essere e divenire, cicli vitali organicamente collegati da qualcosa che li trascende, che non ha bisogno di essere dimostrata: è un’esperienza diretta come quella di un colore, di un suono, di un sentimento… > ! …Ovvero dall’ombra della Morte spersonificante e dolorosa, si assiste alla Rinascita nella luce senza tempo, quella che Wilmsurst definisce “la luce inestinguibile”…

 “Tutta la carne nata dalla terra deve essere distrutta e ridiventare ciò che era in precedenza; solo allora il sale terreno, attraverso l’influenza celeste, produce una nuova nascita. Infatti, laddove non ci sia già terra, nessuna resurrezione può aver luogo nella nostra opera, perché il balsamo della Natura è nascosto nella terra, come lo è il sale di coloro che vi hanno cercato la conoscenza di tutte le cose (Stolcius von Stolcenberg, Viridarium chymicum, Francoforte, 1624).

Mi viene in mente Pinocchio, quando, gettato in mare per essere affogato come ciuchino zoppo, viene ritirato su e a fior d’acqua riappare come burattino vivo e vispo…la carne è scivolata via dalle ossa di legno e lo ha liberato ma ancora non è pronto…ancora non è perfetto, ancora non è uomo! Ancora non sa, perché ancora non ha sofferto la mancanza dell’amore!!!

La decomposizione e la trasformazione della rinascita sono momenti drammatici, fase attiva, sofferta del processo alchemico della vita spirituale, prerogativa della specie umana…nel silenzio, nel buio…solo così si può percepire il rumore di fondo dell’inconscio, agognare spasmodicamente la luce. Oggi lo abbiamo rappresentato, “vissuto” tutti quando si è acceso l’astro radiante.

La Libera Muratoria è sottesa e vivificata dal simbolo, l’elemento nodale, il modulatore di energia psichica più diretto, in grado di riproporre pulsioni, istinti, rimossi e di mediare direttamente la dicotomia apparente tra biologico e psichico, tra elementi del conscio e dell’inconscio. Per dirla con Silberer, “la comparsa di un simbolo sarebbe collegata all’intuizione spirituale di qualcosa che la mente spirituale non può ancora afferrare” ma che desidera, il  “trascendente” come pulsione d’amore.
 
La Morte, nella sua totalità, si correla simbolicamente, al silenzio, al vuoto, al buio, alla stasi, all’assenza di anelito. …Lì dentro, nella bara scura, nel buio nero, l’Iniziato chiude gli occhi…il buio…non è poi così nero, così scuro, anzi è diffusamente luminoso, avvolgente ed il vuoto…così compatto, trainante, quasi risucchiante, presenta dopo un po’, un’immagine simile ad un’increspatura, una coartazione e da quel punto, da quell’assenza di luce, da quel difetto del vuoto pieno, intenso, ridondante, si proiettano prepotenti la parola emotiva, il colore vivo, la necessità di esprimersi.

Emozionato, stordito, Egli avrà sempre una struggente nostalgia di quel momento di statica dinamicità, di quel momento di pienezza dell’essere e tenterà di ripetere l’esperienza attraverso l’uso del rituale ed il carattere incisivo dei simboli che diventano così “portatori di impulso” maturativo ed evolutivo .

 “Comprendere la simbologia nella sua totalità energetica equivale al superamento di uno stadio energetico, analogamente al significato che questo ha in termodinamica, ottenendo una trasformazione”.  “La trasformazione di tutto l’essere che si rivela nel contegno, nell’influenza sugli altri, nello stesso aspetto esteriore, è più eloquente e significativa di ogni espressione verbale”. Una vera sublimazione, come nella chimica inorganica, il passaggio improvviso, diretto, drammatico, da solido a gas… un cambiamento radicale…come al termine della favola di Pinocchio: da burattino di legno a uomo in carne ed ossa! Egli si sente un impulso potente ad agire ad effondere, irradiare, far partecipi gli altri della meravigliosa esperienza, sente di poter “cogliere” l’esistenza della sua “anima”…. Lo strumento alchemico, dinamizzante, come il fuoco sul quale veniva messo l’athanor, è l’incendium amoris, la forza trasformatrice e sublimante dell’amore…”non si tratta di amare di più o di meno ma di amare meglio” come nota Assagioli e così amando dare e creare….effondere e attrarre a sé le energie da trasformare.

Ogni essere, isolato, si sente incompleto… soffre e cerca..  questa spinta questo anelito è l’espressione della grande legge evolutiva, ci rivela il segreto della natura e della funzione dell’amore.

L’universo è basato sul principio di polarità secondo una legge di attrazione, una serie di atti di riproduzione; questo “principio di amore”  lo ritroviamo in tutte le manifestazioni della natura, nella  materia inorganica, nell’elettricità chimica dell’acido-base… la Morte, come assimilazione all’archetipo, altro non è che una manifestazione di amore, la morte altro non è che l’immortalità dell’unicità dell’uno - tutto, senza  temporalità, senza spazialità, come nei sogni, violenta nostalgia dell’archetipo. " L'uomo è fatto della stessa sostanza di cui sono stati fatti i sogni" (Shakespeare) e niente è più forte dell’immaginale, del percettivo nella composizione del pensiero…il senso dell’unità originaria, un’ assillante sete di eterno, di ritorno all’unità, la più grande forma d’amore che un iniziato possa provare ed effondere… l’intuizione pura percepisce la dualità trascendente ed il lampo intuitivo è il sublime mezzo di comunicazione del Maestro.

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