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lunedì 18 gennaio 2016

QUAL'E' IL S.GIOVANNI DI RIFERIMENTO?


        Preliminarmente, le mie scuse per un certo protrarsi dell’attesa per l’uscita di questa ‘parte quarta’: ma, l’esigenza di sintetizzare in un modo razionale e logico tutta la massa di dati da me elaborati, ha prevalso sulla naturale tentazione di prendere più spazio con il fine di offrire esplicazioni più ampie: specie nelle fasi ricostruttive di tipo temporale e storico.

      Ai Lettori, mi permetto di suggerire di riprendere dai miei precedenti tre articoli il filo del mio tracciare.                

ATTUALITA’  IN  MASSONERIA

… SULLE “ LOGGE DI SAN GIOVANNI ”
(parte quarta)
Ma qual’é il SAN GIOVANNI di riferimento?

 Gli approfondimenti effettuati, con consultazione di testi e note non sempre reperibili o accessibili anche per la sola visione, mi hanno consentito di orizzontarmi con certezza nel tempo – riconducendomi molto prima della Prima Crociata, per intenderci: ossia, prima del 1096 (nota: il termine crociata venne attribuito solo successivamente: difatti, allorché Papa Urbano II° concluse nel 1095 il Concilio di Clermont, questi indisse in realtà un pellegrinaggio armato finalizzato a far giungere una moltitudine di pellegrini nei luoghi santi della Cristianità) -, dandomi così la possibilità di vagliare le varie interpretazioni, contrapposizioni, mescolanze e sovrapposizioni che hanno avuto come protagoniste diverse figure di nome Giovanni, ovvero San Giovanni, citate in modo non chiaro e quindi equivocabili l’una con l’altra, e così prese a campione nelle varie epoche.                 
L’imbattersi nella citazione San Giovanni, infatti, è stata spesso fonte di dubbio piuttosto che non di consolidamento.  Peraltro, la ricerca ha riguardato fasce temporali ben distinte, toccando terre tra loro distanti e diverse: ad esempio, dalla Palestina all’Italia, alla Scozia, alla Francia…                                
Dunque, primo spot acceso su Cipro: da qui inizia con certezza parte della ricostruzione storica.  In questo luogo, ca. nel 556 d.C. ad Amatunte, nasce  Giovanni, che nel 609 venne acclamato dal popolo a Patriarca greco-ortodosso di Alessandria d’Egitto con il nome di Giovanni V°.                                                                      
Fu uomo ammantato di santità fin dagli anni giovanili, poiché la sua vocazione era servire Dio e darsi con animo colmo di Misericordia alle opere di beneficenza e carità verso i poveri, che lui definiva essere “i miei padroni e signori”: da qui l’appellativo di Elemosiniere (anche se la traduzione esatta del termine greco sta per ‘Misericordioso ’) e l’aura di santità fin da subito riconosciutagli, coram populo.    E’ quindi in quest’epoca che nasce il culto di San Giovanni l’Elemosiniere., morto nel 616 e venerato in tutto l’Oriente: in Italia, si venne a conoscenza delle sue opere solo in epoca successiva, sull’onda delle notizie attinte durante l’espansione della Repubblica di Venezia: la Serenissima per antonomasia.              
Dalle note di cronaca, vale la pena di notare che questi fu ispiratore e promotore della costruzione di ospizi per i poveri, di ospedali, orfanotrofi, scuole e chiese (ne fece erigere oltre 70!), tanto in Cipro che in Egitto.  Ad Alessandria combatté le idee eretiche che allora circolavano in Egitto, dando impulso alla costruzione di due monasteri, uno – femminile - dedicato al culto della Madonna e l’altro – maschile - dedicato a San Giovanni Battista.  Dal 1500,  la Città di Venezia ha accolto - e ospita tuttora - le spoglie del Santo nella Chiesa di San Giovanni Battista in Bragora.                                                                     
L’eco dell’opera misericordiosa di San Giovanni (l’Elemosiniere) si perpetuò a lungo, al punto da superare indenne i secoli; fu così che quanti frequentavano quelle terre d’Oriente - come pellegrini o per commercio o per ragioni diplomatico-militari - ne riportarono in Europa, ma soprattutto in Italia, le gesta: via via arricchendole di quei particolari dovuti anche alla nascita di vere e proprie affabulazioni su questo prestigioso Santo.
Ciò colpì i cuori di molti, tra i quali un gruppo di pellegrini Amalfitani che, raccolti generosamente sostanziosi fondi, si adoperò presso il Califfo d’Egitto per erigere a Gerusalemmenei pressi della Chiesa del Santo Sepolcro – un ospedale (fornito di infermeria e ospizio: aperti a tutti, non solo ai cristiani) dedicato proprio alla figura e all’opera di San Giovanni Elemosiniere  e nel quale prestavano la propria opera quei Frati, la cui vocazione era ospitaliera.    
Le cronache dell’epoca e in special modo i documenti ecclesiastici, nel riportare tali fatti, ci indicano con precisione che correva l’anno 1070 e che la Regola seguita era quella benedettina.
Si sa per certo che anche altri importanti pellegrini e uomini d’affari sostennero questa importante e prestigiosa iniziativa: tra questi un consistente gruppo – per lo più dediti al commercio - che risiedeva nelle odierne Marche.  Per un qualche motivo ignoto a chi scrive, ed oggi difficilmente ricostruibile, taluni ritennero che il San Giovanni colà onorato fosse il Battista, talaltri – invece – sostennero che si trattasse dell’Evangelista : forse, la colpa fu semplicemente che nel parlato corrente si indicava con facilità (… ma questo avviene ancora!)  un San Giovanni, senza specificarne o verificarne l’attribuzione.                                                      
Fu questa una condizione che si protrasse per lunghissimo tempo e che ancora oggi trova sostenitori dell’una come dell’altra parte; secondo i miei studi, è invece chiaro che non si trattasse né del Battista né dell’Evangelista, bensì di San Giovanni Elemosiniere.
Trascorre così altro tempo: siamo ormai nel 1100, anno in cui Frà Gerardo de’ Sasso venne nominato a Maestro dei Frati Ospitalieri; fu quello l’anno della svolta che ci riguarda più da vicino: venne abbandonata la Regola benedettina sostituita da quella agostiniana., designando a Patrono dell’Ordine San Giovanni Battista.
Quanto precede, giova a focalizzare una questione: tutti i gruppi che operavano mantenendo ‘segrete’ le loro attività - specie se ponevano alla base del loro ragionare un incardinamento fortemente legato alla Fede ed al valore riposto nella spiritualità e nella particolare forza dei segni e delle parole - si riconducevano a San Giovanni Evangelista; la  maggioranza degli altri contesti, invece, si riferiva a San Giovanni Battista.
Tutto ciò a conferma che la questione sembra riguardare in effetti solo due aspetti di una stessa ‘medaglia’: una faccenda che, più la si esamina, più mette in luce la caratteristica di trovarsi di fronte ad una sorta di Giano bi-fronte: con due diverse facce, con due sostanzialità diverse, con simbolismi e contenuti esoterici e fideistici diversi, con messaggi diversi, ma – in realtà - parte di un tutt’uno in cui le reali diversità sono riposte in chiavi di lettura sottili e fortemente pregne di esoterismo e sacralità. 
Anche i Cavalieri del Tempio – che avevano, nel segreto, una visione prettamente gnostica, prevalente rispetto a quella dichiaratamente fedele alla Chiesa di Roma – si riconducevano formalmente, e pertanto solo esteriormente,   al San Giovanni Battista, mentre in realtà si riconducevano interiormente al San Giovanni Evangelista.   Una per tutte ne è prova la disobbedienza che riservarono all’ordine papale di attaccare e uccidere i Catari – che, come loro, onoravano il San Giovanni Evangelista –, alfine sterminati  da altri che, pur recando equivocamente delle insegne riconducibili ai Cavalieri Templari, tali non erano.                                         Fu Innocenzo III° a scatenare (1208) quel genocidio che va sotto il nome di ‘Crociata contro gli Albigesi’: durato più di venti anni, segnato dalle battaglie sanguinose di Béziers, Marmande, Montsegur …   Oltre un milione di morti, secondo gli stessi Templari; più di un milione e mezzo, secondo altri, tenendo presente che durante le stragi numerosissime erano le vittime ‘collaterali’ e che anche l’Inquisizione fece la sua tragica parte! 
Cristiani contro altri cristiani! Colpevoli solo di avere una visione diversa – ma non meno sostanziale - della loro fede, circa la quale non intendevano rispondere alla Chiesa di Roma.
Tornando alle magnifiche cattedrali che segnarono una nuova, diversa, lunga epopea, viaggiando tra Chartres e Amiens si ricava una sottile ma concreta sensazione rappresentata dal transito “… dall’amore di Dio a quello della Sapienza – che si manifesta nell’ordine, nel numero e nell’armonia -  che può paragonarsi e accostarsi a Lui, pur Egli non essendo soltanto questo…“ (F. Calì).
Ecco, nel fare un raffronto tra le due cattedrali, che Amiens assume valenze e contenuti del tutto diversi da quelli di Chartres: già solo al vederla, con i suoi oltre 7000 mq. – la più grande tra le cattedrali  gotiche di Francia – si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un messaggio diverso e nuovo rispetto alle altre costruzioni similari. E il messaggio più sostanziale è quello riposto nel ‘collegamento’ di tipo spirituale che è stato attribuito a tali edificazioni fin dalla fase della loro progettazione: la ‘corrente’ che collega Cielo e Terra corre in entrambe le cattedrali e tramite esse, ma in modo diverso. 
Una diversità che, per molti versi, è comune alle differenze simboliche ed esoteriche – e anche alchemiche, per dirla con il linguaggio della loro epoca – riposte nei messaggi insiti nelle figure e nelle opere di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista, e le cui diverse peculiarità sono state già sopra accennate.
Ora, esiste certamente un fil rouge  che lega la posizione ‘ufficiosa’ dei Templari a quella più palese da loro assunta  dopo lo scioglimento dell’Ordine e la morte di De Molay, tra il 1307 e il 1314:  segnatamente, un fil rouge che porta alla esplicitazione ed al rafforzamento dell’affezione da loro sempre riposta nel culto di San Giovanni Evangelista.
Proprio nel momento in cui furono molti i Templari perseguitati che oltrepassarono la Manica per sfuggire al patibolo  - rifugiandosi nelle terre dove insistevano altre Commanderie, o nobili Cavalieri molto tolleranti nei loro confronti,  peraltro operanti in contesti senz’altro più restii ad acconsentire alla voglia di purghe allora disposte dalla monarchia francese con il sostegno del papato - un gruppo di essi si stabilì presso il castello di un nobile, in Scozia, entro le cui mura si riunivano degli  stonemason  che, frequentemente, si riunivano al di fuori delle loro attività di mestiere in una lodge.   Costoro – siamo nel 1308 - si riferivano ad una compagnia di  tagliapietre e di abili scalpellini, dei quali molti con esperienze fatte in Francia, che colà stavano costruendo e impreziosendo una piccola e graziosa cappella; formavano una compagnia che nel riunirsi invocava la protezione di Dio, della Madonna e di Cristo, sollecitando San Giovanni Evangelista – loro Protettore -  affinché intercedesse richiamando su di loro i benefici dello Spirito Santo.                                           
Queste riunioni erano ricche di contenuti spirituali ed i Cavalieri del Tempio colà giunti iniziarono a frequentarle, trasferendo in quel contesto anche le loro esperienze: fu quello il momento, la scintilla, dal quale ebbe inizio così uno scambio e – nel tempo – una  osmosi tra le esperienze soprattutto materiali degli  stonemason (che insegnarono elementi di architettura e geometria, oltre al significato del richiamo nella loro Arte a taluni simboli e decori) e quelle dei Cavalieri (uomini d’arme, fondamentalmente di elevato livello culturale e di alto censo, con una forte impronta spirituale).                                                                
Entrambi avevano a loro riferimento i dettami della Chiesa Cattolica, erano fieri delle loro autonomie e godevano di benefici e libertà difficilmente immaginabili per gli uomini del loro tempo (la consapevolezza di ciò unito ad un carattere forte e franco, li rendeva ostici ad accettare ‘a scatola chiusa’ taluni assunti di Roma: quale, appunto, quello che riguardava i Poveri Cavalieri di Cristo del Tempio di Salomone).     Una osmosi nel segno di San Giovanni Evangelista, dalla quale venne da lì in poi attinto ampiamente per porre le basi di un nuovo sistema: ed è questo il primo, minimo collegamento tra Cavalieri del Tempio e le compagnie – in primis di tagliapietre e scalpellini (mason) - nettamente a loro preesistenti; mentre la lodge divenne la loro casa comune ove praticare questa comunanza del tutto paritaria. 
Vediamo degli altri elementi di chiarimento per i più:                                    -  stonemason : letteralmente sta per “chi prepara la pietra” (cfr. The Cambridge Advanced Learner's Dictionary & Thesaurus ‘©: a person whose job it is to cut, prepare, and use stone for building).      Gli stonemason più abili e qualificati, vennero in Scozia e Inghilterra dall’Europa, unendosi in compagnie di mestiere ad altri operatori già lì presenti.                                                                                           
 lodge : anche qui i vecchi vocabolari della lingua inglese ci riportano esclusivamente all’ambiente, al contenitore ove si veniva ospitati, ove potevano avvenire queste riunioni.  Mentre in italiano il significato tout-court  di loggia (riferito proprio alla massoneria) indica tanto l’insieme delle persone che il contesto organizzativo - diverso dal tempio che è il luogo ove avvengono le riunioni rituali -, nella lingua di origine indica indifferentemente un capanno o una villetta, un casino di caccia, una sezione o un (particolare) luogo di lavoro (specie riferito alle gilde o alle unions), dove si pongono al sicuro/riparo, dove sono temporaneamente collocate/alloggiate le persone per poter esse lì svolgere le loro particolari riunioni al riparo da sguardi indiscreti.  In ogni caso, stonemasons e lodges erano presenti e ben diffuse molto tempo prima che dei Templari in fuga varcassero la Manica per rifugiarsi in terra di Scozia.
-       bricklayer : è, sempre in lingua inglese, il muratore.  Motivo per cui  letteralmente - i freemasons non possono essere i ‘liberi muratori’, essendo i primi – invece – riconducibili ai ‘liberi preparatori/tagliatori di pietra‘’. Una delle tante stranezze – non solo lessicali - tra il prima ed il dopo 1717.
Torniamo alla figura di San Giovanni Evangelista comunemente assunto quale Protettore: perché questa particolare e specifica comunanza nell’intimo sentire dei Cavalieri e nei tagliatori di pietra della Scozia, pur in condizioni diversissime e lontane tra di loro?  
Rispetto al Battista – il Precursore, colui che in molti avevano persino equivocato, sulla scorta delle parole dei profeti, poter essere il Cristo (in ebraico מָשִׁיחַ (mašíah, cioè ‘unto’) da cui Messia – l’Evangelista tracciò un messaggio dai contenuti fortemente spirituali, al punto da rappresentare un punto di riferimento elevato, un cardine imprescindibile nell’impianto del Cristianesimo e quindi del Cattolicesimo.  
San Giovanni Evangelista simboleggia quindi la chiesa interiore, la chiesa dello spirito.   Da questa considerazione, in molti hanno voluto vedere un comune legame sotto l’egida della Gnosi: da più e più parti viene autorevolmente considerata la dottrina interiore e per ciò segreta – in quanto nascosta e profonda - della stessa Chiesa.  In verità, non sono uno strenuo difensore di questa tesi, che percepisco essere una sorta di forzatura tesa a stabilire connotazioni, collegamenti e caratteristiche al limite del possibile.
Egli nel suo scritto evangelico, il cui incipit – ricordiamolo -
  In principio erat Verbum                               Nel principio era la Parola
  et Verbum erat apud Deum,                   e la Parola era con Dio,
  et Deus erat Verbum.                          e la Parola era Dio.
  (...)                                               (...)
è di una forza smisurata, si fa testimone proprio della discesa della Luce di Dio – e di tutto ciò che da Dio emana - dal Cielo alla Terra: di quella Luce che per i tagliatori di pietra scozzesi, per i Cavalieri Templari, per i ‘massoni’ moderni (francesismo o termine anglofono che sia, chi scrive non lo considera corretto e non in linea specie  per le Tradizioni di noi Italiani…) è l’elemento di riferimento costante dell’Opera, rappresentando la Luce quella Meta Ultima cui spiritualmente, iniziaticamente, esotericamente, simbolicamente, noi tendiamo. 
Quella perfezione cui noi esseri umani ‘imperfetti ma perfettibili ‘ tendiamo con le nostre azioni, il nostro pensiero, la nostra mente, il nostro cuore, per raggiungere – attraverso le Azioni Positive, la Verità, l’Amore Fraterno, la Giustizia - proprio quella Luce che non solo ci guida, permeando la nostra vita, ma che è anche meta ultima – quale Vera Luce – dopo il compimento del nostro percorso terreno.
Nell’Oltre, nell’Aldilà : dove la Luce ci avvolgerà trasmettendoci un Amore infinito,  una Comprensione ineguagliabile una Quiete umanamente sconosciuta nell’Aldiquà.
Ecco perché oggi la ‘nostra’ apertura del Libro Sacro – per noi, la Bibbia –, e quindi dei Lavori rituali in una Loggia, avviene al Vangelo di Giovanni : con gesto solenne, ricco di simbolismo e di allegorie.   Ma vi siete mai chiesti cosa rappresenti quel particolare Libro? Testimonia che ciò che si svolge in quel luogo non solo è ammantato di correttezza, amore e moralità – ma il termine vero e corretto è sacralità,  per i suoi elevati contenuti e per gli analoghi contributi che derivano dalla partecipazione degli iniziati -, ma avviene all’insegna di Dio e del suo Superiore, Supremo, Volere: di Dio a maggior Gloria del quale dedichiamo i compiti e le buone azioni che svolgiamo.  Un insieme di fatti improntati a Fede profonda, e non certo banali.
        Per le ‘conclusioni’, al prossimo – quinto – mio scritto.
 Roma,  15 Gennaio 2016                                           Giuseppe Bellantonio



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