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giovedì 6 dicembre 2012

UN SEGUITO A "IN MASSONERIA NON SEMPRE L'UNIONE FA LA FORZA".

HO RICEVUTO CON PIACERE UN COMMENTO AUTOREVOLE ED INTELLIGENTE AL MIO SCRITTO "IN MASSONERIA NON SEMPRE L'UNIONE FA LA FORZA", FORMULATO DAL SIG. FRANCESCO GERLI, SOTTOSCRITTOSI SEGRETARIO  FEDERAZIONE LOGGE DI S. GIOVANNI.
LA MIA REPLICA NON COPRE LE 4096 BATTUTE PREVISTE DAL BLOG, MA LE SUPERA: MOTIVO PER CUI, PER NON TRASCURARE L'INTERLOCUTORE, PASSO AD UNO SPAZIO MAGGIORE. UGUALMENTE VISIBILE.

Gentile Gerli,
non mi sembra di essermi rivolto a Lei, nè di essermi riferito a quella Federazione di cui Lei si sottoscrive n.q. di Segretario: per cui il Suo commento è male indirizzato.
Pur non capendo bene se Lei scriva a titolo personale ovvero a titolo rappresentativo di un gruppo organizzato amministrativamene ed operativamente, visto il modo con cui Lei si sottoscrive, devo propendere per questa seconda ipotesi: Lei, quindi, scrive anche in nome e per conto altrui, con funzione rappresentativa.  Motivo per cui Le dedico la mia migliore attenzione, così che Lei possa poi ben riferire agli aderenti del Suo contesto
Vengo a noi.
Circa i contenuti della Sua precisazione, che non riguarda nè è comunque pertinente alla lettera del mio intervento, Le appartengono tutti: così, non valutandoli nè commentandoli, glieli lascio tutti.  Anzi glieli rendo, integri.
Relativamente alla citazione di un altro fatto, cui Lei pur si riferisce - ma che non ha nesso di casualità con il mio scritto - è vera una mia presenza informale ad una riunione altrettanto informale che salvo errore allora mi sembrò assolutamente ricognitiva: alla stessa presenziai aderendo al cortese e personale invito del padrone di casa, ma anche nella speranza di poter ascoltare interventi all'altezza della accreditata grande preparazione dei partecipanti.
Difatti, così fu: gli interventi furono proprio degni del livello e della preparazione degli stessi.
In ogni caso - e questo è il mio pensiero - le parole, anche le più belle, sono espressione solo indicativa di un processo mentale: sono le azioni, poi, a qualificare i soggetti, dando  loro dignità o meno.  Attraverso le azioni, poi, si guadagna in autorevolezza, o si assumono atteggiamenti autoritari: cosa bene diversa dall'altra.                  
Come peraltro Lei ricorderà, e così come ricorderanno gli altri soggetti allora presenti, in quella circostanza non ho fatto interventi di alcun tipo: nè a titolo personale nè sotto altra veste e forma; la cosa non mi competeva, considerando la mia sostanziale e formale terzietà rispetto alle questioni di tipo pratico esternate più o meno da tutti i convenuti.
Lei, quindi, riferendosi a dei complimenti da me formulati per quella circostanza, dice il vero: così fu.
Ma nessun altro seguito ebbe a materializzarsi, specie quando per una successiva riunione da tenersi non ricordo dove, fu anticipata e diffusa una mia presenza - al pari di quella di altri, altrettanto all'oscuro - ancor prima che io stesso ne fossi a conoscenza: la qual cosa puntualizzai drasticamente e con una certa qual energia.
Pur sembrandomi questi i dettagli comunque attinenti ad un rapporto bilaterale e personale, evidentemente Lei sembrerebbe voler dare un sapore ed un contesto diversi; peraltro continuo a non capire perchè Lei si sforzi di voler sentire il mio dire opposto o critico proprio al contesto federativo di cui Lei è segretario.
Fermo restando che in qualsivoglia caso ciò non era neanche lontanamente nella mia volontà nè nelle mie intenzioni, la federazione di cui Lei è segretario pro-tempore non è proprio nei miei pensieri, nè ho motivo alcuno per averne o cercarne notizie; ulteriore motivo per rimarcare che non si può trattare di un qualcosa cui non si pensa.  Quindi, se non penso a qualcuno, non scrivo o parlo neanche di "qualcuno".
Pensiero ed azione sono pur sempre collegati, almeno per quanto mi riguarda.
Ciò non toglie che esistano - nell'amplissimo e variegato panorama iniziatico italiano -  forme federative o confederative cui si rifanno degli aggregati che si definiscono ("sedicenti", appunto: ossia, "se dicenti", ossia "che si dicono") logge di san giovanni: anzi aggregazioni similari mi sembrano essere presenti in forma affatto unica ovvero episodica: può darsi che sfogliare il web, possa agevolare la ricerca.
Circa l'uso e l'abuso - ovvio: nel contesto generale, per quanto mi riguarda non sono abituato a parlare di cose "sconosciute" o di soggetti altrettanto "sconosciuti" - della definizione/indicazione "loggia di S. Giovanni", mantengo le mie valutazioni critiche nei confronti di quanti vi si riferiscano non avendone titolo ovverosia le precise - e non perché lo abbia deciso io - caratteristiche e/o qualità ritualistico-operative.
Non credo peraltro che Lei voglia difendere soggetti similari, ritenendosi peraltro forse investito di una funzione delegata o missione rappresentativa di "tutti" coloro che si definiscano "Loggia di S. Giovanni".
Dovrò forse attendermi delle altre note di precisazione da soggetti che possano gratuitamente auto-identificarsi nel mio scritto? Possibile: avrò nei loro confronti la stessa attenzione che sto avendo con Lei, Gerli.
Tornando alle Sue parole, Gerli, qui significo ad abundantiam che polemiche e batti e ribatti improduttivi non mi appartengono, nè oltrepasso le soglie della diplomazia per attribuire alla rinfusa responsabilità o colpe a Tizio o a Caio: non sono giudice, ma semplice detentore di "memorie storiche" e sufficiente conoscitore di norme e regole simbolico-ritualistiche che mi fa piacere ricordare agli immemori, o a coloro che - presi da altri e certamente importantii obiettivi - non hanno troppo tempo per soffermarsi su cose che, al contrario, per altri rivestono importanza.
Quanto al mio personale commento che riguarda - in generale: così come ho più volte fatto nelle righe di  moltissimi interventi - soggetti (singoli e/o aggregati) che si possano sentire intrisi di laicismo piuttosto che di laicità, o che trascurano specifici richiami, o che evitano di raffigurare nei loro simboli i richiami alla sacralità dell'Uno anche attraverso il ricco simbolismo della geometria e quindi dei numeri, confermo il mio punto di vista: al di là di ogni forma e margine di tolleranza e di tollerabilità non riconosco come massoni, o se preferiamo "corretti massoni", quei soggetti che si ammantano di laicismo, anticattolicesimo, ateismo, settarismo e quant'altro.  Il loro cammino di "ricerca" è opposto al mio.
Non mi interessa avere contatti neanche culturali con costoro, così come penso che anche costoro potranno nutrire nei miei confronti dei sentimenti similari: confrontarsi può essere utile, ma non è obbligatorio conformarsi all'altrui pensiero. Specie se diverso dal proprio.
Mi rammarica, alfine, che il mio modo di scrivere sia per Lei ostico ed inconcludente. Anche a me capita di trovarmi nei Suoi panni, talvolta: ma con un pò di pazienza mi sforzo di provare ad incollare quelli che a me sembrano pezzi disarticolati del pensiero altrui, per così comprenderne almeno una pur minima parte.
Voglio tranquillizzarla, Gerli, assicurandoLe che il Suo scritto non mi ha turbato: anzi, ha suscitato in me interesse il seguire i passi più interessanti del Suo pensiero; non disdegno il confronto ed apprezzo le critiche, ancorchè costruttive.
Non manchi quindi di scrivermi se mai dovesse ritenere di sollecitare un confronto con me  su tematiche e problematiche d'ordine prettamente oggettivo, come pure di studio e ricerca.
Grazie anche a Lei per l'attenzione.
Roma, 6-12-2012 h. 22.51
Giuseppe Bellantonio

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