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martedì 5 febbraio 2013

UNO STUDIO SUL CLASSICO "TRINOMIO": PARTE I° L'IMPORTANZA DELLE PAROLE



UNO STUDIO SUL “ TRINOMIO ”

parte I°: l'importanza delle parole

Nel corso della mia vita iniziatica, ho letto moltissimi, innumerevoli interventi - anche illustri e non solo italiani - circa le origini, il significato ed i contenuti simbolici, filosofici e pratici del classico Trinomio massonico, identificato ormai da tempo anche a livello internazionale nell'unione delle tre parole

LIBERTA'UGUAGLIANZAFRATELLANZA

Oggi, desidero offrire un contributo che origina da studi, approfondimenti ed “applicazioni” in buona parte elaborati già da lungo tempo nella mia Gran Loggia di origine: la Gran Loggia Nazionale Italiana della Comunione di Piazza del Gesù. Chiarisco subito che non si tratta della ripetizione di cose già dette o scritte, ma del loro ampliamento concettuale corredato per la più parte da nuove originali quanto esclusive considerazioni.

Credo, in primo luogo, che per affrontare questo tema – affatto banale e troppo spesso dato per scontato nelle sue spiegazioni più prossime, ma anche più “comode” – occorra intendersi sul significato di certe parole e – soprattutto – sul loro corretto utilizzo, specie in correlazione con altri termini.

Equità : – da aequitate, che a sua volta deriva da eguale. Riconduce al concetto di giustizia esercitata con senso etico; in senso esteso, sta per imparzialità. Così che equo sta per giusto, imparziale.

Fratello : da frater – pl. figli degli stessi genitori -; anche membro di una soc. umanitaria; nel linguaggio religioso, converso. Il termine ci conduce a fraternità (affetto tra fratelli, amicizia profonda, solidarietà). Dobbiamo però scavare su frater nel suo significato di frate/fratello : questa parola ha l'etimo nella parola indoeuropea bhatar (dal sanscrito bhràta) con il senso di sostenitore (la radice bhar è presente anche nel sanscrito bhartr - marito, cioè colui che sostiene e protegge la bharya moglie; a sua volta, colei che è sostenuta e protetta dal marito). In greco la voce phràter designava un membro della stessa famiglia (o phatrìa - tribù in linea paterna); per indicare la figura del “fratello” i greci utilizzavano invece il termine adelphòs (co-uterino) con riferimento alla linea materna, probabile retaggio di un pregresso ordinamento matriarcale della famiglia. L'italiano fratello è quindi una forma lessicale di minore intensità, certamente più determinata e quindi circoscritta, di cui – nel parlare corrente – non abbiamo piena consapevolezza, visto che per lo più si ha una conoscenza parziale delle origini.

Fraternizzare : da fraterno - a sua volta dal latino fraternum-frater – (sta per stringere rapporti fraterni, fare amicizia, condividere ideali); in ogni caso, la radice comune è sempre frater - fratello.

Fratellanza : da frater – fratello, sta per rapporto affettivo tra fratelli; in senso esteso amicizia fraterna, società (generalmente) con fini umanitari.

Libertà : è forse il termine più importante di questa brevissima serie. Per ogni essere umano assume significati e spessori diversi, soprattutto con riguardo al livello culturale personale, al gruppo etnico ed al livello sociale di appartenenza nello stesso, alla propria posizione nella società, alla propria sensibilità sociale e religiosa, agli influssi che si possono percepire e recepire dal mondo esterno, al modo in cui il proprio processo mentale elabora, valuta e forma pensieri. In ogni caso un peso determinante lo riveste il “luogo” (ossia, la “terra”, il “paese”, la “nazione”), dove le persone vivono. “Libertà” é quindi una parola che ha fondamenta idealistiche, filosofiche e pratiche; queste ultime maggiormente racchiuse nelle forme di istruzione e nella progressiva erudizione: quindi non appartengono alla più diffusa “tradizione” popolare. Cioè, è un termine il cui significato intrinseco – che con il passare dei secoli si è gradualmente colmato di molteplici chiavi di lettura, di significati e valori, specie sotto la spinta del pensiero di filosofi e letterati, nonché a seguito delle pulsioni sempre più forti di consistenti strati di popolazione – presuppone l'originaria presa di coscienza di una condizione: quelle di essere “libero” ovvero di “anelare fortemente” all'esserlo. Una condizione, quella di essere libero, che - dapprima individuale e via via patrimonio di gruppi e strati sociali sempre più numerosi e qualificati, e, nel mondo contemporaneo, vero patrimonio di ampie collettività – caratterizza la possibilità per un individuo – come recitano le raccolte di lemmi: anche se io preferisco il termine persona a quello di individuo - di pensare e quindi parlare e agire senza costrizioni, utilizzando e manifestando la propria volontà di esprimere e confrontare idee anche ponendole in atto attraverso delle azioni: a loro volta frutto di elaborazioni concettuali. Queste azioni, a loro volta, sono il frutto di una scelta senza costrizioni – e quindi “libera” - tanto nelle finalità che nella scelta degli strumenti che altrettanto liberamente si ritiene per ciò utilmente utilizzabili.

Il primo scritto che in Italia testimoni la trattazione del concetto di “libertà” è del 1200, mentre per lo studioso Noah Kramer (“I Sumeri”, Newton Compton ed., 1997) già i Sumeri esprimevano attraverso la scrittura cuneiforme un significato simile, attraverso il simbolo ama-gi (esprimeva il “ritorno alla madre”, concetto adattabile per estensione a quello di “ritornare nello stato di libertà”; a mio avviso, tanto che lo si valuti come “ritorno al grembo materno” che come “ritorno alla madre terra”: il che è coerente con la concezione dell'epoca ed il profondo rispetto per la terra “generatrice e matrice” di vita).

Libertà” (nella forma più moderna, riferita al latino libertas-libertatis) é quindi la condizione di chi – essendo, appunto, in uno stato di “libertà” (indipendenza, assenza di vincoli, autonomia) corrispondente ad una situazione di non-costrizione e quindi di profonda emancipazione - può pensare, decidere, agire, esprimersi e disporre di sé senza costrizione, limitazione o controllo (salvo l'ovvio obbligo di rispettare le leggi vigenti nella Nazione di cui questi sia cittadino, ovvero – per estensione – le Leggi auree della Natura e della Vita).

Tale condizione coincide quindi con la consapevolezza–coscienza dei singoli soggetti di potersi liberamente esprimere, di pensare e agire in piena autonomia e senza subire invadenti influenze o costrizioni. L'attivazione del circuito pensiero-parola-dialogo-confronto, si traduce nella possibilità di poter mettere in atto delle “attività”, delle “azioni”, esercitando la “libera scelta nel prefiggersi delle finalità come pure nella scelta negli “strumenti” che si possano ritenere idonei per perseguirle.

Essere liberi non può essere però interpretato come un diritto assoluto, di fronte al quale tutto passa in secondo piano; ciò specie se in nome della “nostra” libertà pretendiamo di imporre agli altri le nostre idee, le nostre convinzioni,: anche con forme energiche quando non autoritarie e persino violente.

Attenzione, lettori: sto trattando questo concetto dal punto di vista della quotidianità, piuttosto che non da quello di una “libertà da conquistare” vista in assoluto, quale obiettivo-azione-valore da perseguire per scrollarsi di dosso tirannie, soprusi, arbitrii e violenze.

Recentemente, un giovane scrittore italiano – Fabio Volo - ha dato una propria interpretazione della “libertà” indicando che “Forse la libertà non è nemmeno poter fare senza limiti ciò che si vuole, ma piuttosto saperseli dare. Non essere schiavi delle passioni, dei desideri. Essere padroni di se stessi ”.

Prescindendo in questa sede da altre valutazioni – solo “accarezzarle” tutte, porterebbe ad uno scritto smisurato, e quindi qui francamente eccessivo -, e per restringere il campo delle possibili definizioni di “libero”, posso avviarmi alla conclusione di questa voce dicendo che “è libero” chi possa agire senza costrizioni e possa quindi “decidere” e “scegliere” in modo intelligente, razionalmente ma anche premiando le proprie passioni (in modo non lesivo per gli altri, quindi, e in modo che scelta e decisione dell'azione abbiano un obiettivo conosciuto di cui si abbia la piena e anche intima consapevolezza: un fine quindi definito, peraltro originato in piena autonomia. Ricordiamo che ogni stimolo che ci perviene dall'esterno e che può indurci a valutazioni e scelte, in verità limita – ed a volte addirittura condiziona - la nostra “libertà” piuttosto che non agevolarla.

Libertà, quindi: condizione e consapevole tipicità specifica dell'essere umano, tale da contribuire alla sua realizzazione complessiva facendolo assurgere a “persona”, cioè a soggetto nella piena e consapevole titolarità di doveri e diritti. Una persona in grado, quindi, di auto-progettare e così esercitare le scelte che lo condurranno alla realizzazione di sé, fuori dai recinti angusti dell'assoggettamento ad assetti chiusi e pre-costituiti, praticanti forme di illiberalità quando addirittura non esercitanti la “coercizione del libero pensiero”.

Non possiamo ignorare l'esistenza di tutta una filosofia e di una dialettica nate su alcuni non trascurabili temi. Ad esempio: l'essere umano “nasce“ realmente libero? E rimane tale? Oppure questa condizione (inconscia, alla nascita; ma di cui si può acquisire coscienza e consapevolezza solo “dopo”, con la crescita) è strettamente correlata e quindi vincolata e dipendente anche dall'ambito geografico, dall'ambiente sociale, dalla condizione culturale del “luogo” in cui si nasce? La libertà è o no come un ottimo vino in una bottiglia, sigillata, e che quindi va “stappata”, tirata fuori con la giusta energia e con la corretta consapevolezza di “cosa farne” e del giusto modo con cui “gustarla”? Nascere e “vivere” da persone libere, ci sottrae a priori dai condizionamenti anche sottili che la società – ossia: tutto ciò che ci circonda – ci propone costantemente (e provocatoriamente) o ciò avviene solo in misura trascurabile? E tanto altro, ancora.

Quesiti profondi ed anche antichi che affacciano su panorami vastissimi: risposte semplici ce ne possono essere, ma non esauriscono certo la concatenazione degli interrogativi.

Quesiti, pur se su piani diversi, sono e saranno sempre influenzati – ad esempio - dalle visioni sociali, religiose, filosofiche, storiche tanto di chi possa tentare di esplorarli per offrirne delle interpretazioni che del contesto in cui essi abbiano a manifestarsi.

Penso che la “libertà di poter pensare” dalla quale origina la “libertà nel formulare il proprio pensiero”, sia il necessario preludio alla “elaborazione e manifestazione del proprio (libero) pensiero“ attraverso azioni improntate al “fare” ed all'importanza della “consapevolezza di esistere” e quindi della crescente “coscienza di sé”.

E' quindi attraverso costrutti culturali, sociali ed operativi che si é giunti all'affermazione di concetti ed espressioni “liberi” da vincoli e costrizioni ma nel contempo rispettosi anche degli altrui ambiti di “manifesta libertà”: questo processo si è sviluppato nel tempo e non può dirsi concluso, dal momento che vincoli e freni vengono frapposti di continuo sul cammino di esseri umani da altri uomini, sovente con motivazioni accattivanti e caramellose, psicologicamente e formalmente utili a dissimulare ambizioni, sete di potere, sfrenati interessi e – in estrema sintesi – vera e propria inimicizia verso il prossimo.

Similare : (sign.: che appartiene alla medesima specie, affine), è un aggettivo che origina da simile.

Sìmile : (sign.: analogo o affine nell'aspetto o nei caratteri), può essere sia sostantivo che aggettivo, tanto maschile che femminile. L'analogia può originare dalla comparazione finalizzata a definire, con riferimenti appropriati, il livello o il grado di una determinata qualità: ciò giova a meglio chiarire in forma logica – comunque, anche fantastica – un determinato concetto. Qualora l'analogia tenda a ripetersi nel tempo, questa assume valenza di ripetizione. Nell'uso del termine, l'idea di analogia si accentua fino ad indicare la comune appartenenza ad un ambito e, più specificamente, alla stessa specie umana. Frequentemente, il termine indica un vincolo di fratellanza, specie nelle espressioni mistico-religiose ovverosia ad elevato contenuto spirituale (ad es.: l'amore per i propri simili). Come e simili o et similia, nella fase conclusiva di un elenco di una enumerazione, sta quale indicazione di un pur generico rapporto di affinità.

Somigliante : (participio pr. del verbo somigliare) che presenta analogia d'aspetto, analogo; come sostantivo masch. ha anche il significato di (la) stessa cosa.

Somiglianza : analogia di aspetto per lo più esteriore, ma anche di qualità o di carattere. Oltre che come sostantivo è diffuso l'uso anche loc. avv.le: in questo caso sta ad indicare la conformità ad un modello ovverosia ad un preciso termine di paragone (ad es.: Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza).

Somigliare : (verbo sia transitivo che intransitivo) richiama una affinità o una analogia con un aspetto – o con una determinata caratteristica - di una persona o di una cosa. Anche utilizzato per indicare un valore, una qualità reciproca. Dal latino similiara, dal classico similis.

Uguaglianza : (sign. generico: identità, parità) deriva dal verbo uguagliare (come verbo transitivo: rendere uguale, divenire pari. Come verbo intransitivo: essere uguali). Uguale ci porta ad eguale - che deriva da aequalis ossia “pari” (di statura, di età) - successivamente adoperato con la forma di eguale. Aequalis a sua volta deriva da aequus (sign.: equo, da cui aequitas equità, adaequare - adeguare, aequator - equatore | perchè rende uguali i giorni e le notti |, aequatio - equazione). Aequus (equo) peraltro è un termine che gli studiosi hanno riscontrato solo nell'area italica. Possiamo quindi dire che il suo significato ultimo é : (essere) della stessa natura, identico, uniforme.

Termina qui la Prima Parte del mio studio sul ritualistico "Trinomio" massonico. Studio che mi ha fatto piacere vedere pubblicato in esclusiva sulle pagine web del Notiziario Massonico Italiano.

Roma, 7 Gennaio 2013                                   Giuseppe Bellantonio
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