La Storiografia Massonica non ha offerto molti o rilevanti spazi relativamente all'azione - importante, degna, appassionata e lungimirante - di alcuni importanti Personaggi della vita Massonica Italiana.
E ciò al di là di quelle che possano essere le singole appartenenze o i moduli di ritualità posti a proprio modello, da ciascuno di essi.
Per gentile disponibilità - e quindi autorizzazione - dell'Ill.mo Fr. Virgilio Gaito - già Gran Maestro del GOI-Grande Oriente d'Italia, alle cui tradizioni diede lustro - qui propongo un Suo interessante scritto del 2005 dal titolo "LA MISSIONE DEL MASSONE"; Tavola riguardo alla quale mi permetto di richiamare l'attenzione dei Lettori, stante l'autorevolezza dei contenuti espressi, tali da suscitare non superficiali riflessioni e considerazioni.
Ebbi il piacere e l'onore di essere presentato a questo Ottimo ed Illustre Fratello nel lontano 1994 in Umbria - se la memoria non mi tradisce -, apprezzandone fin da subito l'acutezza del pensiero e lo squisito tratto personale, specie quando con nobili e sincere parole ebbe a rammentare la Sua conoscenza con mio Padre, Francesco Bellantonio, ponendone in rilievo l'importante azione svolta nel contesto della Massoneria Italiana.
Mi sembra giusto rendere qui onore e merito al pensiero ed all'opera dell'Ill.mo Fratello Virgilio Gaito, che ha sempre profuso le proprie migliori energie ben interpretando quel ruolo cavalleresco e generoso tipico del vero ed autentico Massone.
Mi piacerebbe che fosse possibile aprire una sorta di table ronde sul tema trattato dall'Autore, ponendo anche in esame la possibilità di confrontarsi su tematiche di comune, grande, interesse.
Roma, 4 Aprile 2014 Giuseppe Bellantonio
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LA
MISSIONE DEL MASSONE
Uno
dei più grandi filosofi, Emanuele Kant, ha lasciato scritto : “la
legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me.
In una mirabile sintesi egli ha espresso l’essenza di
quell’imperativo categorico del dover
essere
che lo ha reso famoso.
E
proprio al cielo esortava a
rivolgere sempre il nostro sguardo l’altro filosofo Pitagora, forse
il più grande che sia apparso su questa Terra.
In
sostanza, questi formidabili pensatori hanno indicato agli uomini di
buona volontà la necessità di uniformare il loro comportamento ai
canoni dell’etica universale che dalla Natura, eterna maestra di
infallibile saggezza, trae origine ed alimento.
Il
termine etica fu infatti introdotto da Aristotele nel linguaggio
filosofico ad indicare quella parte della filosofia che studia la
condotta dell’uomo, i criteri in base ai quali si valutano i
comportamenti e le scelte. Più tardi l’etica passò anche a
fornire indicazioni su quali criteri e valori debbano essere
rispettati da chi agisce.
In
questo secondo aspetto il richiamo all’insegnamento della Natura,
immutabile e perciò indiscutibile in ogni tempo e luogo, appare il
più idoneo a fornire all’Uomo un perenne punto di riferimento
specie nei momenti in cui valori ritenuti eterni vengono messi in
discussione oppure quando ci si imbatte in morali diverse, le quali,
come è noto, possono variare da un’epoca all’altra, da
un’aggregazione di individui ad un’altra.
Possiamo
allora rifarci all’insegnamento di Hegel che distingueva tra
moralità ed eticità ritenendo la prima come indice dell’aspetto
soggettivo della condotta (ad es. l’intenzione del soggetto, la sua
posizione interiore), assegnando invece alla eticità il ruolo di
indice dell’insieme dei valori morali effettivamente realizzati
nella storia.
Sicchè
la riflessione della filosofia sui problemi etici si sviluppa
soprattutto nei momenti di crisi dell’eticità in senso Hegeliano,
quando cioè la compattezza e continuità di un mondo di valori si
incrina, le norme che parevano ovvie vengono messe in discussione
mentre
non funzionano più i criteri consueti di legittimazione, i principi
riconosciuti per stabilire ciò che è bene e ciò che è male.
Ecco
dunque presentarsi alle nostre coscienze l’imperativo categorico
del dover
essere
in armonia con le leggi della Natura, prima tra tutte quella della
sacralità della vita, bene inestimabile, che va favorita e garantita
durante tutto l’arco dell’esistenza fisiologica di un individuo.
La
Natura è impegnata ad assicurare la continuità della vita sul
nostro pianeta,
apprestando ogni tipo di protezione e di sviluppo sin dal primo
momento della penetrazione del seme maschile nell’ovulo femminile
ed è imperativo categorico dell’Uomo raccogliere tale messaggio
per sublimarlo in un linguaggio di fratellanza, di Amore Universale
che trascenda il presente per proiettarsi addirittura nel futuro.
Ci
piace a questo punto ricordare uno tra i più profondi cultori degli
insegnamenti della Natura da lui tramandati ai suoi discepoli
attraverso i “Versi aurei” a lui attribuiti: in uno di essi
Pitagora, il grande filosofo greco stabilitosi a Crotone ove diede
vita alla famosa “Schola Italica” ammoniva: “Soprattutto
abbi rispetto di te stesso”.
E’
questa un’intuizione che tocca nel profondo ciascun individuo
rendendolo cosciente della propria dignità di essere umano creato
dal soffio divino e, come tale, destinato ad una missione di pace che
oltrepassa la vita terrena.
Ed
è in questa ottica che si inquadra l’etica della responsabilità
che abbraccia due aspetti, quella verso se stessi e quella verso gli
altri.
Del
nostro corpo e del nostro spirito dobbiamo essere rispettosi
e intransigenti custodi perché depositari di quell’essenza divina
che ci accomuna a tutti gli altri esseri umani.
Ma,
al tempo stesso, e per gli stessi motivi, dobbiamo essere rispettosi
e leali collaboratori dei nostri simili, al pari di noi impegnati
nella ricerca del Vero, del Bello, del Buono a glorificazione
dell’Essere Supremo da cui proveniamo ed al quale ritorneremo.
Una
responsabilità dunque che –
nella mia piena condivisione del pensiero di Jonas, ancor più
esplicito di quello di Max Weber - ritengo debba estendersi a quel
futuro che il nostro egoismo tende a confinare in una dimensione
colpevolmente indistinta.
Dobbiamo
tutti considerarci titolari di una missione esaltante, quella di
vegliare con amorevole attenzione sulla società odierna per creare
le condizioni perché i mali del nostro mondo vengano
circoscritti ed eliminati, così da garantire ai posteri il godimento
di un’esistenza più libera, più rispettosa della dignità umana,
in una parola più felice.
Ma,
se siffatta etica del dovere e della responsabilità dovrebbe essere
patrimonio di tutti gli uomini di buona volontà
proiettati verso una visione escatologica della vita, per un Massone
che abbia interiorizzato e sofferto il dramma dell’Iniziazione il
dovere e la responsabilità si pongono come il sostrato necessario ma
appena sufficiente per l’adempimento della missione alla quale egli
si è irreversibilmente votato.
Sarà
a questo punto ineludibile una
serie di interrogativi che raramente noi Massoni abbiamo il coraggio
di affrontare e che, personalmente, dopo oltre mezzo secolo di
appartenenza a questa straordinaria Istituzione, mi pongo con sempre
maggiore e per certi versi angosciosa insistenza.
Nei
drammatici anni della mia Gran Maestranza,
contrassegnati da una strenua battaglia, alfine vittoriosa, contro
pregiudizi, ignoranza, malafede mi è stato spesso chiesto: “Cosa
è la Massoneria? Perché vi ha aderito? Cosa fate nelle Logge? Sono
ancora oggi valide le motivazioni della Sua scelta di vita?”
E,
prima ancora di aprire un dialogo con i miei interlocutori,
ho interrogato senza indulgenza la mia coscienza per riceverne una
risposta dal sapore non celebrativo o di maniera ma che
corrispondesse al mio modo di essere Massone, agli insegnamenti
acquisiti nel tempo ed ai tormenti che tuttora e, forse, fino al
termine dei miei giorni, mi attanagliano.
Le
vicende di cui, insieme a Voi tutti, sono stato protagonista
mi hanno infatti portato a constatare che, per
essere credibile bisogna credere:
guai a rifugiarsi dietro paroloni, citazioni di rituali, pensieri o
azioni di illustri Massoni. Era lo scrigno della nostra coscienza
che andava spalancato con coraggio senza barare con noi stessi ed
anche a rischio di dover incrociare sguardi di compatimento o di
irrisione.
E
la nostra battaglia è stata vinta perché
siamo stati umili, non abbiamo mai presunto di insegnare qualcosa ad
alcuno, ma siamo stati sempre aperti al dialogo con tutti alla
ricerca di una Verità che poteva disvelarsi anche dall’intuizione
del meno dotato dei Fratelli, di ciascuno dei quali abbiamo sempre
rispettato la dignità e l’intelligenza.
Abbiamo
spiegato
che, così come il segreto massonico, tanto enfatizzato e
criminalizzato, è una conquista ineffabile e incomunicabile della
nostra ricerca iniziatica, così la Massoneria, al di là delle
definizioni che ne danno i nostri testi sacri, è anch’essa
ineffabile perché si sublima in quello che i francesi definiscono
mirabilmente come état
d’ésprit, una
sorta di stato d’animo, di condizione dello spirito.
E
quella condizione si acquisisce e si mantiene soltanto se si
comprende il significato vero e più profondo della levigatura della
pietra grezza: la scoperta della nostra anima nuda, dell’essere noi
stessi emendati da ogni vizio, dell’essere coscienti della nostra
autenticità e della nostra semplicità messe al servizio di una
ricerca inesausta delle scaturigini del nostro essere, del suo
proiettarsi nel futuro del pianeta Uomo dalle immense lande da
esplorare sulla via del Bene universale.
E
posso testimoniarVi che
questo linguaggio semplice, ancorché implicante riflessioni
profonde, è riuscito a farci considerare con maggiore rispetto e
sotto la giusta luce: quella stessa Luce che, per uno straordinario
effetto rifrattivo, si è riflessa benefica e consolante nel mio
animo spronandolo in assoluta libertà a nuovi cimenti col mio Io,
perpetuamente bisognoso di perfezionamento per poter aspirare al
ricongiungimento con l’Essere Supremo.
Ecco
spiegata l’essenza della Massoneria, dell’essere
e del permanere Massone, perché consci della perennità del nostro
messaggio iniziatico tradizionale che si pone ben al disopra di
qualsiasi credo religioso o dottrina politica.
Nella
mia lunga ultracinquantennale esperienza attraverso il variegato
pianeta della Massoneria universale sono
infatti giunto ad una conclusione che può sembrare solo in apparenza
superficiale: la Massoneria, come Istituzione a carattere iniziatico
che tende all’elevazione morale e spirituale dell’Uomo, non ha
passato né futuro: ESSA E’.
Taluno
potrebbe scandalizzarsi di fronte a simile affermazione così
categorica quasi che la Massoneria possa essere paragonata a COLUI
CHE E’.
Ma,
a ben riflettere, dal momento in cui la Libera Muratoria operativa ha
perduto le caratteristiche tipiche di una Corporazione di Maestri
esperti nelle regole dell’arte del costruire per sublimare quelle
regole, tramandate da bocca ad orecchio, in metodiche sempre più
rigorose e formative, tali da condurre alla catarsi dell’adepto,
reso cosciente dell’avvenuto abbandono della propria corporea
vulnerabilità e della conquistata bellezza della Verità, la nostra
Istituzione, al pari di tutte le Scuole iniziatiche alle quali si
ricollega, si è venuta a fondare su principi anche inespressi e
ineffabili,
come, ad esempio, il c.d. “segreto
massonico”,
che non hanno tempo.
Essi
si collocano in una sorta di Iperuranio, di categorie del pensiero
che si rifanno a concetti astratti, e perciò universali, di
Bellezza, Bontà, Verità, Tolleranza, Giustizia, Fratellanza,
Uguaglianza, Libertà, peculiari al nostro essere tutti creature di
quel soffio divino dal quale proveniamo ed al quale torneremo.
Lasciamo
ai filosofi ipotizzare se quelle categorie di pensiero, le famose
Idee Innate, esistano come entità a se stanti indipendentemente
dall’Uomo: indubbiamente
però la straordinaria creatura che popola questo pianeta, non appena
ha l’uso di ragione, percepisce che tali Idee esistono o, almeno,
debbono esistere, perché ad esse egli deve tendere per non rimanere
prigioniero del buio freddo e angoscioso del nulla.
Le
tre domande tradizionali: chi sono?, donde vengo?, dove vado?
attanagliano la coscienza di ognuno di noi e tanto più penetranti e
struggenti
arrovellano la nostra coscienza quanto maggiore sia la nostra
sensibilità, la nostra cultura, la nostra capacità di
introspezione.
E,
quando abbiamo la ventura di varcare come Iniziati la soglia di un
Tempio massonico, la Sapienza contenuta in quei Rituali,
così densi di significati esoterici, ci rivela poco per volta che
quello e non diverso poteva essere il nostro approdo nel periglioso
viaggio alla ricerca della Verità.
Ed
abbiamo allora coscienza che soltanto la Massoneria, con la libertà
assoluta da dogmi o integralismi da
essa garantita e pretesa, può aiutarci a sciogliere gli enigmi che
da sempre e per sempre urgono nel nostro intimo assetato di Luce.
Ecco
perché la Massoneria non può soffrire paragoni con qualsiasi altra
aggregazione umana e si colloca in una dimensione atemporale alla
quale soltanto coloro che sono riconosciuti veri Illuminati possono
accedere, pervasi da quel carismatico état
d’ésprit
cui facevo cenno e che li rende degni di porsi, come incrollabili
punti di riferimento, alla guida di un’Umanità da salvare dai mali
che da sempre la contaminano.
Ecco
la missione del Massone
nel senso più alto e ad un tempo più umile, se ne sappiamo cogliere
l’essenza e la responsabilità.
L’immagine,
tramandataci dalle Scritture, del primo uomo fatto di fango e
vivificato dal soffio divino deve renderci coscienti della
ineliminabile presenza, in misura diversa, in ciascuno di noi,
dei cromosomi negativi e, perciò, della tendenza generale a divenire
homo
homini lupus
ove non frenati dalle leggi e dall’autoeducazione.
L’eterna
contrapposizione tra bene e male scandisce i vari periodi della
storia dell’Umanità in un’alternanza positiva o negativa intrisa
di eventi sublimi o abietti, ma non siamo finora – e forse
non lo saremo mai – riusciti a trovare una formula per estirpare
radicalmente il male dall’animo umano.
Vano
e velleitario sarebbe
allora il tentativo di chiunque intendesse attribuire alla Massoneria
in quanto tale la capacità di risolvere i problemi dell’Umanità,
poiché la trasformazione della nostra essenza è opera squisitamente
individuale e ad essa potremo gradualmente avvicinarci soltanto
macerando e purificando noi stessi giorno dopo giorno in un’ansia
di sacro che unicamente il Lavoro esoterico compiuto nel Tempio di
una Loggia sovrana può aiutarci a raggiungere per riversarne i
frutti benefici nel mondo profano.
Ecco
perché il Massone è chiamato ad una missione ben più alta ed
impegnativa di quella cui tutti gli uomini di buona volontà si
votano.
Ecco
perché la scelta di vita che il profano compie chiedendo la Luce
massonica deve essere seria
e sofferta e giudicata sincera dai Fratelli presentatori e da quelli
tegolatori ai quali spetta il delicatissimo compito di intravvedere
se nel profano esista realmente quella pietra grezza da sgrossare, in
difetto della quale vano e dannoso per l’intera Istituzione sarebbe
ammettere chi sia destinato a rimanere informe materia giammai
plasmabile.
La
storia della Massoneria non solo italiana ma universale ci insegna
che il fallimento della sua missione è fatalmente connesso, da un
lato ad un malinteso e frettoloso proselitismo e dall’altro ad una
cattiva scelta dei suoi reggitori ai vari livelli perché non eletti
secundum
lucem,
come gli Antichi Doveri e la Tradizione impongono, ma con tecniche
prettamente e pericolosamente profane non di rado idonee a
privilegiare non veri Iniziati ma profani travestiti da Massoni.
Per
la sopravvivenza stessa della Massoneria in un mondo così assetato
di ideali, bisognoso di guide credibili perché incrollabilmente
credenti, è dunque vitale che ciascuno di noi - specie gli
Apprendisti ed i Compagni - rifletta responsabilmente sulle
motivazioni che lo hanno spinto a chiedere la Luce massonica e su
quelle che lo rendano cosciente della propria missione a servizio non
del proprio Ego ma del proprio reale perfezionamento per porsi con
umiltà al servizio dell’Umanità con linguaggio di Amore.
Nella
mia ripetuta nel tempo esperienza di Maestro Venerabile,
incomparabilmente più formativa e difficile di quella di Gran
Maestro e, perciò, da me più intensamente vissuta, mi sono spesso
chiesto se fossero sempre valide le spinte ideali che mi condussero a
chiedere la Luce massonica e se esse corrispondessero ancora a quelle
di coloro che mi hanno preceduto nella storia della Massoneria
Universale.
Mi
è allora venuto sotto gli occhi il testo del canto del tenore che,
sulle arie sublimi create dal nostro divino Wolfgang Amadeus Mozart
per la Eine
kleine Freimaurerkantate,
così canta la gioia:
“Per
la prima volta, nobili Fratelli, ci accoglie questa nuova sede della
saggezza e della virtù. Noi consacriamo questo luogo come santuario
del nostro lavoro, dove si deve decifrare il grande segreto. Dolce è
la sensazione del Massone in una giornata festosa come questa che
salda di nuovo la catena della fratellanza più stretta; dolce il
pensiero che l'Umanità ha trovato di nuovo un posto fra gli uomini;
dolce il ricordo del luogo ove ogni cuore di Fratello decide quello
che era, quello che è e quello che sarà, dove l'esempio lo
istruisce, dove il vero amore fraterno ha cura di lui e dove la virtù
più sacra, la prima, la regina delle virtù, la benevolenza regna
nel suo splendore silenzioso.”
La
forza della Tradizione continuerà a sorreggere questa
insostituibile, perché unica, Istituzione della quale l’Umanità
ha vitale bisogno per sopravvivere perché essa, ispirandosi
all’insegnamento, perennemente valido, di tanti sapienti del
passato, e, in particolare, del grande Pitagora che esortava ad una
visione panoramica di tutti i problemi dell’Umanità, ha
rappresentato, rappresenta e continuerà a rappresentare nel futuro
quella malta preziosa che unirà sotto ogni latitudine tutti gli
Uomini di buona volontà migliorandone la condizione ed elevandoli
verso il cielo al quale, ancora una volta, Pitagora esortava a
guardare almeno al termine della nostra giornata.
Se
i Massoni di tutto il mondo sapranno offrirsi ai propri simili
mondati di tutte le loro imperfezioni ed animati dal sacro fuoco
dell’Amore universale come guida sicura, come veri e propri
sacerdoti di un Ideale di purezza, di bontà, di lealtà, di reale
fraternità, la salvezza del genere umano sarà assicurata ed il
nostro mondo, attualmente sprofondato nella terribile era del Kali
Yuga, potrà riconquistare la mitica Età dell’oro.
Ma
dovremo volerlo fortissimamente con la stessa granitica volontà del
Fratello Vittorio Alfieri,
senza lasciarci distrarre da chimere di vantata potenza dispensate da
abili imbonitori, dovendo il vero Iniziato avere sempre coscienza che
l’autentica potenza è soltanto quella che si conquista giorno dopo
giorno con l’autorevolezza, parola dalla radice latina di “augere”
il
cui significato di “aggiungere”
impone una lenta ma costante opera di perfezionamento interiore che,
col tempo, divenga percepibile da tutti fino a rappresentare dovunque
ed in ogni tempo un sicuro punto di riferimento a presidio “della
regina delle virtù, la benevolenza, che regna nel suo splendore
silenzioso”.
LA MASSONERIA E’.
Maggio
2005 E.’. V.’.
VIRGILIO
GAITO
----------------finisce
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